T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 01-02-2011, n. 906 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comune di Roma – Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica, con l’impugnato atto dell’11 gennaio 2010 ha fatto presente che l’eventuale regolarizzazione delle opere eseguite dalla S. S.V. per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009" è subordinata alla formalizzazione di una apposita domanda corredata da tutta la documentazione necessaria per l’istruttoria tecnicoamministrativa.

Di talché, rilevato che tale atto ha considerato gli interventi realizzati illegittimi perché privi di un titolo abilitativo edilizio, la Società interessata ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione di legge: violazione e falsa applicazione dell’art. 5, co. 2, 4 e 5, l. 225/1992 e ss.mm.ii. Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 bis, co. 5, d.l. 343/2001, convertito nella l. 401/2001. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, co. 1, lett. aa) dell’OPCM 3489/2005 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione degli artt. 118 e 120 Cost. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento di atti, difetto dei presupposti e illogicità della motivazione.

Il Commissario delegato avrebbe avuto il potere di definire gli interventi in deroga alle previsioni urbanistiche vigenti.

L’assunto in base al quale l’operato del Commissario delegato è illegittimo sarebbe destituito di fondamento in quanto la stessa normativa che conferisce al Commissario il potere di deroga indicherebbe tutti gli articoli di riferimento.

A seguito della dichiarazione di "grande evento" dei campionati mondiali di nuoto, si sarebbe determinato, in forza del principio di sussidiarietà, uno spostamento delle ordinarie categorie delle competenze con la conseguente avocazione in capo al Commissario di tutti i compiti che, nel regime ordinario, ricadono nell’ambito dei poteri degli enti a ciò normalmente preposti.

Il limite al potere del Commissario delegato non sarebbe neanche riconducibile all’ulteriore elemento secondo cui sarebbe stata necessaria un’espressa deroga all’art. 13 d.P.R. 380/2001, atteso che la competenza delineata da tale norma è di carattere generale e non può costituire principio sovrano dell’ordinamento invalicabile da parte di un Commissario delegato munito dei poteri di cui all’art. 5, co. 2, l. 225/1992.

L’art. 5, co. 5, l. 225/1992 richiede l’indicazione delle principali norme cui si intende derogare e non già l’indicazione di tutta la normativa a cui si intende derogare in maniera specifica e puntuale, sicché il mancato riferimento all’art. 13 d.P.R. 380/2001 nelle previsioni di cui all’OPCM 3489/2005 non potrebbe costituire un limite alla derogabilità della norma da parte del Commissario delegato.

Il potere commissariale avrebbe avuto precisi limiti nel solo caso in cui vi fosse stata l’esigenza di derogare alle previsioni urbanistiche di piano o di regolamento perché, essendo toccate specifiche prerogative dell’ente locale in merito all’assetto del territorio, sarebbe stata espressamente richiesta, dall’art. 1, co. 2, lett. aa), OPCM n. 3489/2005 e successive modifiche, l’intesa con l’assessore all’urbanistica al Comune di Roma su conforme parere della Giunta comunale, ma, al di fuori, di tale limitazione, dovrebbe fondatamente riconoscersi al Commissario delegato un ampio potere esteso anche al rilascio dell’autorizzazione edilizia.

La fonte del potere di sostituzione sarebbe ravvisabile nell’art. 120, co. 2, Cost.

Violazione di legge: violazione e falsa applicazione dell’art. 5, co. 2, l. 225/1992 e dell’art. 5 bis d.l. 343/2001, conv. in l. 401/2001, nonché dell’OPCM 30 giugno 2009. Eccesso si potere per illogicità, travisamento, carenza di istruttoria, errore nei presupposti e difetto di motivazione.

Il provvedimento impugnato sarebbe altresì illegittimo poiché adottato in violazione dell’OPCM del 30 giugno 2009, la quale ha previsto la possibilità di prescindere dalla intesa con il Comune in quanto la deroga al regime ordinario "non esorbita dai limiti ordinariamente assentibili ai sensi del citato art. 14 del DPR n. 380/2001".

La straordinarietà del grande evento legittimerebbe le disposizioni che conferiscono al Commissario delegato il potere straordinario di derogare alla disciplina generale in tema di rilascio di titoli abilitativi.

