Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 17-12-2010) 04-02-2011, n. 4390

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.-. Con sentenza in data 7-1-08 il Tribunale di Ravenna ha condannato R.G. e R.C., previa concessione solo a quest’ultimo delle attenuanti generiche, alla pena di anni due e mesi sei di reclusione il primo e di anni uno e mesi sei di reclusione il secondo per i reati di cui agli artt. 110, 323 e 479 c.p. loro rispettivamente ascritti ai capi A), B), C), D), G) ed H), nonchè per il reato di cui all’art. 485 c.p., così diversamente qualificati i fatti relativi alla presentazione della variante non essenziale ed alla denuncia di inizio attività indicati sub E), unificati dal vincolo della continuazione. Con la medesima sentenza R.G. è stato altresì condannato alla pena di anni due di reclusione e R.C., con le attenuanti generiche, alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione per i reati di tentata concussione in concorso di cui al capo F), applicando le pene accessorie come da dispositivo e dichiarando interamente condonata la pena principale inflitta a R.C. e condonata nei limiti di anni tre di reclusione quella inflitta a R.G.. Gli imputati sono stati altresì condannati al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede, nonchè al versamento di provvisionali come da dispositivo.

Con la sentenza indicata in epigrafe, resa in data 22-3-2010, la Corte di Appello di Bologna ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di R.G. e R.C. in ordine ai reati di cui ai capi A), B), C), D), E) ed F), qualificata la condotta ai sensi degli artt. 81 cpv., 110 e 323 c.p., per essere i medesimi estinti per intervenuta prescrizione; ha rideterminato la pena relativa al residui capo H) nella misura di anni uno e mesi sei di reclusione quanto a R.G. e di mesi dieci di reclusione quanto a R.C., concedendo a entrambi i benefici di legge e confermando nel resto, con obbligo di rifusione delle spese sostenute dalle parti civili, liquidate come da dispositivo.

2.-. Avverso la suindicata sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, tramite il loro difensore, R.G. e R.C., chiedendone l’annullamento.

Con il primo motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione in riferimento ai reati di abuso di ufficio rubricati ai capi A), C), D), G) H). In particolare: l’entità dello "sconfinamento dei frontisti" sarebbe stata estrapolata dalla Corte di Appello unicamente dalla deposizione testimoniale resa in primo grado dal Geom. F., che in realtà, non avendo ricevuto alcuno specifico incarico in tal senso, non sarebbe stato in grado di esprimere valutazioni in proposito; la documentazione prodotta avrebbe dimostrato che le modifiche esecutive apportate dai lottizzatori al piano particolareggiato non avrebbero celato alcunchè di abusivo, ma sarebbero state realizzate per l’impossibilità tecnica di portare a compimento il piano così come era stato originariamente previsto; sarebbero stati trascurati una serie di elementi dai quali sarebbe risultato che non era necessaria alcuna variante per operare una diversa distribuzione dei parcheggi;

non sarebbe emerso alcun vantaggio patrimoniale a favore degli imputati, in quanto la traslazione dei parcheggi non avrebbe determinato alcuna violazione della superficie complessivamente destinata a verde pubblico all’interno del comparto. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento agli abusi di ufficio di cui ai capi A), C) e D), in quanto le condotte in tali capi enucleati sarebbero in realtà prive di evento, trattandosi di attività meramente prodromiche al rilascio delle concessioni in questione. Con il terzo motivo si lamenta la erronea applicazione degli artt. 598 e 522 c.p.p. con violazione del principio di correlazione tra imputazione contestata e reato ritenuto in sentenza in riferimento alla affermazione di responsabilità per il capo F), previa derubricazione della tentata concussione originariamente contestata in abuso di ufficio ex art. 323 c.p..

Con il quarto motivo si eccepisce la violazione dell’art. 133 c.p., stante la eccessività della pena inflitta a entrambi gli imputati.

Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 62 bis c.p. e il vizio di motivazione sul punto per la mancata concessione a R.G. delle attenuanti generiche.

Con l’ultimo motivo di ricorso si replicano le medesime censure in riferimento ai delitti di falso di cui ai capi A), B), C), D), E) e G).

