T.A.R. Campania Napoli Sez. III, Sent., 01-02-2011, n. 636 Commercio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo
Motivi della decisione

Il ricorso principale va dichiarato improcedibile.

L’Amministrazione resistente ha emanato un nuovo atto (ordinanza n.417 prot. 42326 del 23 novembre 2009, impugnata con motivi aggiunti), con distinta e autonoma motivazione, recante l’ordine incondizionato di cessazione dell’attività di agriturismo "abusivamente condotta in violazione delle norme urbanistico edilizia, sanitarie e amministrative nei locali della ditta "vivi natura" ubicati in via Ponte Izzo, 49", atto che ha sostituito in toto il provvedimento sanzionatorio impugnato con il primo gravame.

Con il ricorso per motivi aggiunti, parte ricorrente articola una pluralità di censure, dettagliatamente riportate in epigrafe, con le quali lamenta preliminarmente l’incompetenza dei soggetti (i dirigenti rispettivamente dell’Ufficio Tecnico settori V e VI e il Dirigente del Settore IV nonché comandante della Polizia Municipale), la carenza di potere e l’erroneità dei presupposti in fatto e in diritto, oltre varie illegittimità procedimentali e l’immanente contrasto con i principi di cui agli artt. 24 e 97 della Costituzione.

Il ricorso per motivi aggiunti è infondato e va respinto.

Il ricorrente impugna l’atto con il quale il Comune di Pompei, all’esito di una conferenza di servizi indetta "per la verifica della sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per l’esercizio dell’attività di agriturismo" in ragione dell’avvenuta presentazione, ad opera dell’interessato, di una istanza per la regolarizzazione dell’impianto produttivo ai sensi dell’art.4 D.P.R. 447/98, nel denegare, in ragione dell’esito dell’istruttoria, la sussistenza dei presupposti per l’invocata regolarizzazione ha ordinato la cessazione dell’attività di agriturismo. La difesa attorea, nel censurare l’operato dell’Amministrazione, deduce che l’azienda agrituristica in oggetto può considerarsi un "impianto produttivo sostanzialmente sano, possedendo un corpo edilizio in parte autorizzato e in parte sub condono, una valida autorizzazione sanitaria, titoli sia per il possesso e l’allevamento degli animali sia per la somministrazione di cibi e bevande".

Il Tribunale osserva, tuttavia, che, se è pur vero che il complesso aziendale in questione può vantare l’esistenza di un titolo autorizzatorio iniziale, formatosi per silentium ai sensi dell’art.8 Legge n.730 del 1985 (come puntualmente rilevato da questo Tribunale nella sentenza n.10100 del 2003), e di un’autorizzazione sanitaria rilasciata in data 29.11.1999 "per la cucina annessa all’azienda agricola" (cfr. copia dell’atto nella produzione di parte ricorrente), è altresì vero – e incontestato anche da parte attorea – che il complesso in questione è stato interessato, nel corso degli anni, da una pluralità di interventi realizzati in assenza di titoli abilitativi di sorta.

Orbene, ritiene il Tribunale che il numero e qualità degli interventi in parola (per una loro ricognizione, pur sommaria, è possibile esaminare gli elaborati grafici presentati dal ricorrente a corredo della menzionata istanza di regolarizzazione ai sensi dell’art.4 del D.P.R. 447/98 e prodotti in giudizio dalla difesa del Comune in allegato alle note di udienza del 10 dicembre 2009) siano tali da condurre alla seguente conclusione: il cespite aziendale risultante dal coacervo di questi interventi è del tutto diverso da quello originario e, per ciò stesso, esso non può considerarsi in qualche modo ancora legittimato in virtù delle autorizzazioni iniziali. Neppure, per esso, sussistono i presupposti per la "regolarizzazione" invocata come statuito dal Comune di Pompei.