L’art. 13 T.U. disciplinerebbe unicamente quale sia l’organo competente al rilascio del permesso di costruire in un regime ordinario, vale a dire in una situazione priva dei caratteri che connoterebbero il caso in esame.

Con il provvedimento di raggiunta intesa del 18 giugno 2008, il Commissario delegato, in deroga alle prescrizioni del P.T.P. ed alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, avrebbe autorizzato i lavori di implementazione dell’impianto sportivo S. S.V.; tale autorizzazione sarebbe stata integrata dal provvedimento del 12 giugno 2009, che avrebbe autorizzato i lavori di ampliamento e potenziamento del centro sportivo della ricorrente derogando espressamente alle disposizioni degli artt. 26, 146 e 147 d.lgs. 42/2004 in ordine al controllo ed alla gestione dei beni soggetti a tutela ed all’art. 14 d.P.R. 380/2001 in ordine al permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici generali, atteso che l’intervento de quo può considerarsi di interesse pubblico.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter, co. 6 bis e 9, l. 241/1990 e ss.mm.ii. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, difetto dei presupposti, ingiustizia manifesta, carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione.

L’effetto sostitutivo che la determinazione assunta dal Commissario delegato ha sul permesso di costruire sarebbe confermata dalla disciplina specifica dell’istituto della conferenza di servizi di cui all’art. 14 ter l. 241/1990.

La determinazione conclusiva della conferenza di servizi confluirebbe, infatti, in un provvedimento finale, conforme ad essa, che sostituisce ogni altra decisione di competenza delle amministrazioni partecipanti.

L’atto impugnato, inoltre, sarebbe carente di motivazione.

Con deliberazione n. 196, adottata nella seduta del 30 giugno 2010, la Giunta Comunale del Comune di Roma ha ribadito l’interesse pubblico degli impianti sportivi di proprietà comunale indicati nella stessa delibera facendo propri i relativi progetti, i cui lavori sono stati autorizzati dal Commissario delegato ai sensi di quanto disposto dall’art. 7 d.P.R. 380/2001.

Di talché, essendo stati esclusi da tale determinazione gli impianti di proprietà privata, sebbene questi fossero stati autorizzati dal Commissario delegato al pari degli impianti di proprietà comunale, la ricorrente ha proposto i seguenti motivi aggiunti:

Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 d.P.R. 380/2001. Violazione e falsa applicazione art. 3 l. 241/1990. Eccesso di potere per erroneità e falsità dei presupposti, disparità di trattamento, illogicità e contraddittorietà.

Il Comune di Roma avrebbe erroneamente interpretato il regime derogatorio previsto dall’ordinamento in merito all’attività edilizia delle pubbliche amministrazioni (art. 7 d.P.R. 380/2001), restringendone l’applicabilità ai soli impianti sportivi di proprietà del Comune ampliati o realizzati per i mondiali di nuoto 2009.

L’art. 14 d.P.R. 380/2001 prevederebbe un potere di deroga alle prescrizioni degli strumenti urbanistici per manufatti sia pubblici, è cioè gestiti da enti pubblici o di proprietà dei medesimi, sia di interesse pubblico, ossia gestiti da titolari indifferentemente pubblici o privati, ma destinati a soddisfare comunque esigenze della collettività.

Sarebbe illogico e contraddittorio che gli impianti sportivi di proprietà privata, destinati anch’essi a soddisfare esigenze della collettività, non possano usufruire della deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici generali o di quella prevista per il rilascio dei titoli abilitativi, alla luce della obiettiva importanza sul piano sociale della attività svolta dagli stessi sia in occasione dei mondiali di nuoto, sia, in generale, per la promozione dello sport nel territorio.

Ogni intervento compreso nel piano delle opere per i mondiali di nuoto 2009 dovrebbe essere considerato d’interesse pubblico in quanto realizzato per un’iniziativa rispondente a tale interesse, a prescindere dalla circostanza che sia posto in essere su strutture di proprietà pubblica o privata.

Il Comune di Roma ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

L’Avvocatura Generale dello Stato si è costituita in giudizio chiedendo, con articolata memoria, l’accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti.

Il C.C.A. si è costituito in giudizio per evidenziare che la propria posizione è completamente diversa da quella della ricorrente.

