Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-01-2011) 04-02-2011, n. 4392 Concorso di circostanze eterogeneo Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 12/12/06 il G.U.P. del Tribunale di Napoli dichiarava C.L. colpevole del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 – per avere detenuto presso la propria abitazione per fini di spaccio gr. 30,25 di sostanza stupefacente del tipo hashish – e ritenuta l’ipotesi attenuata di cui al comma 5 cit. art. lo condannava alla pena di giustizia.

A seguito di gravame dell’imputato e di ricorso per cassazione del P.G., successivamente convertito in appello ex art. 580 c.p.p., la Corte di Appello di Napoli con la sentenza indicata in epigrafe, in riforma della decisione di primo grado e in accoglimento dell’impugnazione del P.G., ritenuta l’attenuante di cui all’art. 73 cit., comma 5 equivalente alla recidiva contestata, rideterminava in anni quattro di reclusione e Euro 18.000,00 di multa la pena inflitta e confermava nel resto.

In motivazione la corte territoriale rigettava l’istanza di rinnovazione del dibattimento, ritenendo non credibile l’assunto dell’imputato di aver dimenticato in garage lo stupefacente acquistato un anno prima per uso personale; osservava che l’imputato non meritava le invocate attenuanti generiche a causa dei suoi precedenti penali; procedeva al giudizio di comparazione tra la riconosciuta attenuante e la recidiva contestata in termini di sola equivalenza, applicando il regime limitativo di cui all’art. 69 c.p., comma 4, e procedeva alla rideterminazione della pena.

Contro tale decisione ricorre l’imputato a mezzo dei suoi due difensori, chiedendone l’annullamento.

L’avv. Cerabona Michele denuncia la carenza, contraddittorietà della motivazione in riferimento all’affermazione della colpevolezza, al diniego delle generiche e alla mancata applicazione della normativa vigente prima della L. n. 49 del 2006, riformatrice della disciplina degli stupefacenti, la violazione dell’art. 597 c.p.p., in riferimento alla violazione del divieto di reformatio in pieus della sentenza impugnata e del principio devolutivo dell’appello in assenza di uno specifico motivo di impugnazione del P.M., la violazione dell’art. 584 c.p.p., in riferimento all’omessa notifica all’imputato e dei suoi difensori dell’impugnazione del P.G., la violazione dell’art. 591 c.p.p. in riferimento al disposto dell’art. 443 c.p.p., n. 2, essendo inammissibile l’appello del P.M., non avendo la sentenza impugnata modificato il titolo del reato, la violazione degli artt. 580 – 599 – 601 c.p.p., in riferimento al mancato avviso ai difensori che contestualmente all’appello proposto dall’imputato si sarebbe discusso il ricorso del P.G., convertito in appello, la violazione dell’art. 606, lett. e) e d) in riferimento alla mancata assunzione di prova decisiva, intesa a dimostrare che la droga era stata acquistata un anno prima per uso personale e dimenticata in garage a seguito dell’arresto dell’imputato.

Sulla stessa scia si pone il ricorso dell’avv. Marafioti Luca, che si sofferma sull’erronea applicazione della legge penale e sul vizio di motivazione in riferimento all’error in iudicando del giudice del gravame nel ritenere l’attenuante di cui al comma 5 cit. solo equivalente alla contestata e ritenuta recidiva, ignorando quanto sostenuto dal giudice di primo grado, nonchè la problematica insorta sulla corretta interpretazione dell’art. 69 c.p., comma 4 e art. 99 c.p., comma 4, che alla luce dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità e dalla stessa Corte Costituzionale doveva risolversi a favore dell’imputato, per non incorrere in ogni caso nel divieto di reformatio in peius. Con la memoria aggiunta depositata in data 17/12/10 il medesimo avv. Marafioti insiste sull’assenza di motivazione in ordine al rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale al fine di procedere a perizia sulla sostanza repertata onde verificare se essa fosse stata o meno custodita nel luogo ove fu rinvenuta da lungo tempo, accertare che trattavasi di porzione dello stesso stupefacente, per il quale già risultava in precedenza condannato e di conseguenza procedere al proscioglimento dell’imputato per violazione del principio del "ne bis in idem".

Il ricorso non ha fondamento e va pertanto rigettato.

Ed invero quanto alla censura di inammissibilità del ricorso del P.G., convertito in appello, proposta dal difensore Avv. Cerabona, ricorda il collegio che in tema di giudizio abbreviato, quando l’imputato propone appello contro la sentenza di condanna, l’eventuale ricorso per cassazione del P.M. si converte in appello, ma conserva la propria natura di impugnazione di legittimità, con la conseguenza che la Corte di Appello deve sindacarne l’ammissibilità secondo i parametri dell’art. 606 c.p.p., comma 1, e i suoi poteri di cognizione sono limitati alle censure di legittimità. Tuttavia, una volta ritenuta fondata una di dette censure, la corte di merito riprende la propria funzione di giudice del merito e può adottare le statuizioni conseguenti, senza necessariamente procedere in via formale all’annullamento della pronuncia di primo grado (ex multis Cass. Sez. 6, 23/10 – 14/11/08 n. 42694 Rv. 241872).

