Cass. civ. Sez. I, Sent., 10-03-2011, n. 5763 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso del 28.02.2008, S.S. adiva la Corte di appello di Napoli chiedendo che il Ministero dell’Economia e delle Finanze fosse condannato a corrispondergli l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul "Diritto ad un processo equo", della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848. Con decreto del 12 – 16.12.2008, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze a pagare all’istante la somma di Euro 2.500,00, a titolo di equo indennizzo del danno non patrimoniale, nonchè un terzo delle spese processuali, distratte in favore del difensore antistatario e liquidate per l’intero in complessivi Euro 962,00 (di cui Euro 432,00 per diritti ed Euro 500,00 per onorari), oltre competenze accessorie come per legge, e compensate per i residui due terzi. La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:

– che il S. aveva chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo amministrativo, processo ancora pendente ed introdotto dinanzi al TAR Campania con ricorso del 14.11.2000, nei confronti della Gestione Governativa della Circumvesuviana;

– che la durata ragionevole del primo grado di detto processo amministrativo, già protrattosi per circa 8 anni sino al deposito del ricorso per equa riparazione, poteva essere fissata in anni tre, data la relativa natura ed il comportamento delle parti;

– che per il periodo d’irragionevole ritardo di definizione, quantificabile in circa 5 anni, il chiesto indennizzo del danno morale poteva essere liquidato all’attualità in ragione di Euro 2.500,00, conferendo rilievo al fatto che non era stata assunta alcuna iniziativa sollecitatoria e che trattavasi di ricorso collettivo;

– che non ricorrevano le condizioni per riconoscere l’ulteriore somma forfetaria richiesta dall’istante;

– che atteso l’esito finale del procedimento, ricorrevano giusti motivi per la compensazione dei 4/5 delle relative spese, con condanna dell’Amministrazione al pagamento del residuo quinto.

Avverso questo decreto il S. ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 9.07.2009. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso notificato il 30.09.2009.
Motivi della decisione

Riassuntivamente, con il ricorso il S. denuncia violazioni di legge e vizi motivazionali e chiede l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali, riferiti sia (mot. Da 1 a 6) ai criteri di liquidazione del danno morale, che conclusivamente assume essergli dovuto nella misura di Euro 125,00 per ciascuno degli 86 mesi di protrazione del processo, con integrazione del bonus di Euro 2.000,00 e sia (motivi 7 e 8) alla compensazione parziale delle spese processuali, avversata soltanto in ragione del fatto che la soccombenza dell’amministrazione ne avrebbe dovuto implicare la condanna alle spese del giudizio di merito.

Il ricorso non merita favorevole apprezzamento.

Inammissibile si rivela il primo motivo del ricorso per genericità del relativo quesito, del tutto astratto e privo di riferimenti alla fattispecie concreta.

Del pari privi di pregio sono:

il secondo ed il terzo motivo del ricorso, giacchè non colgono la ratio decidendi dell’attuato ed argomentato discostamento peggiorativo dal parametro indennitario minimo CEDU e giacchè inoltre la Corte di merito ha legittimamente non correlato l’indennizzo alla durata dell’intero processo, posto che la legge nazionale L. n. 89 del 2001, (art. 2, comma 3, lett. a), con una chiara scelta di tecnica liquidatoria non incoerente con le finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di riferire il ristoro al solo periodo di durata eccedente il ragionevole (cfr. tra le altre, Cass. 200508568; 200608714; 200723844; 200803716);

il quarto, il quinto ed il sesto motivo del ricorso, inerenti alla mancata attribuzione del bonus di Euro 2.000,00, il quale presuppone casi di particolare gravità del danno in relazione alla posta in gioco, nella specie non specificamente dedotti nè altrimenti evincibili (in tema cfr cass. 20086808; 200917684; 200922869;

201001893; 201019054);

– il settimo e l’ottavo motivo del ricorso, inerenti alla disposta compensazione parziale delle spese processuali del giudizio di merito, giacchè nei processi davanti ai giudici nazionali, ivi compresi quelli di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il regime delle spese di lite deve seguire le regole legali previste dalla legge italiana (in tema, cfr. cass. 200318204;

200423789; 200714053), secondo le quali rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito disporne la compensazione, in tutto o in parte, anche nel caso di soccombenza di una parte, ed ancora che la statuizione, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, si rivela motivata e segnatamente sostenuta da plausibili ragioni che sono rimaste incensurate.

Il S., soccombente, va condannato al pagamento, in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il S. al pagamento in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 600,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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