Ferma la generale premessa, reiteratamente ribadita da questa Sezione in numerose pronunce, che il legittimo esercizio di un’attività commerciale, precipuamente quando essa comporti – come nel caso di specie – la somministrazione di alimenti e bevande, deve essere ancorato, sia in sede di rilascio del relativo titolo autorizzatorio, sia per l’intera durata del suo svolgimento, alla disponibilità giuridica e alla regolarità urbanisticoedilizia dei locali in cui essa viene posta in essere (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 9 settembre 2008, n. 10058; Id., 09 agosto 2007, n. 7435; Id., 27 gennaio 2003, n. 423; Id., 22 novembre 2001, n. 5007), va altresì osservato che la disciplina legislativa statale e regionale dettata in materia di aziende agrituristiche è particolarmente rigorosa, perché finalizzata a preservare la specificità del settore agrituristico e la genuinità dei prodotti fruibili all’interno dell’azienda agrituristica.

La particolare attenzione prestata dal legislatore è testimoniata dalla successione di leggi in materia sia di carattere statale che regionale: si sono succedute in particolare, quanto alle fonti statali, la legge n. 730 del 1985 e la legge n.96 del 2006, e, quanto alle fonti regionali, la L.R. n.41 del 1984 e la L.R. n.15 del 2008. In via di estrema sintesi e tenuto conto del rapporto tra l’ordinamento statale e regionale, come disegnato dalla Corte Costituzionale con sentenza del 12 ottobre 2007 n.339, può affermarsi che per "attività agrituristiche" si intendono le attività di ricezione e di ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli, singoli o associati "attraverso l’utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione rispetto all’attività di coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento e attività connesse"(art.2 L.R. n.15/2008) e che gli elementi caratterizzanti vanno individuati nel rapporto di connessione con l’attività agricola e nella perdurante prevalenza di quest’ultima. Giova evidenziare, in particolare, l’estremo rigore della disciplina legislativa quanto alla tipologia degli interventi ammissibili sugli immobili del compendio agrituristico: l’art.3 della Legge 730 del 1985 (poi abrogata dalla Legge n.96/2006) prevedeva, ai commi 3 e 4, che: "le leggi regionali disciplinano gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente ad uso dell’imprenditore agricolo ai fini dell’esercizio delle attività agrituristiche. Il restauro deve essere eseguito nel rispetto delle caratteristiche tipologiche ed architettoniche degli edifici esistenti e nel rispetto delle caratteristiche ambientali delle zone interessate"; l’art.3, commi 2 e 3, della Legge n.96/2006 prevede: "1.le regioni disciplinano gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente ad uso dell’imprenditore agricolo ai fini dell’esercizio di attività agrituristiche, nel rispetto delle specifiche caratteristiche tipologiche e architettoniche, nonché delle caratteristiche paesaggisticoambientali dei luoghi. 3. I locali utilizzati ad uso agrituristico sono assimilabili ad ogni effetto alle abitazioni rurali"; l’art.3 della L.R. n.15/2008 (abrogativa della L.R n.41/84) conferma, con una disciplina di maggiore dettaglio, l’esigenza di conservazione del carattere di ruralità degli edifici e dei locali utilizzati a fini agrituristici e, in caso di ristrutturazione, il vincolo del rispetto delle caratteristiche tipologiche ed architettoniche degli edifici esistenti nonché delle caratteristiche ambientali delle zone interessate mediante l’utilizzo di tipologie e di materiali tradizionali della zona.

Dalla mera lettura dei testi normativi riportati emerge, in tutta evidenza, che l’azienda agrituristica viene concepita dal legislatore, quanto al profilo dei cespiti edilizi in cui essa si svolge, come finalizzata alla conservazione ed eventualmente al recupero patrimonio edilizio rurale esistente. Elemento che di per sé, costituisce un elemento di valutazione ineludibile e stringente per lo scrutinio sia della assentibilità sia, come nel caso di specie, della sanabilità a posteriori di nuovi manufatti realizzati nel compendio agrituristico.

Nel complesso aziendale in parola, gli interventi sono stati molteplici, come è possibile evincere dalla relazione e dal quadro sinottico contrassegnato come Prospetto A, allegati alla Nota n.334832 del 21 settembre 2009 e solo per alcune di esse risulta pendente l’istanza di sanatoria edilizia straordinaria (cd. condono edilizio), mentre per altre è stata denegato, anche in forma espressa, l’ accertamento di conformità di cui all’art. 13 Legge 47/85, ora art.36 D.P.R.380/2001 (cfr. il richiamato quadro sinottico).

