Cons. Stato Sez. VI, Sent., 31-01-2011, n. 711

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto dalla società A.A. s.r.l. nei confronti della Regione Lombardia, della Provincia di Cremona e delle società SO.RO s.r.l., C.S. s.r.l., Azienda Agricola P. s.s., P.C. s.p.a. e T.B. & C. s.p.a. (con l’intervento ad opponendum della S. s.r.l.), avverso la deliberazione del Consiglio regionale della Lombardia n. VII/804 del 27 maggio 2003, di approvazione del nuovo pianocave della Provincia di Cremona (settore merceologico sabbie, ghiaie e torbe), nonché avverso tutti gli atti procedimentali ad essa preordinati, consequenziali o comunque connessi (in ispecie avverso la deliberazione del Consiglio provinciale di Cremona n. 34 del 27 febbraio 2002, di adozione della proposta di piano, e la deliberazione della Giunta regionale della Lombardia n. VII/11488 del 6 dicembre 2002, di trasmissione al Consiglio regionale della proposta provinciale con talune modificazioni), provvedeva come segue:

(i) dichiarava l’inammissibilità del ricorso, per difetto d’interesse, nei confronti della C.S. s.r.l., a motivo della sopravvenienza, rispetto agli atti come sopra impugnati, di nuova delibera del Consiglio regionale modificativa della posizione di detta società, ritualmente pubblicata e non impugnata dalla ricorrente;

(ii) accoglieva il primo motivo di ricorso, affermando l’illegittimità degli impugnati provvedimenti, per violazione dei criteri di pianificazione stabiliti dalla deliberazione della Giunta regionale n. 6/41714 del 26 febbraio 1999, alla cui luce in sede di formazione del nuovo piano le aree di proprietà della società ricorrente sarebbero dovute essere inserite, in via prioritaria rispetto a nuove aree, come ambiti territoriali estrattivi (ATE) con volumi adeguati alla potenzialità di giacimento (già fissata a 3.800.000 mc dal vecchio piano adottato il 6 agosto 1992), nonché per contraddittorietà, difetto di motivazione e carenza d’istruttoria, in particolare sotto il profilo dell’omessa esplicitazione del percorso tecnico seguito per abbattere la potenzialità sfruttabile del giacimento delle aree di proprietà della ricorrente da 3.800.000 mc a 1.850.000 mc e per ridurre il relativo volume estraibile a 650.000 mc, a fronte dell’inserimento di nuovi ambiti estrattivi in altre aree con correlativa attribuzione di ulteriori quantitativi di materiale estraibile e dell’elevazione del fabbisogno estrattivo totale da 15.361.000 mc a 16.591.500 mc, senza adeguata considerazioni delle osservazioni della ricorrente e in accoglimento delle osservazioni di altri interessati;

(iii) respingeva il secondo motivo di ricorso, col quale la ricorrente aveva contestato, per irragionevolezza, la scelta pianificatoria di inserire nel nuovo ambito territoriale estrattivo ATE g15 solo parte dei terreni di proprietà di essa istante, già individuate come polo estrattivo SG9 dal vecchio piano, rilevando che le aree erano state inserite nel nuovo piano non già con riferimento alla loro titolarità, bensì con riguardo alle loro caratteristiche geologiche;

(iv) respingeva, altresì, il terzo motivo, col quale l’istante aveva lamentato l’ingiustificata eliminazione, ad opera del Consiglio regionale, dell’intero volume estraibile per fabbisogno straordinario (40.000 mc) dal piano relativo alla Provincia di Cremona, ritenendo la misura adeguatamente motivata;

(v) respingeva, infine, il quarto motivo, col quale la ricorrente aveva censurato l’inserimento nel piano di nuovi ambiti territoriali estrattivi per considerevoli quantitativi di materiale, nonché di altri ambiti territoriali estrattivi a completamento di poli estrattivi già annullati in sede giurisdizionale, in presenza di giacimenti sfruttabili già previsti dal vecchio piano, escludendo in parte qua la violazione dei criteri pianificatori previsti dalla normativa regionale e la violazione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 1283/1999 dello stesso Tribunale amministrativo regionale, confermata dal Consiglio di Stato con decisione n. 1278/2001, rilevando che detta sentenza aveva ad oggetto l’annullamento della revisione del piano precedente, sulla base di presupposti diversi di quelli posti a base della nuova pianificazione;

(vi) dichiarava le spese di causa interamente compensate fra le parti.

