T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 01-02-2011, n. 904 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comune di Roma – Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica, con l’impugnato atto dell’11 gennaio 2010 ha fatto presente che l’eventuale regolarizzazione delle opere eseguite dalla ricorrente per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009" è subordinata alla formalizzazione di una apposita domanda corredata da tutta la documentazione necessaria per l’istruttoria tecnicoamministrativa.

Di talché, rilevato che tale atto ha ritenuto che gli interventi realizzati sarebbero privi di titolo per l’assenza del permesso di costruire, la Casa Generalizia dell’Istituto dei Fratelli del Sacro Cuore ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione di legge: violazione e falsa applicazione dell’art. 5 l. 225/1992 e ss.mm.ii. Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 bis, co. 5, d.l. 343/2001, convertito nella l. 401/2001. Violazione e falsa applicazione dell’OPCM 3489/2005 e ss.mm.ii. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti. Travisamento ed erronea valutazione dei fatti e degli atti. Carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione. Difetto dei presupposti.

La Casa Generalizia avrebbe costruito le opere unicamente in base al provvedimento di autorizzazione del Commissario delegato rilasciato in data 27 giugno 2008 in virtù dell’ O.P.C.M. n. 3489/2005 come successivamente modificata.

Il Comune di Roma, direttamente coinvolto nel procedimento istruttorio, sarebbe stato debitamente informato sull’inizio e sulla fine dei lavori, ricevendo copia del progetto approvato, del provvedimento di autorizzazione del Commissario delegato ed avrebbe seguito costantemente l’esecuzione dei lavori, per cui il contenuto dell’atto sarebbe contraddittorio con il comportamento di inerzia del Comune di Roma che non ha mai ritenuto di dovere intervenire in corso di costruzione per "bloccare" le opere.

Nel nostro ordinamento, rilevato che la materia dell’assetto del territorio ha carattere concorrente, sarebbe riconosciuta alla Stato la facoltà di esercitare le relative funzioni amministrative per interventi di preminente interesse nazionale, così come il titolo abilitativo edificatorio potrebbe essere rilasciato in via sostitutiva dalle Regioni in caso di inerzia del Comune.

La competenza stabilita dall’art. 13 d.P.R. 380/2001 sarebbe di carattere generale e non potrebbe costituire principio sovrano dell’ordinamento, invalicabile da parte del Commissario delegato munito dei poteri di cui all’art. 5, co. 2, l. 225/1992 e ciò anche in mancanza di espressa previsione di deroga a tale articolo nella ordinanza con cui vengono conferiti i poteri al Commissario.

Sussisterebbero plurimi elementi testuali dai quali sarebbe consentito desumere l’estensione della delega anche al potere di emettere titoli di abilitazione edilizia e, d’altra parte, una interpretazione che escludesse la competenza del Commissario delegato in materia finirebbe con obliare la ratio sottesa alla normativa che regola la gestione del "grande evento".

Il richiamo dell’ordinanza presidenziale all’art. 7 d.P.R. 380/2001 non potrebbe avere altro senso che quello di ampliare la casistica di generale esenzione dall’applicazione del Testo Unico sul rilascio dei titoli abilitativi, estendendolo anche agli interventi definiti dal piano del Commissario delegato; anche la possibilità di deroga all’art. 14 d.P.R. 380/2001, che disciplina il permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici generali, confermerebbe che il potere di autorizzare l’esecuzione delle opere sia stato compreso nei compiti del Commissario.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter, co. 9, l. 241/1990. Eccesso di potere per difetto d’istruttoria, travisamento dei fatti, difetto dei presupposti, ingiustizia manifesta, carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione.

Il progetto presentato dalla Casa Generalizia avrebbe ricevuto il parere favorevole di tutte le amministrazioni coinvolte, compreso il Comune di Roma, e, sulla scorta di tali pareri, sarebbe stata assunta la determinazione conclusiva, sicché la contraria statuizione adottata dal Comune con l’atto impugnato si rivelerebbe illogica e contraddittoria ove presupponesse il proprio postumo dissenso relativo agli impianti di proprietà della ricorrente.

