Cons. Stato Sez. IV, Sent., 31-01-2011, n. 729

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- L’appellante, Generale dell’Arma dei Carabinieri, ha comandato la Brigata di Torino sino al 31 agosto 1992 e la Regione Piemonte e Valle d’Aosta dal 1 al 5 settembre 1992. In relazione agli incarichi assegnati ha usufruito dell’alloggio di servizio sito al secondo piano della Stazione di via S. Valfrè n. 5 in Torino.

Con ricorso proposto davanti al TAR per il Lazio ha impugnato la nota, con la quale l’Ufficio del Territorio di Torino del Ministero delle Finanza ha comunicato, in data del 15 maggio 2000, al Comando Regione Carabinieri Piemonte e Valle d’Aosta, con preghiera di notifica all’interessato, la determinazione del canone mensile da lui dovuto (Lire 1.800.000) in riferimento alla utilizzazione dell’alloggio di servizio successiva al suo collocamento a riposo (avvenuto il 6 settembre 1992).

2.- Il TAR per il Lazio, sede di Roma, con la sentenza della Sezione II n. 3839 del 2005 ha respinto il ricorso avendo rilevato che il Comando Generale dell’Arma aveva segnalato il mancato rilascio dell’unità immobiliare già in data 11 novembre 1992 e che, con lettera in data 20 novembre 1992, notificata il successivo 6 dicembre, l’interessato era stato formalmente invitato a rendere libero l’immobile entro venti giorni, e cioè entro il 26 dicembre 1992, facendo applicazione dell’articolo 4 del Decreto Interministeriale 3 giugno 1989 (allegato G) che prevede un periodo massimo di tre mesi quale occupazione in regime di proroga.

Avendo l’interessato continuato a mantenere alcune masserizie anche dopo la suddetta data, pur non abitando nell’immobile, il TAR, respinta anche la sollevata eccezione di prescrizione, ha concluso ritenendo corretto l’operato dell’amministrazione che, dalla data del 27 dicembre 1992 e fino alla data dell’effettivo rilascio dell’immobile, avvenuto il 10 marzo 1993, ha richiesto il pagamento degli importi determinati dall’Ufficio competente.

3.- Il gen. R.M. ha appellato la sentenza del TAR Lazio sostenendone l’erroneità sotto diversi profili.

4.- L’appello è tuttavia infondato e la sentenza del TAR deve essere integralmente confermata.

Deve infatti ricordarsi che, per principio pacifico, il militare collocato in quiescenza non ha più titolo ad occupare un alloggio di servizio e devono essere quindi applicate nei suoi confronti, nel caso di ulteriore occupazione dell’immobile assegnato, le previsioni dettate sul pagamento del relativo canone (Consiglio Stato, sez. IV, 10 maggio 2007, n. 2191).

Nel caso in esame la questione era all’epoca disciplinata dal Decreto del Ministro della Difesa, di concerto con il Ministro dell’Interno, in data 3 giugno 1989 che, all’art. 4, prevedeva che, cessato l’incarico che dava titolo alla concessione dell’alloggio gratuito, l’alloggio di servizio doveva essere lasciato libero entro il termine di 20 giorni e che solo per motivate esigenze poteva essere concessa una ulteriore proroga fino a tre mesi. Decorso tale periodo massimo di proroga l’interessato perdeva il diritto alla gratuità dell’alloggio connesso all’incarico.

5.- Considerato che il gen. R.M. è stato collocato in quiescenza a partire dal 6 settembre 1992 e che, come risulta pacificamente dagli atti (e come ammesso dallo stesso appellante), solo in data 10 marzo 1993 ha lasciato completamente libero (da persone e cose) l’alloggio da lui precedentemente occupato per ragioni di servizio, risulta in conseguenza esente da censure il comportamento dell’amministrazione che ha richiesto il pagamento del canone dovuto per l’occupazione dell’alloggio dopo la data del suo collocamento a riposo (e dopo il periodo massimo di proroga concesso), come determinato dall’Ufficio competente con la nota impugnata in primo grado.

6.- Ciò posto, in relazione alle censure sollevate in appello, deve preliminarmente osservarsi che non ha alcun rilievo, ai fini della decisione del ricorso, la circostanza che l’Avvocatura dello Stato si sia costituita in giudizio per il Ministero della Difesa (e non anche per il Ministero delle Finanze evocato in giudizio), considerato che, a prescindere da ogni altra questione, il Ministero della Difesa aveva comunque l’interesse a difendere il proprio operato nella vicenda in questione.

7.- Per quanto riguarda poi gli aspetti sostanziali della vicenda, deve essere respinta la tesi, sostenuta anche in appello, secondo cui l’immobile non poteva considerarsi occupato, per il periodo successivo al collocamento a riposo, perché vi erano rimasti solo alcuni mobili (e non anche altri effetti personali come indicato dal TAR).

L’interessato aveva infatti il dovere di lasciare libero l’immobile da ogni suo avere (e quindi anche dei mobili da lui invece lasciati fino al 10 marzo 1993) dopo il suo collocamento in quiescenza, anche per poter consentire all’amministrazione di poter fare dello stesso nuovo (ed anche diverso) uso. Né, in relazione a quanto risulta dalla documentazione in atti (ed in particolare della nota del Comando Generale dell’Arma, I Reparto – SM – Ufficio Personale Ufficiali, in data 20 novembre 1992 e della successiva nota del Comando 1^ Divisione Carabinieri "Pastrengo", in data 9 dicembre 1992), può ritenersi che egli non fosse a conoscenza della necessità di sgomberare completamente e per tempo l’immobile in questione.

8.- Irrilevante, ai fini della decisione, è poi la questione riguardante l’affermata mancata richiesta di proroga dell’occupazione dell’alloggio tenuto conto che la concessione della proroga (con la conseguente mancata richiesta del canone per tale periodo) ha comunque costituito un beneficio per l’appellante del quale egli non ha interesse a dolersi.

9.- Correttamente quindi l’amministrazione ha richiesto al gen. R.M. il pagamento dell’importo dovuto dalla data del 27 dicembre 1992 e fino alla data dell’effettivo rilascio dell’immobile, avvenuto il 10 marzo 1993.

In conclusione l’appello deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

Respinge l "appello.

Condanna l’appellante al pagamento di Euro 1.500 (millecinquecento) in favore dell’amministrazione resistente, per le spese e competenze di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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