2. Avverso tale sentenza proponeva appello la Regione Lombardia, deducendo i seguenti motivi d’impugnazione: a) omessa pronuncia sulle eccezioni di difetto di legittimazione attiva in capo alla ricorrente e d’inammissibilità del ricorso in primo grado, per mancata capacità di sfruttamento, da parte della società ricorrente, delle previsioni estrattive che le erano state riconosciute sulla base del piano precedente e rispettivamente del sopra citato giudicato amministrativo, nonché per l’inconfigurabilità di una posizione giuridicamente tutelabile in relazione all’astratta potenzialità estrattiva (giacimento) delle aree di proprietà dell’istante, a piano precedente ormai scaduto; b) erronea applicazione dei principi che presiedono all’attività discrezionale pianificatoria, essendo l’inserimento dei nuovi ambiti territoriali estrattivi (ATE) adeguatamente e specificamente motivata, nonché erronea interpretazione/applicazione della deliberazione della Giunta regionale n. 6/41714 del 26 febbraio 1999, non essendovi sancito quale unico ed esclusivo criterio pianificatorio il previo esaurimento delle attività estrattive nei giacimenti esistenti, quale presupposto per l’individuazione di nuovi siti. Chiedeva dunque, in riforma dell’impugnata sentenza, la reiezione del ricorso avversario.

3. Si costituiva l’appellata e ricorrente in primo grado, società A.A. s.r.l., resistendo e chiedendo il rigetto dell’appello principale. Proponeva appello incidentale avverso la statuizione di rigetto del quarto motivo di ricorso, di cui sopra sub 1.(v), deducendo il vizio di "insufficienza ed illogicità della motivazione, violazione dei principi in materia di pianificazione estrattiva desumibili dalla l.r. 14/98 e dalla d.g.r. 26.2.1999 n. 6/41714; violazione artt. 3, 41 e 97 della Costituzione" (v. così, testualmente, la rubrica del motivo di gravame) ed assumendo, in particolare, l’arbitrario esercizio in concreto del potere pianificatorio per carenza radicale di motivazione in ordine alla deroga al criterio di contenere l’apertura di nuove cave in presenza di giacimenti ancora sfruttabili, a salvaguardia dell’integrità del territorio.

4. Costituendosi, la controinteressata Azienda Agricola P. s.s. proponeva appello incidentale, con cui deduceva i seguenti motivi: a) omesso esame dell’eccezione d’inammissibilità del ricorso in primo grado per carenza d’interesse, sollevata da essa controinteressata sotto il profilo che la ricorrente in primo grado mai aveva attivato, con una richiesta d’autorizzazione, l’ATE g15 alla stessa attribuito; b) erronea applicazione della deliberazione della Giunta regionale n. 6/41714 del 26 febbraio 1999 e dei principi in materia di pianificazione, nonché erroneo accoglimento del motivo di contraddittorietà e difetto d’istruttoria e di motivazione. Chiedeva dunque, in riforma della gravata sentenza, il rigetto del ricorso in primo grado.

5. Costituendosi, anche la controinteressata P.C. s.p.a. proponeva appello incidentale, lamentando a) l’erronea applicazione dei principi generali in materia pianificatoria, anche in relazione all’art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241, b) la "violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 l.r. Lombardia 14/1998, delle d.G.R. 26.2.1999, n. 6/41714 e 6.12.2002, n. 11488, e dei principi generali in tema di pianificazione estrattiva", nonché c) la "violazione dei principi generali in materia di legittimazione e di interesse a ricorrere" (v. così, testualmente, p. 12 della comparsa con appello incidentale).

6. Con atti separati, si costituivano altresì le controinteressate SO.RO s.r.l. e T.B. & C. s.p.a., nonché l’interveniente S. s.r.l., chiedendo l’accoglimento dell’appello principale proposto dalla Regione e dell’appello incidentale proposto dalla controinteressata Azienda Agricola P. s.s.

7. Si costituiva, infine, la controinteressata C.S. s.r.l., rimarcando il passaggio in giudicato della statuizione riguardante la posizione di essa società, non investita da alcuna impugnazione principale o incidentale.

8. All’udienza pubblica del 23 novembre 2010 la causa veniva trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Premesso che, a fronte della fondatezza dei motivi di gravame, che sono stati formulati dall’appellante principale e dalle controinteressate/appellanti incidentali e investono le questioni di merito decise con la gravata sentenza, restano superati i motivi in rito svolti dai predetti impugnanti, si osserva che i motivi di gravame proposti in via principale sub 2.b) e in via incidentale sub 4.b), 5.a) e 5.b) – in parte identici e comunque tra di loro connessi e da trattare congiuntamente -, sono fondati e meritano accoglimento.