D’altra parte, per espressa previsione normativa, la determinazione conclusiva della Conferenza dei servizi confluirebbe in un provvedimento finale, conforme ad essa, il quale sostituisce ogni altra decisione di competenza delle amministrazioni partecipanti.

Illegittimità del provvedimento. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti. Carenza e contraddittorietà della motivazione. Illogicità manifesta. Violazione del procedimento.

Il provvedimento di autorizzazione potrebbe semmai essere viziato da incompetenza relativa, ma non è mai stato invalidato, né in via di autotutela né in via giudiziaria, sebbene l’amministrazione comunale abbia avuto conoscenza dello stesso.

Il Comune avrebbe dovuto allegare gli atti cui rinvia o, quantomeno, indicarne con precisione gli estremi, come stabilito dall’art. 3 l. 241/1990.

Il Comune di Roma ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

L’Avvocatura Generale dello Stato, con articolata memoria, ha concluso per il rigetto del gravame.

All’udienza pubblica del 12 gennaio 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. Il Comune di Roma – Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica, con atto dell’11 gennaio 2010, ha comunicato che – poiché l’istanza inoltrata dall’Associazione Sportiva non è riconducibile ad una richiesta di permesso di costruire in sanatoria, o comunque di titolo abilitativo previsto per la peculiare fattispecie – l’eventuale regolarizzazione delle opere eseguite o in corso di esecuzione per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009" è subordinata alla formalizzazione di una apposita domanda corredata da tutta la documentazione necessaria per l’istruttoria tecnicoamministrativa.

In proposito, l’amministrazione comunale ha richiamato sia il contenuto del decreto di sequestro preventivo in cui il Giudice per le Indagini Preliminari della Procura presso il Tribunale Ordinario di Roma ha ritenuto che gli interventi realizzati in base al provvedimento di autorizzazione rilasciato dal Commissario delegato sono da considerare "privi di titolo" in quanto realizzati in "mancanza del prescritto permesso di costruire", sia la circostanza che il Tribunale del Riesame ha sostanzialmente condiviso le argomentazioni del G.I.P., convalidando il decreto impugnato e precisando, in merito alla presunta "equipollenza dell’atto finale della procedura autorizzatoria, posta in essere dal Commissario Delegato, ad un valido permesso di costruire", che la competenza per il rilascio del predetto permesso resta, anche nel caso particolare in questione, all’Ente preposto alla gestione del territorio.

L’atto impugnato ha altresì evidenziato che l’Avvocatura Comunale ha ritenuto che gli interventi debbano essere considerati come realizzati in assenza del titolo autorizzativo, distinguendo però le singole fattispecie in funzione del diverso regime giuridico della proprietà e dei diversi rapporti pubblico/privato intercorrenti tra le società realizzatrici ed il Comune di Roma.

2. Il Collegio rileva in primo luogo che tale atto ha carattere provvedimentale in quanto è direttamente ed immediatamente lesivo della sfera giuridica della ricorrente.

Infatti, a prescindere dalla sua formulazione, il contenuto è chiaro e, sia pure implicitamente, qualifica come abusivi gli interventi edilizi realizzati dalla Casa Generalizia dell’Istituto dei Fratelli del Sacro Cuore per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009", informando, proprio in ragione dell’attuale assenza di un titolo abilitativo, che l’eventuale regolarizzazione delle opere è subordinata alla presentazione di una domanda di sanatoria.

Diversamente, è inammissibile la domanda di accertamento della validità o della equipollenza al permesso di costruire, di cui all’art. 14 d.P.R. 380/2001, del titolo autorizzatorio rilasciato dal Commissario delegato per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009".

L’azione di accertamento, infatti, postula la natura di diritto soggettivo della posizione giuridica dedotta in giudizio che, nel caso di specie, ha invece natura di interesse legittimo.