All’udienza pubblica del 12 gennaio 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. Il Comune di Roma – Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica, con atto dell’11 gennaio 2010, ha comunicato alla Società ricorrente che – poiché l’istanza dalla stessa presentata e pervenuta all’amministrazione in data 19 novembre 2009 non è riconducibile ad una richiesta di permesso di costruire in sanatoria, o comunque di titolo abilitativo previsto per la peculiare fattispecie – l’eventuale regolarizzazione delle opere eseguite o in corso di esecuzione per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009" è subordinata alla formalizzazione di una apposita domanda corredata da tutta la documentazione necessaria per l’istruttoria tecnicoamministrativa.

In proposito, l’amministrazione comunale ha richiamato sia il contenuto del decreto di sequestro preventivo in cui il Giudice per le Indagini Preliminari della Procura presso il Tribunale Ordinario di Roma ha ritenuto che gli interventi realizzati in base al provvedimento di autorizzazione rilasciato dal Commissario delegato sono da considerare "privi di titolo" in quanto realizzati in "mancanza del prescritto permesso di costruire", sia la circostanza che il Tribunale del Riesame ha sostanzialmente condiviso le argomentazioni del G.I.P., convalidando il decreto impugnato e precisando, in merito alla presunta "equipollenza dell’atto finale della procedura autorizzatoria, posta in essere dal Commissario Delegato, ad un valido permesso di costruire", che la competenza per il rilascio del predetto permesso resta, anche nel caso particolare in questione, all’Ente preposto alla gestione del territorio.

L’atto impugnato ha altresì evidenziato che l’Avvocatura Comunale ha ritenuto che gli interventi debbano essere considerati come realizzati in assenza del titolo autorizzativo, distinguendo però le singole fattispecie in funzione del diverso regime giuridico della proprietà e dei diversi rapporti pubblico/privato intercorrenti tra le società realizzatrici ed il Comune di Roma.

2. Il Collegio rileva in primo luogo che tale atto, impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio, ha carattere provvedimentale in quanto è direttamente ed immediatamente lesivo della sfera giuridica della Società ricorrente.

Infatti, a prescindere dalla sua formulazione, il contenuto è chiaro e, sia pure implicitamente, qualifica come abusivi gli interventi edilizi realizzati dalla S. S.V. per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009", informando, proprio in ragione dell’attuale assenza di un titolo abilitativo, che l’eventuale regolarizzazione delle opere è subordinata alla presentazione di una domanda di sanatoria.

Diversamente, non ha portata direttamente lesiva, non avendo carattere provvedimentale ma finalità meramente consultiva, l’atto del 26 gennaio 2010, anch’esso impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio, con cui il Comune di Roma – in esito ad un’istanza dell’11 novembre 2009 con cui la S. S.V. ha chiesto l’espressione del parere favorevole al progetto definitivo "di ampliamento e potenziamento delle strutture private già esistenti" presentato dalla stessa Società – ha fatto presente che, in merito al suddetto progetto, in sede di conferenza di servizi presso il Commissario delegato per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009" è stato espresso parere contrario in quanto incompatibile con i vincoli paesistici e ambientale e non assentito dagli organi competenti, per cui, nulla essendo cambiato sotto il profilo vincolistico, ha confermato allo stato il suddetto parere contrario.

Parimenti inammissibile è la domanda di accertamento dell’equipollenza o della validità a tenere luogo del permesso di costruire del provvedimento di raggiunta intesa del 18 giugno 2008 e del decreto del 30 giugno 2009 emesso dal Commissario delegato per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009".

L’azione di accertamento, infatti, postula la natura di diritto soggettivo della posizione giuridica dedotta in giudizio che, nel caso di specie, ha invece natura di interesse legittimo.

D’altra parte, l’interesse sostanziale dedotto in giudizio dalla ricorrente si concreta proprio nell’accertamento della liceità e della legittimità dell’intervento edilizio realizzato per lo svolgimento dei campionati del mondo di nuoto e tale "bene della vita" potrebbe essere conseguito con l’eventuale accoglimento dell’azione di annullamento dell’atto dell’11 gennaio 2010 che ha qualificato come abusivi gli interventi realizzati.

