Cass. civ. Sez. I, Sent., 10-03-2011, n. 5771 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 27.10.2006, B.M.A. adiva la Corte di appello di Lecce chiedendo che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrisponderle l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul "Diritto ad un processo equo", della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848. Con decreto del 20.04 – 28.06.2007, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava il Ministero della Giustizia a pagare all’istante, a titolo di equo indennizzo del danno non patrimoniale, la somma di Euro 3.580,00, con interessi legali dalla domanda, nonchè al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 1.109,51 e distratte in favore del difensore antistatario avv.to Mario Orlando Candiano. La Corte osservava e riteneva in sintesi:

che la B. aveva chiesto l’equa riparazione del danno non patrimoniale subito per effetto dell’irragionevole durata del processo civile in tema di rimborso di spese di spedalità (Euro 5.670,00), da lei introdotto contro la Regione Puglia e la Asl A/(OMISSIS), dinanzi al Tribunale di Bari, il 26.01.2001, assegnato dapprima alla seconda sezione civile, poi alla sezione lavoro ed ancora pendente in primo grado che per il periodo d’irragionevole ritardo di definizione, quantificabile in anni 3 e mesi 7, il chiesto indennizzo del danno morale poteva essere equitativamente liquidato all’attualità nella misura di Euro 1.000,00 ad anno di ritardo, tenuto conto della non rilevante (ma neppure irrisoria) aspettativa economica della B..

Avverso questo decreto la B. ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 22.04.2008 al Ministero della Giustizia.

All’udienza pubblica del 20.10.2010 veniva disposta la rinnovazione della notificazione del ricorso, debitamente attuata dalla B. ed all’esito della quale l’Amministrazione intimata resisteva con controricorso.
Motivi della decisione

Con il ricorso la B. denuncia:

1. "Omessa o insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo ( art. 360 c.p.c., n. 5); Violazione dell’art. 2729 c.c. e segg. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3" conclusivamente, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., ponendo i seguenti quesiti di diritto:

a) E’ presumibile che la posta in gioco sia rilevante nel caso di una persona anziana e pensionata (apodittico peraltro risulta nata nel 1927), la quale agisce per il rimborso di ingenti spese ospedaliere? b) Deve il giudice nazionale tenere conto della natura della causa per la misura dell’indennizzo ex L. n. 89 del 2001? Inoltre, sempre ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. precisa che il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa consiste nell’aver valutato di poco conto la "posta in gioco" nel procedimento presupposto e non considerato la natura della causa.

2. "Violazione degli artt. 1 e 2 della convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e della L. n. 89 del 2001, art. 2 per ingiustificato ed eccessivo scostamento dagli standards di liquidazione operati dalla CEDU. Insufficiente motivazione in ordine a punto decisivo controverso ( art. 360 c.p.c., n. 5)", ponendo i seguenti quesiti di diritto:

a) Ne caso di specie, viola l’art. 6 della Convenzione e la L. n. 89 del 2001, art. 2 una liquidazione del danno non patrimoniale nella misura di Euro 1.000,00 per ciascun anno di ritardo? b) Doveva il giudice di merito tenere conto della natura assistenziale della causa e del suo rilevante interesse? 3. "Incostituzionalità della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a per violazione degli artt. 117 e 111 Cost. e degli artt. 2 e 3 Cost.. Motivo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3", con riguardo al riferimento del liquidato indennizzo al solo periodo di ritardo irragionevole di durata del processo presupposto. Pone conclusivamente il seguente quesito di diritto:

a) E’ manifestamente fondata l’eccezione di incostituzionalità della L. n. 89 del 2001, art. 2 per violazione degli artt. 117 e 111 Cost. e degli artt. 2 e 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo? Con i tre motivi, che strettamente connessi consentono esame unitario, la ricorrente si duole dell’inadeguatezza dell’indennizzo accordatole, dell’omessa valutazione della rilevanza della posta in gioco e della natura della causa e, comunque, dell’assenza di motivazione in ordine all’esigua quantificazione dell’indennizzo.