1.1. Il Tribunale amministrativo regionale con la statuizione di cui sopra sub 1.(ii), investita dai sopra precisati motivi di gravame, dichiarava l’illegittimità degli impugnati provvedimenti di proposta/approvazione del nuovo pianocave provinciale di Cremona, ritenendo violati i criteri di pianificazione stabiliti dalla deliberazione della Giunta regionale n. 6/41714 del 26 febbraio 1999, segnatamente quello del prioritario esaurimento degli ambiti territoriali già individuati nei piani previgenti su aree di proprietà della ricorrente prima di identificare siti nuovi su aree non contemplate dal piano precedente, ed affermando l’illegittimità – anche per difetto di motivazione e d’istruttoria – della riduzione della capacità estrattiva potenziale (giacimenti) e dei volumi estraibili assegnati alle aree di proprietà dell’istante secondo il precedente piano decennale, risalente al 1992 e modificato nel 1996.

1.2. Ritiene il collegio che le censure mosse avverso tale statuizione siano fondate per le considerazioni di cui appresso (conformi, nelle enunciazioni in diritto, ai precedenti di questa Sezione nn. 6232 e 6233 dell’8 novembre 2005, pure relativi al pianocave provinciale di Cremona, da cui non v’è motivo di discostarsi).

1.2.1. Le delibere qui impugnate sono state emesse nell’esercizio del potere di pianificazione decennale previsto dagli artt. 5 e 6 l. r. Lombardia 8 agosto 1998, n. 14 (recante "Nuove norme per la disciplina della coltivazione di sostanze minerali di cava"), e non già in sede di revisione disciplinata dal successivo art. 9, sicché già per tale ragione assorbente è inconferente il richiamo, nel ricorso in primo grado, alla vicenda processuale definita dal Tribunale amministrativo regionale con la sentenza n. 1283 del 19 aprile 1999 (confermata dal Consiglio di Stato con la decisione VI, 6 marzo 2001, n. 1278), con la quale era stato accolto il ricorso proposto dall’odierna appellata A.A. s.r.l. avverso le delibere adottate in sede di revisione di un piano ancora vigente, nella parte in cui erano state inserite nuove aree da sfruttare per soddisfare i bisogni aggiuntivi anziché prevedere lo sfruttamento dei giacimenti già individuati nel piano revisionato come potenziali poli estrattivi.

1.2.2. Col decorso del termine di durata decennale del vecchio piano e col venire meno della legittima facoltà della coltivazione, i poteri di pianificazione non incontrano particolari limiti nella salvaguardia delle posizioni dei soggetti in precedenza abilitati, salvi i casi in cui la normativa di settore disponga altrimenti. L’obiettivo di salvaguardia, in sede di nuova pianificazione decennale, delle posizioni dei soggetti abilitati dal previgente piano cave non è, segnatamente, enucleabile dall’art. 6, comma 2, lett. a), l. r. Lombardia 8 agosto 1998, n. 14 – secondo cui gli ambiti territoriali estrattivi (definiti come unità territoriale di riferimento in cui è consentita l’attività estrattiva nel periodo di validità del pianocave) da identificare nel piano "devono accorpare aree contigue a quelle già oggetto di attività, con priorità rispetto all’apertura di altre aree" -, risultandovi unicamente fissato il principio che i nuovi ambiti vengano posti in prossimità delle aree già interessate da attività estrattive, mentre dal medesimo principio non può invece trarsi, in via interpretativa, la conclusione per cui l’individuazione di nuovi ambiti potrebbe avere luogo solo a seguito dell’esaurimento dei preesistenti giacimenti.

1.2.3. Siffatta conclusione, oltre a non essere consentita dal dato letterale della norma, urterebbe con i principi che presiedono alla pianificazione, poiché – in sede di approvazione del nuovo piano – la Regione, per esigenze di salvaguardia dell’ambiente, ben può valutare, se le aree individuate nel piano precedente siano suscettibili di ulteriori coltivazioni ovvero risultino tanto compromesse da far ridurre o eliminare la precedente capacità estrattiva, ed individuare altre aree idonee, a prescindere dal rilievo che, per il caso di scadenza del piano previgente, risulterebbe di per sé irragionevole una norma che intenda condizionare all’avvenuto esaurimento dei giacimenti l’esercizio dei poteri di pianificazione e l’individuazione degli ambiti territoriali estrattivi.

