T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 01-02-2011, n. 910 U. S. L. inquadramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 1011132728 ottobre 1986, depositato il successivo 20 novembre, i ricorrenti espongono di essere psicologi coadiutori o collaboratori dipendenti delle UU.SS.LL della Regione Lazio, alle quali sono stati assegnati dopo essere stati assunti in ruolo dal Comune di Roma (del. G.M. 1 aprile 1980 n. 2534). Tutti "prestano servizio presso presidi distrettuali ospedalieri e centri ambulatoriali delle UU.SS.LL di appartenenza, svolgendo attività di psicoprofilassi, psicodiagnosi e psicoterapia nei confronti degli utenti, minori o adulti che siano".

I ricorrenti impugnano la deliberazione della Giunta regionale della Regione Lazio 29 aprile 1986 n. 2443, nella parte in cui non estende nei loro confronti i benefici previsti dall’art. 14, co. 3, l. n. 207/1985. Tale delibera prevede "due categorie di psicologi appartenenti entrambi alle USL’: la prima, quella degli "psicologi tout court, nella quale sono starti inquadrati i ricorrenti; la seconda, quella degli "psicologi degli ospedali psichiatrici e dei servizi di igiene mentale delle province, che sarebbero in tutto e per tutto equiparati al profilo professionale dei medici, con ciò creando evidenti disparità giuridiche ed economiche".

Vengono proposti i seguenti motivi di ricorso:

a) violazione di legge; eccesso di potere per disparità di trattamento; difetto di motivazione; ciò in quanto "la Regione anziché accertare la corrispondenza sostanziale di funzioni e di compiti delle due categorie di psicologi, confluenti nelle USL e nei medesimi servizi, ha preferito privilegiare il solo personale proveniente dalla provincia che già era stato equiparato da precedenti leggi statali ai medici". E ciò nonostante la "reciproca fungibilità nelle posizioni di lavoro (che) attesta che le categorie interessate sono pienamente assimilate sotto il profilo funzionale";

b) violazione art. 14, co. 3 l. n. 207/1985, poichè tale disposizione "va interpretata nel senso che tutti gli psicologipsichiatrici (cioè che effettuano psicodiagnosi e psicoterapia in quanto del tutto assimilabile alle funzioni di psichiatri) hanno diritto all’equiparazione con i medici psichiatrici";

c) violazione artt. 3, 36, 97 Cost.; violazione di legge ed illegittimità costituzionale; poiché, con riferimento al "contenuto sostanziale del lavoro prestato", le situazioni uguali devono essere egualmente considerate, in tal senso interpretando la normativa di riferimento ( DPR n. 761/1979 e l. n. 207/1985). Laddove un’interpretazione coerente con la Costituzione non fosse ravvisabile, le norme stesse contrasterebbero con gli articoli della Costituzione sopra indicati.

Si sono costituiti in giudizio la Regione Lazio, il Comune di Roma e le UU. SS. LL RM 1, RM 12, RM 16, RM 17, RM 18, RM 19, RM 20.

Hanno proposto intervento "ad adiuvandum" (not. in data 79 maggio 1990, dep. il 22 maggio 1990) le dott.sse R.O., M.F. e S.L., nonché (con atto not. il 28 maggio 1990, dep. il 14 giugno 1990) le dott.sse G.S. e C.F..

Con memoria depositata in data 22 ottobre 2010, la USL RM 16 (ora ASL Roma D), ha concluso per il rigetto del ricorso, stante la sua infondatezza.

Ad analoghe conclusioni è pervenuta la Regione Lazio, con memoria depositata il 12 novembre 2010.

All’odierna udienza la causa è stata riservata in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere, pertanto, respinto, in tal modo superandosi ogni necessità di valutazione in ordine alla eventuale intervenuta perenzione dello stesso e, in particolare, in ordine alla sufficienza (onde evitarla) di una istanza di fissazione di udienza sottoscritta dal difensore e da uno solo dei ricorrenti.