In definitiva – considerato che, con il provvedimento di raggiunta intesa del 18 giugno 2008, il Commissario delegato per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009", secondo quanto previsto dall’ ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3489 del 29 dicembre 2005 e ss.mm.ii. ed acquisiti i necessari pareri da parte delle amministrazioni competenti, ha autorizzato, in deroga alle prescrizioni del P.T.P. ed alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, i lavori di implementazione dell’impianto sportivo S. S.V. e tenuto conto che, con ordinanza n. 3787 del 30 giugno 2009, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha modificato l’OPCM n. 3489/2005 prevedendo che "si prescinde dall’intesa con l’assessore all’urbanistica e dal parere della Giunta comunale di Roma relativamente agli interventi per i quali la deroga alle previgenti previsioni urbanistiche e al previgente regolamento edilizio è contenuta entro i limiti consentiti dall’articolo 14, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n. 380" – il thema decidendum della controversia è costituito dalla verifica della idoneità o meno del provvedimento di raggiunta intesa del 18 giugno 2008 a fungere da titolo abilitativo, atteso che l’esito di tale verifica è inevitabilmente destinato a riflettersi sul giudizio di legittimità del provvedimento impugnato che, ritenendo assente un idoneo titolo abilitativo, ha qualificato come abusivi gli interventi realizzati.

3. L’azione di annullamento del provvedimento comunale dell’11 gennaio 2010 è infondata e va di conseguenza respinta.

Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 ottobre 2005 ha dichiarato "grande evento" i mondiali di nuoto "Roma 2009" ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 bis, co. 5, d.l. 343/2001, convertito, con modificazioni, dalla l. 401/2001.

L’art. 5 bis, co. 5, d.l. 343/2001 prevede che le disposizioni di cui all’art. 5 l. 225/1992, relative allo stato di emergenza ed al potere di ordinanza, si applicano anche con riferimento alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza.

Pertanto, nella fattispecie in esame, ai sensi dell’art. 5, co. 2 e 5, l. 225/1992, può provvedersi per l’attuazione degli interventi anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, fermo restando che le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate.

Con ordinanza n. 3489 del 29 dicembre 2005 e successive modificazioni, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha disposto che il Commissario delegato per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009" provvede, tra l’altro, ad approvare, nel quadro della pianificazione urbanistica decisa dal Comune di Roma informato l’Assessore all’urbanistica del Comune di Roma, il piano delle opere e degli interventi, pubblici e privati, occorrenti, funzionali allo svolgimento del "grande evento", che costituisce, ove occorra, variante agli strumenti urbanistici, oltre che approvazione del vincolo preordinato all’esproprio ed alla dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità degli interventi previsti. Il Commissario delegato provvede inoltre a definire, nell’ambito del piano delle opere, gli interventi occorrenti per l’adeguata implementazione delle strutture sportive esistenti, di proprietà pubblica o privata, funzionali alla celebrazione del "grande evento", anche in deroga alle vigenti previsioni urbanistiche e al vigente regolamento edilizio d’intesa con l’assessore all’urbanistica del comune di Roma su conforme parere della Giunta comunale; si prescinde dall’intesa con l’assessore all’urbanistica e dal parere della Giunta comunale di Roma relativamente agli interventi per i quali la deroga alle previgenti previsioni urbanistiche e al previgente regolamento edilizio è contenuta entro i limiti consentiti dall’art. 14, co. 3, d.P.R. 380/2001.

L’art. 5 della ordinanza, poi, prevede specificamente che per il compimento delle iniziative previste dall’ordinanza stessa, il commissario delegato, ove ritenuto indispensabile, è autorizzato a derogare, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, delle direttive comunitarie e della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2004, ad una serie di disposizioni normative, tra cui gli artt. 7, co. 1, lett. c), 14, 20, 22, 24 e 25 del d.P.R. 380/2001.

Il provvedimento di raggiunta intesa adottato dal Commissario delegato il 18 giugno 2008 ha disposto che, per quanto attiene la deroga alle previsioni del PTP 15/8 valle del Tevere ed alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti vengono applicate le prerogative del Commissario delegato previste dall’art. 5 dell’OPCM 3489/2005 e che il decreto, conforme alla determinazione conclusiva della conferenza di servizi, secondo quanto stabilito dall’art. 14 ter l. 241/1990, sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso, comunque denominato, di competenza delle amministrazioni ed enti partecipanti ovvero invitati a partecipare alla conferenza, sempre in relazione alla conformità urbanistica delle opere.