Ai rilievi appena enunciati deve aggiungersi, inoltre, l’ubicazione dell’agriturismo in oggetto in area soggetta a protezione vincolistica ai sensi del D.Lgs. n.42/2004, già Legge 1497/39 in virtù del vincolo posto dal D.M. 27.10.1961, circostanza preclusiva della eventuale sanabilità a posteriori dei manufatti realizzati (cfr artt.146159 D.Lgs. n.42/2004).

Ne consegue, in definitiva, che correttamente il Comune di Pompei, sul rilievo della non assentibilità dei manufatti realizzati nel compendio aziendale e della improcedibilità dell’istanza di rilascio dell’autorizzazione sanitaria in relazione a locali ed ambienti oggetto di una pluralità di modifiche (cfr. il richiamato quadro sinottico delle attività edilizie realizzate in assenza di titolo), secondo quanto rilevato dai competenti uffici (cfr. note n.3382, già richiamata, del 21.09.2009 e n.33789 del 23.09.2009) sollecitati a ciò dalla presentazione di un’istanza di regolarizzazione ai sensi dell’art.4 del D.P.R. 447/98, oltre che per l’insussistenza di altri presupposti (quali l’iscrizione all’elenco regionale degli operatori agrituristici) ha qualificato come senz’altro abusiva l’attività di agriturismo condotta dal ricorrente, ordinandone la cessazione.

Tale determinazione, assunta all’esito della conferenza di servizi indetta nell’ambito del procedimento di cui al citato D.P.R. n.447/98, è stata adottata dai Dirigenti, rispettivamente settore del IV /Comandante P.M, dell’Ufficio Tecnico Comunale settore V e dell’Ufficio Tecnico Comunale Settore VI. Essa è pertanto un atto complesso interno, perché posto in essere da una pluralità di figure apicali (dirigenti di uffici o settori), ma comunque imputabile ad una sola amministrazione (il Comune di Pompei), in relazione al quale il vizio di incompetenza prospettato dalla difesa attorea è insussistente, attesa la distribuzione delle competenze tra organi politici e organi tecnici disegnata dalla più recente disciplina delle autonomie locali (cfr. "ai sensi degli art. 107 e 109 comma 2 t.u. 18 agosto 2000 n. 267, rientra nella competenza del dirigente, e non del sindaco, l’ordine di cessazione immediata di un’attività agrituristica per l’assenza dei presupposti previsti dalla legge per il relativo svolgimento" T.A.R. Umbria Perugia, 02 novembre 2004, n. 674; "a norma dell’art. 107 del d.lg. n. 267 del 2000, la competenza ad irrogare sanzioni amministrative, provvedimenti amministrativi consistenti in atti autoritativi posti in essere dalla P.A. nell’espletamento di una potestà amministrativa ed aventi rilevanza esterna, è stata devoluta ai dirigenti degli enti locali rimanendo spettanti agli organi di governo solo i poteri di indirizzo e controllo politicoamministrativo, mentre spettano ai dirigenti i compiti non compresi espressamente dalla legge o dallo statuto fra le funzioni degli organi di governo o fra quelle del segretario comunale o del direttore generale" Cassazione civile, sez. II, 08 aprile 2009, n. 8560)

Va, in ultimo, disattesa la domanda di declaratoria di illegittimità del silenzio (inadempimento) asseritamente serbato dal Comune di Pompei sull’istanza di regolarizzazione ex art.4 D.P.R. 44//98, posto che l’ente, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa attorea, ha avviato il relativo procedimento, attivando gli uffici competenti e convocando la prevista conferenza di servizi, e all’esito dell’iter procedimentale, sul duplice rilievo della improcedibilità dell’istanza e del carattere abusivo dell’attività svolta dal ricorrente, ha ordinato la cessazione di quest’ultima richiamandosi alle disposizioni del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

a) dichiara improcedibile il ricorso principale;

b) rigetta il ricorso per motivi aggiunti;

c) condanna parte ricorrente al rimborso, in favore dell’Amministrazione resistente, delle spese di giudizio che liquida in Euro.2.000,00#(euro duemila/00#).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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