D’altra parte, l’interesse sostanziale dedotto in giudizio dalla ricorrente si concreta proprio nell’accertamento della liceità e della legittimità dell’intervento edilizio realizzato per lo svolgimento dei campionati del mondo di nuoto e tale "bene della vita" potrebbe essere conseguito con l’eventuale accoglimento dell’azione di annullamento dell’atto dell’11 gennaio 2010 che ha qualificato come abusivi gli interventi realizzati.

In definitiva – considerato che, con il provvedimento del 27 giugno 2008, il Commissario delegato per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009", secondo quanto previsto dall’ ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3489 del 29 dicembre 2005 e ss.mm.ii. ed acquisiti i necessari pareri da parte delle amministrazioni competenti, ha autorizzato i lavori di implementazione della Casa Generalizia dell’Istituto dei Fratelli del Sacro Cuore, Cristo Re – il thema decidendum della controversia è costituito dalla verifica della idoneità o meno di tale provvedimento di autorizzazione a fungere da titolo abilitativo, atteso che l’esito di tale verifica è inevitabilmente destinato a riflettersi sul giudizio di legittimità del provvedimento impugnato che, ritenendo assente un idoneo titolo abilitativo, ha qualificato come abusivi gli interventi realizzati.

3. L’azione di annullamento del provvedimento comunale dell’11 gennaio 2010 è infondata e va di conseguenza respinta.

Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 ottobre 2005 ha dichiarato "grande evento" i mondiali di nuoto "Roma 2009" ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 bis, co. 5, d.l. 343/2001, convertito, con modificazioni, dalla l. 401/2001.

L’art. 5 bis, co. 5, d.l. 343/2001 prevede che le disposizioni di cui all’art. 5 l. 225/1992, relative allo stato di emergenza ed al potere di ordinanza, si applicano anche con riferimento alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza.

Pertanto, nella fattispecie in esame, ai sensi dell’art. 5, co. 2 e 5, l. 225/1992, può provvedersi per l’attuazione degli interventi anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, fermo restando che le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate.

Con ordinanza n. 3489 del 29 dicembre 2005 e successive modificazioni, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha disposto che il Commissario delegato per lo svolgimento dei mondiali di nuoto "Roma 2009" provvede, tra l’altro, ad approvare, nel quadro della pianificazione urbanistica decisa dal Comune di Roma informato l’Assessore all’urbanistica del Comune di Roma, il piano delle opere e degli interventi, pubblici e privati, occorrenti, funzionali allo svolgimento del "grande evento", che costituisce, ove occorra, variante agli strumenti urbanistici, oltre che approvazione del vincolo preordinato all’esproprio ed alla dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità degli interventi previsti. Il Commissario delegato provvede inoltre a definire, nell’ambito del piano delle opere, gli interventi occorrenti per l’adeguata implementazione delle strutture sportive esistenti, di proprietà pubblica o privata, funzionali alla celebrazione del "grande evento", anche in deroga alle vigenti previsioni urbanistiche e al vigente regolamento edilizio d’intesa con l’assessore all’urbanistica del comune di Roma su conforme parere della Giunta comunale; si prescinde dall’intesa con l’assessore all’urbanistica e dal parere della Giunta comunale di Roma relativamente agli interventi per i quali la deroga alle previgenti previsioni urbanistiche e al previgente regolamento edilizio è contenuta entro i limiti consentiti dall’art. 14, co. 3, d.P.R. 380/2001.

L’art. 5 dell’ordinanza, poi, prevede specificamente che per il compimento delle iniziative previste dall’ordinanza stessa, il commissario delegato, ove ritenuto indispensabile, è autorizzato a derogare, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, delle direttive comunitarie e della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2004, ad una serie di disposizioni normative, tra cui gli artt. 7, co. 1, lett. c), 14, 20, 22, 24 e 25 del d.P.R. 380/2001.