Tale provvedimento, inoltre, dà conto nelle premesse che il Comune di Roma, con nota del 15 aprile 2008, ha espresso parere non favorevole all’ampliamento e potenziamento degli impianti esistenti rimandando alle prerogative del Commissario delegato per lo svolgimento dei Mondiali di nuoto di cui all’art. 5 dell’OPCM 3489/2005, confermando i contenuti della memoria di Giunta Comunale del 12.12.2007.

Il Collegio, in primo luogo, rileva su un piano generale che l’art. 5 l. 225/1992, nell’attribuire il potere di ordinanza in deroga alle leggi vigenti, determina un ribaltamento nella gerarchia delle fonti normative presenti nel nostro ordinamento, investendo l’autorità amministrativa del potere di derogare alla norma ordinaria, sia pure nel rispetto dei principi generali.

Ne consegue che l’art. 5 l. 225/1992 deve qualificarsi come norma eccezionale, che necessita di strettissima interpretazione e tale esigenza, se possibile, è ancora più rafforzata nella fattispecie in esame dal fatto che non si versa in una situazione emergenziale, ma si è in presenza di un "grande evento" rientrante nella competenza del Dipartimento della protezione civile, circostanza alla quale le norme di cui all’art. 5 l. 225/1992 si applicano per l’estensione prevista dall’art. 5 bis, co. 5, d.l. 343/2001.

Il potere di deroga della normativa primaria conferito alla autorità amministrativa, pertanto, è ammissibile subordinatamente non solo al carattere eccezionale e temporaneo della situazione, ma anche all’esigenza che i poteri degli organi amministrativi siano ben definiti nel contenuto, nei tempi e nelle modalità di esercizio.

In sostanza, con riferimento al caso di specie, il Collegio ritiene che l’ordinanza con cui il Presidente del Consiglio dei Ministri ha autorizzato il Commissario delegato, ove indispensabile, a derogare ad una pluralità di disposizioni normative non sia suscettibile di estensione alcuna, anche ove dovesse ritenersi in ipotesi ragionevole la prospettazione per la quale, avendo attribuito il potere di derogare ad una serie di norme, è plausibile ritenere che avrebbe potuto prevedere la deroga anche di altre norme connesse e funzionalmente collegate alle prime.

In altri termini, le norme che il Commissario delegato è stato autorizzato a derogare sono solo e soltanto quelle espressamente indicate nell’OPCM n. 3489/2005, non essendo consentito all’interprete – in ragione del carattere di evidente eccezionalità della norma attributiva del potere di ordinanza, che consente ad una fonte di rango inferiore di derogare ad una fonte normativa superiore – alcuna operazione "estensiva", quantunque quest’ultima sia basata su plausibili argomenti ermeneutici.

Il Collegio, in definitiva, ritiene che quando l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri autorizza il Commissario a derogare a norme di legge, l’interpretazione deve essere esclusivamente letterale, limitata cioè alle norme espressamente ed inequivocabilmente indicate, e non può essere di tipo sistematico, volta cioè ad includere, sebbene in ragione di prospettazioni plausibili, anche norme non specificamente richiamate.

Rilevato ancora in linea di principio che l’esercizio dei poteri derogatori di cui all’art. 5 l. 225/1992 necessita in ogni caso di congrua motivazione, da parte del Commissario delegato, con puntuale riferimento alle norme alle quali si intende derogare ed alle ragioni della deroga, non essendo sufficiente un mero richiamo ob relationem alle ordinanze presidenziali che hanno previsto la derogabilità di norme di legge, occorre sottolineare che, come detto, l’OPCM n. 3429/2005 ha autorizzato il Commissario delegato, ove ritenuto indispensabile, a derogare gli artt. 7, co. 1, lett. c), 14, 20, 22, 24 e 25 d.P.R. 380/2001, ma non ha indicato l’art. 13 del Testo unico in materia edilizia, secondo cui il permesso di costruire è rilasciato dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e degli strumenti urbanistici.

Ne consegue che al Commissario delegato non è stato attribuito alcun potere di rilasciare il permesso di costruire per la realizzazione dei singoli interventi edilizi in luogo della competente amministrazione comunale.

Tale inconfutabile dato di fatto e di diritto, per tutte le ragioni esposte e legate alla eccezionalità dei poteri di deroga, non può essere superato da alcuna considerazione opposta, sebbene in astratto plausibile, e, quindi, nemmeno da quella espressa dall’Avvocatura Generale dello Stato per la quale, in tal modo, sarebbe stato illogicamente istituito un organo straordinario con funzioni di pianificazione urbanistica aggiuntivo rispetto a quelli ordinari.

