Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-12-2010) 04-02-2011, n. 4207 Sequestro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 29/06/2010, il Tribunale di Crotone confermava il sequestro probatorio eseguito dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale nei confronti di B.G., in esecuzione del decreto di perquisizione disposto dal P.m. presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Crotone in data 25/05/2010. 2. Avverso la suddetta ordinanza, il B. ha proposto ricorso per Cassazione deducendo i seguenti motivi:

1. Mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, per non avere il Tribunale motivato in modo "congruo e convincente" in ordine:

– alla illegittimità del sequestro perchè conseguente ad un decreto privo di congrua e logica motivazione in ordine agli elementi richiesti dagli artt. 253 e 354 c.p.p., tale non potendosi considerare – essendo di mero stile – la seguente motivazione addotta dal P.m. "stante il pericolo che le cose da ricercare, di pregevole interesse storico-artistico, vadano disperse o vengano occultate o comunque sottratte alle investigazioni in corso";

– alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di ricettazione o altra astratta fattispecie;

– alla distinzione tra monete "di pregevole interesse storico artistico" e monete di "modesto valore o ripetitive" di cui al D.Lgs. n. 42 del 2010 e successive modifiche;

– alle investigazioni difensive ed agli altri elementi proposti dalla difesa;

– alla mancanza dei requisiti di cui all’art. 355 c.p.p. ossia per avere erroneamente ritenuto che non occorreva la convalida da parte del P.M. nelle 48 ore successive alla trasmissione degli atti da parte del Comando Carabinieri.
Motivi della decisione

3. In via preliminare va precisato che, come risulta dal decreto di perquisizione in atti, i Carabinieri hanno proceduto al sequestro, ex art. 252 c.p.p., in quanto conseguente alla perquisizione locale e personale disposta dal P.m. a norma dell’art. 247 c.p.p., ss.

La normativa applicabile, quindi, è quella di cui al combinato disposto degli artt. 253, 257, 324 e 325 c.p.p. e non quella di cui all’art. 311 c.p.p. come erroneamente ritenuto dal ricorrente: il che significa che il ricorso per Cassazione, avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame, può essere proposto solo per violazione di legge e non per carenze, contraddittorietà o illogicità della motivazione.

4. Tanto premesso, in tema di sequestro probatorio tre sono i principi di diritto fissati dalle SS.UU. (sentenza n 5876/2004 rv 226712) e, poi reiteratamente ribaditi da questa Corte (Cass. 23215/2004 Rv 229415 – Cass. 9556/2004 Rv 228389 – Cass. 30328/2004 Rv 229127 – Cass. 25966/2004 Rv 22978 – Cass. 35615/2004 Rv 229721 – Cass. 17289/2006 Rv 234532 – Cass. 17711/2004 Rv 232282):

– "il ricorso per violazione di legge, ai sensi dell’art. 325 c.p.p., comma 1, è ritualmente proponibile per denunciare la mancanza assoluta di motivazione dell’ordinanza di riesame, confermativa del sequestro probatorio di cose qualificate come corpo del reato, in ordine al presupposto della finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti";

– "il decreto di sequestro probatorio di cose qualificate come corpo del reato dev’essere necessariamente sorretto da idonea motivazione, anche in ordine alla concreta sussistenza del presupposto della finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti" ossia dell’assicurazione della prova del reato per cui si procede o della responsabilità dell’autore;

– essendo il potere di iniziativa attribuito al Pubblico Ministero (immediatamente ovvero mediatamente tramite la convalida dell’operazione di sequestro della polizia giudiziaria ex art. 354 e 355 c.p.p.), "non può che spettare allo stesso organo, esclusivo dominus delle indagini preliminari e delle determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale, identificare e allegare le ragioni probatorie che, in funzione dell’accertamento dei fatti storici enunciati, siano idonee a giustificare in concreto l’applicazione della misura.

Di talchè, a fronte dell’omessa individuazione nel decreto di sequestro delle esigenze probatorie e della persistente inerzia del Pubblico Ministero pure nel contraddittorio camerale del riesame, il tribunale non è legittimato a disegnare, di propria iniziativa, il perimetro delle specifiche finalità del sequestro, così integrando il titolo cautelare mediante un’arbitraria opera di supplenza delle scelte discrezionali che, pur doverose da parte dell’organo dell’accusa, siano state da questi radicalmente e illegittimamente pretermesse". 5. Applicando i suddetti principi al caso di specie, il ricorso va ritenuto infondato per le ragioni di seguito indicate. carenza Di motivazione (motivo sub 1): il B. risulta indagato del reato di ricettazione di beni di natura archeologica. Il P.m., ha ordinato il sequestro: "(…) stante il pericolo che le cose da ricercare, di pregevole interesse storico – artistico, vadano disperse o vengano occultate o comunque sottratte alle investigazioni in corso (…)".

Il Tribunale, investito della questione del difetto di motivazione, l’ha disattesa (pag. 4 e 6 ordinanza).

La censura, riproposta in questa sede, va ritenuta manifestamente infondata in quanto, stante la natura dei beni ed il reato contestato, la motivazione, nei termini testuali sopra riportati, deve ritenersi congrua, ovvio essendo che, trattandosi di beni facilmente occultabili, la prova del reato avrebbe potuto essere dispersa con conseguente frustrazione delle indagini in corso.

6. Gravi indizi di colpevolezza (motivi sub 2-3-4): anche la suddetta censura è infondata in quanto, come ha già rilevato il Tribunale sulla base della giurisprudenza di questa Corte di legittimità, è sufficiente l’astratta configurabilità del reato contestato. Su di che il Tribunale (pag. 4-5 ordinanza), ha ampiamente chiarito, alla stregua di precisi riscontri fattuali, che, allo stato degli atti, la suddetta configurabilità sussiste. Pertanto, in sede cautelare, è del tutto ultronea, la questione della distinzione tra monete "di pregevole interesse storico artistico" e monete di "modesto valore o ripetitive" di cui al D.Lgs. n. 42 del 2010 e successive modifiche, controversia che non si addice ad un sequestro eseguito nella fase iniziale delle indagini, dove ancora il materiale è del tutto fluido, atteso che, come correttamente ha rilevato il Tribunale l’esame del materiale sequestrati "richiede conoscenze e competenze tecnico specialistiche acquisibili unicamente a mezzo di una consulenza tecnica d’ufficio, evidentemente non attivabile in questa fase considerata la sommarietà dei poteri cognitivi proprio del giudice del riesame". 7. Violazione dell’art. 355 c.p.p. (motivo sub 5): anche la suddetta censura è infondata laddove si consideri che il sequestro non è stato eseguito autonomamente dalla P.G. (nel qual caso, in effetti, il P.m. avrebbe dovuto provvedere alla convalida ex art. 355 c.p.p.), ma su ordine del P.m., sicchè, come correttamente rilevato dal Tribunale, non occorreva alcuna convalida anche perchè non risulta che i C.C. abbia sequestrato beni diversi da quelli indicati nel decreto (in terminis Cass. 1934/1998 riv 211593 – Cass. 776/2005 riv 233366 – Cass. 43282/2008 riv 241727).

8. In conclusione, l’impugnazione deve rigettarsi con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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