1.2.4. La deliberazione della Giunta regionale n. 6/41714 del 26 febbraio 1999 (recante "Determinazione, ai sensi del I comma dell’art. 5 della legge regionale 8 agosto 1998, n. 14, dei criteri per la formazione dei piani cave provinciali" e applicabile ratione temporis alla fattispecie dedotta in giudizio) non ha affatto condizionato l’individuazione dei nuovi ambiti estrattivi al criterio principale, o persino esclusivo, dell’esaurimento/conservazione dei precedenti giacimenti, ma – in conformità ai criteri generali enunciati dall’art. 6 l. reg. cit. – ha previsto una serie di criteri di pianificazione (quali, ad es., la situazione geologica e idrogeologica del territorio interessato, la situazione delle colture agrarie e arboree in atto, il fabbisogno in relazione ai bacini d’utenza ed alla realizzazione di opere pubbliche, la qualità e quantità di materiale da estrarre, l’impatto ambientale), nel cui ambito il criterio di completamento delle precedenti attività va ponderato, nell’esercizio del potere pianificatorio, in rapporto con tutti gli altri criteri, procedendo a valutazione globale e unitaria degli interessi, spesso conflittuali, considerati dal legislatore e rimessi alla discrezionalità pianificatoria degli enti investiti del relativo potere.

1.2.5. Pure la qui impugnata deliberazione della Giunta regionale n. VII/11488 del 6 dicembre 2002, di trasmissione al Consiglio regionale della proposta provinciale con talune modificazioni, enuclea una pluralità di criteriobiettivo, che non si esauriscono affatto nelle enunciazioni relative alla concentrazione delle attività estrattive sulle cave esistenti – enunciazioni, estrapolate nella gravata sentenza in modo atomistico e slegato dal contesto discorsivo a suffragio dell’affermata contraddittorietà dei gravati atti pianificatori, e dunque in violazione dei criteri ermeneutici che presiedono all’interpretazione degli atti amministrativi -, ma considerano tutta la gamma dei criteri di pianificazione previsti dalla citata legge regionale e relativa deliberazione attuativa n. 6/41714 del 26 febbraio 1999.

1.2.6. Le delibere qui impugnate, inerenti all’adozione del nuovo piano provinciale decennale – con particolare riguardo al censurato abbattimento della potenzialità sfruttabile del giacimento delle aree di proprietà della ricorrente da 3.800.000 mc a 1.850.000 mc e alla lamentata riduzione del relativo volume estraibile a 650.000 mc, a fronte dell’inserimento di nuovi ambiti estrattivi in altre aree con correlativa attribuzione di ulteriori quantitativi di materiale estraibile e dell’elevazione del fabbisogno estrattivo totale da 15.361.000 mc a 16.591.500 mc – risultano esaurientemente motivate e sorrette da adeguata istruttoria, in ispecie con riguardo alla determinazione del fabbisogno e all’individuazione di nuovi ambiti estrattivi, in una valutazione globale dell’assetto provinciale. Segnatamente, gli ATE g11, g12 e g13, contrariamente a quanto affermato nell’impugnata sentenza, non costituiscono nuovi ambiti estrattivi, ma risultano ricavati dai pregressi poli estrattivi SG13 e SG15, mentre la previsione dei nuovi ATE g24, g25, g26 e g29 è adegatamente motivata in relazione a fabbisogni specifici (opera pubblica per un tratto ferroviario di "alta velocità"; insufficienza di coprire il fabbisogno ordinario; compensazione con soppressione di altra area per opera pubblica).

1.2.7. Conclusivamente, applicando il principi generali in materia di pianificazione, secondo cui le scelte pianificatorie relative alle singole aree non abbisognano di una particolare ampiezza motivazionale per la loro valenza generale involgente un notevole numero di destinatari e per l’interpendenza reciproca delle previsioni interessanti le singole aree, e considerata l’assenza dei lamentati profili di eccesso di potere sub specie di contraddittorietà e carenza assoluta di motivazione e d’istruttoria, in accoglimento dei motivi d’appello in esame e in riforma della gravata sentenza, il ricorso in primo grado proposto dalla A.A. s.r.l. va interamente disatteso.

2. Considerazioni sostanzialmente identiche impongono la reiezione dell’appello incidentale, di cui sopra sub 3., proposto dalla A.A. s.r.l. avverso la statuizione di rigetto del quarto motivo del ricorso in primo grado.

3. Considerata la natura della controversia, si ravvisano i presupposti di cui all’art. 92, comma 2, c.p.c. per dichiarare le spese del doppio grado interamente compensate fra tutte le parti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta),

definitivamente pronunciando,

– accoglie l’appello principale proposto dalla Regione Lombardia e gli appelli incidentali proposti dalle società Azienda Agricola P. s.s. e P.C. s.p.a. e, per l’effetto, in riforma della gravata sentenza, respinge il ricorso in primo grado;

– respinge l’appello incidentale proposto dalla società A.A. s.r.l.;

– spese dei due gradi di giudizio interamente compensate fra tutte le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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