Parimenti, deve essere disattesa la rilevanza, ai fini della decisione della controversia, dell’argomentazione secondo cui, ai sensi dell’art. 5, co. 5, l. 225/1992, le ordinanze di protezione civile devono contenere l’indicazione delle principali norme, e non di tutte le norme, a cui si intende derogare e ciò in quanto, da un lato, tale previsione non avrebbe comunque reso esente l’Autorità amministrativa dall’onere di indicare espressamente la derogabilità di una norma, quale l’art. 13 d.P.R. 380/2001, così significativa sul piano del riparto delle competenze, dall’altro, l’OPCM n. 3489/2005, mentre non ha indicato tale ultima norma, ha espressamente indicato le altre norme derogabili di cui al d.P.R. 380/2001, che di certo non possono qualificarsi come principali rispetto all’art. 13.

Il descritto percorso argomentativo induce anche a non poter condividere l’assunto secondo cui le opere realizzate non potrebbero essere ritenute abusive fino a quando il titolo autorizzatorio rilasciato dal Commissario delegato non sia annullato dal giudice amministrativo.

Infatti, ai sensi dell’art. 21 septies l. 241/1990, aggiunto dall’art. 14 l. 15/2005, il provvedimento amministrativo viziato da difetto assoluto di attribuzione è nullo e, di conseguenza, deve qualificarsi nullo e non meramente annullabile il titolo abilitativo rilasciato dal Commissario delegato in assenza del relativo potere in data 18 giugno 2008, sicché, correttamente, l’amministrazione comunale, con l’atto impugnato, ha sostanzialmente ritenuto lo stesso tamquam non esset.

D’altra parte, come emerge dalla nota del 16 aprile 2010 trasmessa dal Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica del Comune di Roma all’Avvocatura Comunale, l’impianto sportivo de quo, sotto l’aspetto paesaggistico, risulta compreso nell’area soggetta a vincolo paesaggistico, ai sensi dell’art. 136 d.lgs. 42/2004, lett. c) e d), per cui gli interventi di trasformazione in detta area sono subordinati alle prescrizioni dettate dal Piano Territoriale Paesistico n. 15/8 "Valle del Tevere" approvato con deliberazione del Consiglio Regionale n. 25/2006 che sottopone l’area oggetto dell’intervento a tutela paesaggistica; inoltre, sotto l’aspetto idraulico, l’area risulta compresa nel "Piano stralcio delle aree soggette a rischio di esondazione nel tratto del Tevere compreso fra Orte e Castel Giubileo" approvato con DPCM 3 settembre 1998 e, in particolare, l’intervento risulta compreso nella zona A, caratterizzata da costante rischio di esondazione del fiume Tevere, nella quale è vietata qualunque attività di trasformazione dello stato dei luoghi.

In ragione di tale incompatibilità con i vincoli paesistici ed ambientali vigenti sul territorio ed in carenza di assenso da parte degli enti competenti, la Giunta Comunale, nel dicembre 2007 ha espresso parere contrario all’intervento proposto dalla S. S.V., parere contrario reso in sede di Conferenza di Servizi dal rappresentante del Comune di Roma con nota dell’Ufficio Extradipartimentale Progetti Metropolitani del 15 aprile 2008, fatte salve le prerogative del Commissario delegato per lo svolgimento dei campionati del mondo "Roma 2009" di cui all’art. 5 dell’OPCM n. 3489/2005.

Pertanto, oltre alla già richiamata assenza del potere di rilasciare il permesso di costruire ai sensi dell’art. 13 d.P.R. 380/2001, il Commissario delegato non avrebbe comunque avuto il potere di assentire una variazione ai vigenti vincoli paesistici ed idrogeologici, tanto più che l’OPCM n. 3489/2005 come successivamente modificata, per quanto ovvio, fa presente che in ogni caso tutti gli interventi pubblici e privati devono essere conformi agli strumenti urbanistici comunali risultanti dalla variante approvata con il piano delle opere e non possono essere effettuati in deroga alle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza.