Per la stessa ragione, appare superfluo esaminare la ammissibilità (o meno) degli interventi "ad adiuvandum", per i quali la USL RM 16 (ASL Roma D), ha eccepito l’inammidssibilità (v. pagg. 1518 memoria 22 ottobre 2010).

Orbene, i ricorrenti, con tre distinti motivi di ricorso (cui, in subordine, si lega anche una proposta questione di legittimità costituzionale della norma evocata), in buona sostanza lamentano che la Regione Lazio non avrebbe esteso, anche in loro favore, quali psicologi, i benefici concessi dall’art. 14, co. 3, l. n. 207/1985, agli psicologi psichiatrici, e consistenti nell’equiparazione agli psichiatri.

In tal modo, la delibera impugnata fornisce una interpretazione ed una applicazione "restrittive" di detta norma, tali da integrare una sostanziale violazione di legge (non interpretata nel senso conforme a Costituzione), e non tiene conto della omogeneità delle funzioni svolte dagli psicologi e dagli psicologi psichiatrici, risultando dunque l’atto viziato da eccesso di potere (v. motivi sub lett. ac dell’esposizione in fatto).

L’art. 14, co. 3, l. n. 207/1985 prevede che " gli psicologi psichiatrici, equiparati agli psichiatri a norma delle leggi 18 marzo 1968, n. 431, e 21 giugno 1971, n. 515, in quanto svolgenti funzioni psicoterapiche, hanno il trattamento giuridiconormativo di equiparazione anche ai fini dell’inquadramento nei ruoli nominativi regionali".

Come è noto, la giurisprudenza amministrativa ha da tempo chiarito (si vedano, tra le numerose altre, Cons. Stato, sez. V, 29 gennaio 2009 n. 500 e 27 marzo 2000 n. 1764), la natura transitoria dell’art. 14, co. 3, cit., volto a "conservare" l’equiparazione agli psichiatri, già concessa dalle leggi n. 431/1968 e 515/1971 agli psicologi psichiatrici, anche ai fini dell’inquadramento nei ruoli nominativi regionali.

In sostanza, la disposizione in esame individua i presupposti di natura soggettiva ed oggettiva per la sua applicazione, e precisamente:

a) un ben preciso ambito di destinatari (coloro che erano già titolari di equiparazione in base alle leggi dalla norma stessa indicate);

b) il presupposto perché l’equiparazione ulteriore (il "trattamento giuridiconormativo di equiparazione") possa operare, consistente nella già intervenuta equiparazione secondo le leggi precedenti espressamente richiamate.

Alla luce del chiaro dettato normativo, non possono avere alcun rilievo eventuali svolgimenti di funzioni ritenute "omogenee" o "equiparabili", posto che tale presupposto "di fatto" non è affatto considerato dal legislatore, né è comunque ricavabile in via interpretativa dalla norma.

Né i ricorrenti – ai quali è ben chiara la ricostruzione della disciplina delle due categorie di psicologi (v. pagg. 611 ricorso) – affermano di essere in possesso di requisiti per la equiparazione in base alle leggi n. 431/1968 e 515/1971 (per di più alla data di entrata in vigore del DPR n. 761/1979, trattandosi di requisiti da possedere ai fini del primo inquadramento nei ruoli regionali).

Quanto alla proposta (in via subordinata) questione di legittimità costituzionale, il Tribunale (richiamate anche le considerazioni con le quali la Corte Costituzionale, con sentenza 23 luglio 2004 n. 271, ha dichiarato inammissibile analoga questione), ritiene la stessa manifestamente infondata, posto che la norma in esame si limita a conservare, in modo non irragionevole, una equiparazione già in passato riconosciuta da due distinte leggi statali, anche ai fini del primo inquadramento nei ruoli regionali.

Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato, stante l’infondatezza dei motivi proposti.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da D.A. ed altri, come in epigrafe indicati (n. 7770/1986 r.g.), lo rigetta.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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