Il provvedimento di autorizzazione adottato dal Commissario delegato il 27 giugno 2008 dà conto che il Comune di Roma, con nota del 22 maggio 2008, ha espresso parere favorevole all’intervento proposto limitatamente all’adeguamento del solo impianto natatorio e servizi connessi.

Il Collegio, in primo luogo, rileva su un piano generale che l’art. 5 l. 225/1992, nell’attribuire il potere di ordinanza in deroga alle leggi vigenti, determina un ribaltamento nella gerarchia delle fonti normative presenti nel nostro ordinamento, investendo l’autorità amministrativa del potere di derogare alla norma ordinaria, sia pure nel rispetto dei principi generali.

Ne consegue che l’art. 5 l. 225/1992 deve qualificarsi come norma eccezionale, che necessita di strettissima interpretazione e tale esigenza, se possibile, è ancora più rafforzata nella fattispecie in esame dal fatto che non si versa in una situazione emergenziale, ma si è in presenza di un "grande evento" rientrante nella competenza del Dipartimento della protezione civile, circostanza alla quale le norme di cui all’art. 5 l. 225/1992 si applicano per l’estensione prevista dall’art. 5 bis, co. 5, d.l. 343/2001.

Il potere di deroga della normativa primaria conferito alla autorità amministrativa, pertanto, è ammissibile subordinatamente non solo al carattere eccezionale e temporaneo della situazione, ma anche all’esigenza che i poteri degli organi amministrativi siano ben definiti nel contenuto, nei tempi e nelle modalità di esercizio.

In sostanza, con riferimento al caso di specie, il Collegio ritiene che l’ordinanza con cui il Presidente del Consiglio dei Ministri ha autorizzato il Commissario delegato, ove indispensabile, a derogare ad una pluralità di disposizioni normative non sia suscettibile di estensione alcuna, anche ove dovesse ritenersi in ipotesi ragionevole la prospettazione per la quale, avendo attribuito il potere di derogare ad una serie di norme, è plausibile ritenere che avrebbe potuto prevedere la deroga anche di altre norme connesse e funzionalmente collegate alle prime.

In altri termini, le norme che il Commissario delegato è stato autorizzato a derogare sono solo e soltanto quelle espressamente indicate nell’OPCM n. 3489/2005, non essendo consentito all’interprete – in ragione del carattere di evidente eccezionalità della norma attributiva del potere di ordinanza, che consente ad una fonte di rango inferiore di derogare ad una fonte normativa superiore – alcuna operazione "estensiva", quantunque quest’ultima sia basata su plausibili argomenti ermeneutici.

Il Collegio, in definitiva, ritiene che quando l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri autorizza il Commissario a derogare a norme di legge, l’interpretazione deve essere esclusivamente letterale, limitata cioè alle norme espressamente ed inequivocabilmente indicate, e non può essere di tipo sistematico, volta cioè ad includere, sebbene in ragione di prospettazioni plausibili, anche norme non specificamente richiamate.

Rilevato ancora in linea di principio che l’esercizio dei poteri derogatori di cui all’art. 5 l. 225/1992 necessita in ogni caso di congrua motivazione, da parte del Commissario delegato, con puntuale riferimento alle norme alle quali si intende derogare ed alle ragioni della deroga, non essendo sufficiente un mero richiamo ob relationem alle ordinanze presidenziali che hanno previsto la derogabilità di norme di legge, occorre sottolineare che, come detto, l’OPCM n. 3429/2005 ha autorizzato il Commissario delegato, ove ritenuto indispensabile, a derogare gli artt. 7, co. 1, lett. c), 14, 20, 22, 24 e 25 d.P.R. 380/2001, ma non ha indicato l’art. 13 del Testo unico in materia edilizia, secondo cui il permesso di costruire è rilasciato dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e degli strumenti urbanistici.