Nel caso in esame la corte distrettuale ha fatto corretta applicazione del richiamato principio, quando, dopo avere ritenuta fondata la censura del P.G., concernente la violazione di legge in riferimento al giudizio di comparazione tra circostanze di segno diverso di cui al combinato disposto degli artt. 69 – 99 c.p. – della quale di qui a poco si dirà – ha di conseguenza proceduto alla rideterminazione della pena, correggendo l’errore in cui era incorso il G.I.P. sul punto, senza in tal modo incorrere nella violazione del divieto di reformatio in peius della sentenza di primo grado.

Nè vale obiettare l’omessa notificazione dell’atto di impugnazione, giacchè è risaputo che tale omissione, se sussistente, non determina nè l’inammissibilità del gravame, nè la nullità del successivo grado di giudizio, derivando da essa soltanto la mancata decorrenza del termine per l’impugnazione incidentale della parte privata, ove consentita (Cass. Sez. 5, 25/11/08 – 9/2/09 n. 5525 Rv.

243157).

Quanto alla problematica concernente la corretta applicazione dell’art. 69 c.p., comma 4 e art. 99 c.p., comma 4, accennata nel ricorso dell’Avv. Cerabona e sviluppata in quello dell’Avv. Marafioti, osserva il collegio richiamata e ribadita la qualificazione giuridica di circostanza attenuante e non di figura autonoma dell’ipotesi disciplinata dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 (ex multis Cass. Sez. 6, 21/6 – 6/7/07 n. 26334 Rv.

236865) – che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il giudice deve procedere al giudizio di bilanciamento, soggetto al regime limitativo di cui all’art. 69 c.p., comma 4 tra le circostanze attenuanti e la contestata recidiva reiterata, soltanto quando ritenga quest’ultima effettivamente idonea ad influire sul trattamento sanzionatorio del fatto per cui si procede; ove lo ritenga invece inapplicabile, egli deve tenere conto soltanto delle circostanze attenuanti, non essendovi alcuno spazio per il giudizio di comparazione (Cass. Sez. 6, 7/2 – 6/3/08 n. 10405 rv. 239018).

Come già affermato in diverse occasioni da questa Corte (Cass. Sez. 6, 7/1/08 n. 52 PG. Firenze c. Ali Mohamed), alla luce della sentenza n. 192/07 Corte Cost., una lettura costituzionalmente adeguata del novellato art. 69 c.p. induce a ritenere che il giudice di merito conservi immutato, con l’unica eccezione delle ipotesi previste dall’art. 99 c.p., comma 5, il potere di apprezzare la rilevanza della recidiva nel caso concreto, e quando sia chiamato a valutare la "significatività" del nuovo episodio criminoso, per stabilire, all’esito di tale delibazione, l’applicabilità o la non applicabilità della recidiva, ove decida per l’applicabilità, procederà di seguito al giudizio di comparazione della recidiva con le eventuali circostanze attenuanti, da eseguire nel rispetto dell’art. 69 c.p., comma 4 (che esclude la prevalenza delle attenuanti nell’ipotesi di cui all’art. 99 c.p., comma 4); mentre, ove ritenga l’inapplicabilità, non vi sarà ovviamente spazio alcuno per il giudizio di comparazione e si terrà conto soltanto delle attenuanti.

Nel caso in esame già il giudice di primo grado aveva ritenuto e applicato la recidiva contestata all’imputato, sia pure cadendo in errore nel ritenere l’ipotesi attenuata come figura autonoma di reato, e sul punto non vi è stata impugnazione da parte della difesa, che nei motivi di appello si è doluta solo della dosimetria della pena e dell’ingiustificato diniego delle circostanze attenuanti generiche, onde correttamente la corte distrettuale ha operato la rideterminazione della pena, ritenendo la sola equivalenza tra la contestata recidiva e l’ipotesi attenuata nel pieno rispetto del combinato disposto degli artt. 69 – 99 cit., senza peraltro sottrarsi ad una nuova valutazione della pericolosità sociale dell’imputato, che il ricorso del P.G., convertito in appello, pure esigeva, laddove, nel giustificare il diniego delle invocate generiche, ha implicitamente recuperato il giudizio negativo sulla personalità del C. e sulla sua capacità a delinquere, ostativo ad una revisione in positivo del precedente giudizio.

Quanto infine alla censura, contenuta nei motivi aggiunti dell’Avv. Marafioti, concernente la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, intesa ad accertare lo stato di conservazione della droga, trattasi di doglianza estranea al motivo di appello, nel quale la difesa si era limitata a contestare il mancato accertamento del principio attivo della sostanza repertata, e sul quale già incombeva la preclusione, derivante dal rigetto della richiesta del rito abbreviato condizionato proprio a tale accertamento.

Segue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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