3.-. Per quanto attiene alle imputazioni diverse da quella rubricata sub H), deve ricordarsi che in presenza della causa estintiva della prescrizione del reato, l’obbligo del giudice di immediata declaratoria ex art. 129 c.p.p. postula che gli elementi idonei ad escludere l’esistenza del fatto, la rilevanza penale di esso e la non commissione del medesimo da parte dell’imputato emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, sicchè la valutazione che deve essere compiuta appartiene più al concetto di constatazione che a quello di apprezzamento. Consegue, pertanto, che nel giudizio di cassazione, qualora la motivazione del giudizio di merito dia contezza delle ragioni poste a fondamento dell’effettuato giudizio di responsabilità dell’imputato, non può nel contempo emergere dagli atti, con la necessaria evidenza, una causa assolutoria nel merito (Sez. 6, Sentenza n. 48524 del 03/11/2003, Rv. 228503; Sez. 6, Sentenza n. 48527 del 18/11/2003, Rv. 228505). A parte il fatto che è inammissibile il ricorso in cassazione proposto contro la sentenza che abbia dichiarato estinto il reato per prescrizione soltanto per difetto di motivazione, in quanto l’inevitabile declaratoria di estinzione del reato anche da parte del giudice di rinvio preclude che la sentenza impugnata possa essere annullata con rinvio (per tutte v.: Sez. 3, Sentenza n. 24327 del 04/05/2004, Rv. 228973). Con il ricorso in esame si articolano sostanzialmente motivi incentrati sul vizio di motivazione e non si fa riferimento effettivo alle ipotesi di cui all’art. 129 c.p.p.. A parte il fatto che nel caso in esame i Giudici di Appello hanno analiticamente esaminato tutte le odierne deduzioni difensive, fornendo ad esse congrua risposta, con ciò rendendo inapplicabile l’art. 129 c.p.p.. In particolare, dal puntuale resoconto dei fatti contenuto in sentenza è risultato che R.G., dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di (OMISSIS), aveva redatto e approvato progetti a firma del fratello C. e aveva costruito su un vasto appezzamento di terreno di proprietà familiare in difformità del progetto approvato. In buona sostanza R.G. aveva trasformato il suo ufficio in un centro di affari privati, abusando sistematicamente delle sue funzioni onde favorire gli interessi di famiglia. Inoltre è risultato che lo sconfinamento dei frontisti aveva interessato una striscia di terreno insignificante, sicchè la manipolazione del progetto originaria non è stata necessitata da detto sconfinamento.

Quanto alle censure incentrate sulle inesistenti violazioni di leggi e regolamenti, esse appaiono superate a fronte del fatto che è stato dimostrato che R.G. ha agito in sistematico conflitto di interessi col proprio ufficio, esaminando ed approvando progetti che recavano la firma del fratello, così violando palesemente il suo obbligo di astensione. Anche in riferimento agli episodi di falso la sentenza impugnata fornisce motivazione puntuale, esaminandoli distintamente nonostante la intervenuta prescrizione.

Del tutto inconferenti sono poi i rilevi formulati sul danno e sulla misura della provvisionale, che deve comunque imputarsi a sconto del risarcimento da determinarsi in separata sede e che non è in ogni caso censurabile in sede di legittimità.

Quanto al capo H) deve però rilevarsi che si tratta di reato commesso fino al (OMISSIS) e conseguentemente estinto per prescrizione alla data del 15-4-2010 (v. in tal senso attestazione in atti della Corte di Appello, redatta in data 22-3-2010). A fronte di un ricorso che non prospetta censure palesemente infondate o comunque inammissibili, si impone, pertanto, declaratoria di improcedibilità per tale causa in riferimento a tale imputazione.

4.-. Per le considerazioni sopra svolte si impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata relativamente al capo H) per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione e il rigetto nel resto dei ricorsi, con condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese in favore delle parti civili, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Annulla relativamente al reato di cui al capo H) la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione. Rigetta nel resto i ricorsi. Condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese, che liquida nella somma di Euro 2.813,62 oltre accessori, in favore delle parti civili.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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