Con riferimento alle ultime due censure proposte con il ricorso introduttivo del giudizio, è sufficiente rilevare che:

il richiamo della disciplina dettata dall’art. 14 ter l. 241/1990 in materia di conferenza di servizi si rivela non pertinente in quanto, se è vero che l’amministrazione procedente, all’esito dei lavori della conferenza, adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, e che la determinazione motivata di conclusione del procedimento sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, deve tuttavia rilevarsi che, nel caso di specie, l’amministrazione procedente non avrebbe potuto essere il Commissario delegato in quanto privo della competenza al rilascio del titolo abilitativo;

l’atto impugnato, quantunque criptico, si presenta sufficientemente motivato in ordine alle ragioni di fatto e di diritto a base della sua adozione.

4. L’azione di annullamento proposta con i motivi aggiunti è anch’essa infondata.

Con l’impugnata deliberazione n. 196 del 30 giugno 2010, la Giunta Comunale del Comune di Roma ha ribadito l’interesse pubblico degli impianti sportivi di proprietà comunale indicati nella stessa delibera facendo propri i relativi progetti, i cui lavori sono stati autorizzati dal Commissario delegato ai sensi di quanto disposto dall’art. 7 d.P.R. 380/2001.

L’amministrazione comunale, in particolare, ha fatto presente che gli impianti Roma Team Sport, Sport 2000, Polisportiva Città Futura, Sport Club Roma 70 e C.C.A. – in quanto realizzati su aree di proprietà comunale aventi, all’epoca dell’autorizzazione, destinazione urbanistica pubblica, ovverosia soggetta a vincolo espropriativo, annoverabili tra i beni facenti parte del patrimonio indisponibile del Comune, nonché rispondenti ad interessi di carattere generale (non commerciale, né imprenditoriale né industriale) – possono qualificarsi pubblici sotto il duplice profilo soggettivo ed oggettivo e che la natura pubblica delle suddette opere integra imprescindibilmente i presupposti dell’esenzione del contributo di costruzione ex art. 17 d.P.R. 380/2001.

Il Collegio rileva che in modo senz’altro condivisibile il Comune di Roma non ha qualificato come pubblici gli impianti di proprietà privata; qualificazione che avrebbe tra l’altro comportato l’esenzione dal contributo di costruzione.

Infatti, appare del tutto logico richiedere ai fini della qualificazione in termini di pubblicità dell’impianto e di connessi benefici la sussistenza non solo del requisito oggettivo, ma anche del requisito soggettivo dell’area di proprietà comunale.

Ove si accedesse, invece, alla tesi della ricorrente, si perverrebbe alla paradossale e non accettabile conclusione che dovrebbero essere dichiarati pubblici non solo gli impianti sportivi ma tutti gli esercizi aperti al pubblico e destinati a soddisfare esigenze della collettività, sebbene insistano su suoli di proprietà privata e siano destinati alla realizzazione di un utile d’impresa a beneficio di operatori economici privati.

In sostanza, l’estensione, per il solo fatto di essere destinato a soddisfare esigenze della collettività, della qualifica di impianto pubblico – con i connessi benefici in termini, ad esempio, di esenzione dal contributo di costruzione – a qualunque impianto privato che insiste su suolo privato e gestito a fini di lucro da soggetti privati sarebbe incomprensibile su un piano logico prima ancora che giuridico.

Pertanto, si rivela un assunto indimostrato che, ai fini in discorso, ogni intervento compreso nel piano delle opere per i mondiali di nuoto 2009 sarebbe dovuto essere considerato d’interesse pubblico in quanto realizzato per un’iniziativa rispondente a tale interesse, a prescindere dalla circostanza che sia stato posto in essere su strutture di proprietà pubblica o privata.

5. Le spese seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in Euro 5.000 (cinquemila/00), sono poste a carico della ricorrente ed a favore del Comune di Roma, mentre sono compensate nei confronti degli altri soggetti costituiti in giudizio.
P.Q.M.

così provvede sul ricorso in epigrafe:

respinge l’azione di annullamento dell’atto del Comune di Roma in data 11 gennaio 2010 proposta con il ricorso introduttivo del giudizio;

dichiara inammissibile l’azione di annullamento dell’atto del Comune di Roma in data 26 gennaio 2010 nonché l’azione di accertamento proposte con il ricorso introduttivo del giudizio;

respinge l’azione di annullamento proposta con i motivi aggiunti.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in Euro 5.000 (cinquemila/00), a favore del Comune di Roma; compensa le spese nei confronti degli altri soggetti costituiti in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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