Assume che quanto liquidato è notevolmente inferiore ai parametri CEDU, sottolineando anche che il danno da lei subito avrebbe dovuto non considerarsi di lieve entità, stante la considerevole posta in gioco, inerente al rimborso di ingenti spese ospedaliere, ed il fatto che era anziana e fruente di sola pensione. Essenzialmente sostiene che l’equa riparazione avrebbe dovuto esserle accordata in base ad un importo unitario annuo superiore e segnatamente elevato sino ad Euro 2.000,00, avuto riguardo a dette peculiarità del caso ed ai parametri CEDU, sollevando anche la questione di costituzionalità della L. n. 89 del 2001, art. 2 che impone di determinarla in riferimento al solo periodo d’incongruo ritardo in luogo di ciascun anno di durata del processo presupposto.

Le censure non hanno pregio.

En primo luogo la Corte di merito, attenendosi a quanto disposto dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 3, lett. a), ed alla relativa elaborazione giurisprudenziale (in tema, cfr. tra le altre, Cass. 200508568; 200608714; 200723844; 200803716), legittimamente non ha correlato l’indennizzo alla durata dell’intero processo ma al solo periodo di durata eccedente il ragionevole. Al riguardo questa Corte, per condivisibili ragioni che la B. non appare contrastare con nuovi e decisivi argomenti contrari, ha anche già ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalità, della citata norma nella parte in cui stabilisce che, al fine dell’equa riparazione, rileva soltanto il danno riferibile al periodo eccedente il termine di ragionevole durata; non ha, infatti, ritenuto ravvisabile alcuna violazione dell’art. 117 Cost., comma 1, in riferimento alla compatibilità con gli impegni internazionali assunti dall’Italia mediante la ratifica della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, posto sia che, qualora sia sostanzialmente osservato il parametro fissato dalla Corte EDU ai fini della liquidazione dell’indennizzo, la modalità di calcolo imposta dalla norma nazionale non incide sulla complessiva attitudine della legislazione interna ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto in argomento, non comportando una riduzione dell’indennizzo in misura superiore a quella ritenuta ammissibile dal giudice europeo, e sia che diversamente opinando, poichè le norme CEDU integrano il parametro costituzionale, ma rimangono pur sempre ad un livello subcostituzionale, dovrebbe valutarsi la conformità del criterio di computo desunto dalle norme convenzionali, che attribuisce rilievo all’intera durata del processo, rispetto al novellato art. 111 Cost., comma 2, in base al quale il processo ha un tempo di svolgimento o di durata ragionevole, potendo profilarsi, quindi, un contrasto dell’interpretazione delle norme CEDU con altri diritti costituzionalmente tutelati (cfr. cass. 200921840).

Nella specie, inoltre, il giudice di merito nell’ambito della valutazione concernente la liquidazione del danno, ha non solo espressamente ed argomentatamente tenuto conto della particolare incidenza che la natura della controversia comportava sulla situazione della B., ragionevolmente non ritenendo nè irrisoria nè particolarmente rilevante l’aspettativa economica dell’istante (in tema, cfr tra le altre, cass. 200917684), evidenziando l’entità del credito da lei azionato, ma anche conclusivamente ed ineccepibilmente accordato un indennizzo per il sofferto danno non patrimoniale motivatamente aderente al parametro minimo CEDU. D’altra parte, l’attribuzione di una somma maggiore postulava che nel caso concreto quel pregiudizio, a causa di particolari circostanze specifiche, fosse stato maggiore; e conseguentemente la critica della decisione sul punto non poteva fondarsi sulla mera circostanza, peraltro smentita dal tenore della pronuncia, che la decisione non è stata motivata, ma doveva avere riguardo alle concrete allegazioni ed alle prove addotte sul punto nel giudizio di merito, nella specie non evincibili, essendo le censure in questa sede affidate a generiche o apodittiche asserzioni (in tema cfr cass. 20086808; 200922869; 201001893; 201019054).

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con conseguente condanna del B., soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il B. al pagamento in favore del il Ministero della Giustizia delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 600,00, oltre alle spese prenotate a debito.

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