Ne consegue che al Commissario delegato non è stato attribuito alcun potere di rilasciare il permesso di costruire per la realizzazione dei singoli interventi edilizi in luogo della competente amministrazione comunale.

Tale inconfutabile dato di fatto e di diritto, per tutte le ragioni esposte e legate alla eccezionalità dei poteri di deroga, non può essere superato da alcuna considerazione opposta, sebbene in astratto plausibile, e, quindi, nemmeno da quella espressa dall’Avvocatura Generale dello Stato per la quale, in tal modo, sarebbe stato illogicamente istituito un organo straordinario con funzioni di pianificazione urbanistica aggiuntivo rispetto a quelli ordinari.

Parimenti, non è rilevante, ai fini della decisione della controversia, l’argomentazione secondo cui, ai sensi dell’art. 5, co. 5, l. 225/1992, le ordinanze di protezione civile devono contenere l’indicazione delle principali norme, e non di tutte le norme, a cui si intende derogare e ciò in quanto, da un lato, tale previsione non avrebbe comunque reso esente l’Autorità amministrativa dall’onere di indicare espressamente la derogabilità di una norma, quale l’art. 13 d.P.R. 380/2001, così significativa sul piano del riparto delle competenze, dall’altro, l’OPCM n. 3489/2005, mentre non ha indicato tale ultima norma, ha espressamente indicato le altre norme derogabili di cui al d.P.R. 380/2001, che di certo non possono qualificarsi come principali rispetto all’art. 13.

Il descritto percorso argomentativo induce anche a non poter sostenere che le opere realizzate non potrebbero essere ritenute abusive fino a quando il titolo autorizzatorio rilasciato dal Commissario delegato non sia annullato dal giudice amministrativo.

Infatti, ai sensi dell’art. 21 septies l. 241/1990, aggiunto dall’art. 14 l. 15/2005, il provvedimento amministrativo viziato da difetto assoluto di attribuzione è nullo e, di conseguenza, deve qualificarsi nullo e non meramente annullabile il titolo abilitativo rilasciato dal Commissario delegato in assenza del relativo potere in data 27 giugno 2008, sicché, correttamente, l’amministrazione comunale, con l’atto impugnato, ha sostanzialmente ritenuto lo stesso tamquam non esset.

Né la determinazione dell’amministrazione comunale può ritenersi viziata per avere la stessa espresso nel procedimento parere favorevole all’intervento, limitatamente all’adeguamento del solo impianto natatorio e servizi connessi, atteso che l’atto impugnato non pone in discussione la compatibilità urbanistica dei lavori di ampliamento dell’impianto ma la competenza al rilascio del titolo abilitativo edilizio e la circostanza che l’amministrazione comunale non sia intervenuta in itinere per adottare atti volti a "bloccare" l’esecuzione delle opere non impedisce che, sebbene successivamente, possa ritenere gli interventi realizzati in assenza del permesso di costruire.

Con riferimento alle ulteriori censure proposte, è sufficiente rilevare che:

il richiamo della disciplina dettata dall’art. 14 ter l. 241/1990 in materia di conferenza di servizi si rivela non pertinente in quanto, se è vero che l’amministrazione procedente, all’esito dei lavori della conferenza, adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento e che la stessa sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, deve tuttavia rilevarsi che, nel caso di specie, l’amministrazione procedente non avrebbe potuto essere il Commissario delegato in quanto privo della competenza al rilascio del titolo abilitativo;

l’atto impugnato, quantunque criptico, si presenta sufficientemente motivato in ordine alle ragioni di fatto e di diritto a base della sua adozione.

4. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in Euro 2.500 (duemilacinquecento/00), sono poste a carico della ricorrente ed a favore del Comune di Roma, mentre sono compensate con riferimento alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
P.Q.M.

respinge l’azione di annullamento e dichiara inammissibile l’azione di accertamento proposte con il ricorso in epigrafe.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in Euro 2.500 (duemilacinquecento/00), in favore del Comune di Roma, mentre compensa le spese con riferimento alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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