Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-03-2011, n. 5742 Opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

a.- A seguito di ricorso di T.C. che aveva sostenuto di avere redatto su incarico del Comune di Olbia il progetto di ristrutturazione del mercato civico e di non aver ricevuto il corrispettivo per l’opera professionale da lui svolta, il Presidente del Tribunale di Tempio Pausania con decreto in data 12 giugno 1990 ingiungeva all’indicato Comune di Olbia di pagare al ricorrente la somma di L. 183.492.058 oltre interessi e spese. a.1.= Contro tale decreto proponeva opposizione il Comune di Olbia con atto di citazione notificato il 12 luglio 1990, eccependo preliminarmente l’improponibilità della domanda in base al rilievo che nel documento allegato alla Delib. Giunta Municipale 11 novembre 1988, n. 281 avente per oggetto "schema di convenzione contenente le norme e le condizioni per il conferimento al libero professionista ing. T.C. dell’incarico per la progettazione e direzione lavori del Mercato civico" era contenuta una clausola compromissoria che devolveva al giudizio arbitrale la risoluzione delle controversie che fossero derivate dall’applicazione della detta convenzione. Si costituiva T.C. e chiedeva il rigetto dell’opposizione.

Il Tribunale di Tempio Pausania con sentenza dichiarava inammissibile la proposta opposizione e condannava l’opponente alla rifusione delle spese processuali. b) Contro tale sentenza proponeva appello il Comune di Olbia sulla base di quattro motivi. L’appellato restava contumace. La Corte di Appello di Cagliari sezione distaccata di Sassari, con sentenza n. 286/04, in totale riforma della sentenza di primo grado dichiarava la improponibilità della domanda proposta da T.C. nei confronti del Comune di Olbia, revocava il decreto ingiuntivo n. 222/90. Osservava la Corte territoriale: a) che l’atto di citazione in opposizione era stato notificato entro il termine di venti giorni previsto dall’art. 641 comma 1; b) era stata data dimostrazione dell’esistenza dell’autorizzazione con la quale la Giunta Municipale di Olbia aveva autorizzato il Sindaco a resistere nel giudizio; c) stante l’esistenza di una clausola compromissoria doveva dichiararsi l’improponibilità della domanda proposta a suo tempo dall’ing. T.. c) Per la cassazione di tale sentenza ricorre T.C. per quattro motivi consegnati all’atto di ricorso notificato il 24 giugno 2005. Resiste il Comune di Olbia con controricorso notificato il 14 settembre 2005.
Motivi della decisione

1.= Con il primo motivo, T.C. lamenta – come da rubrica – Violazione dell’art. 330 c.p.c.. In relazione agli artt. 156 e 160 c.p.c. ( art. 360 c.p.c., n. 3). La notifica dell’atto di appello – ritiene il ricorrente – è nulla perchè – come risulta dalla relativa dell’ufficiale giudiziario – l’atto di appello è stato notificato nel domicilio eletto in Olbia Corso Umberto n. 135 presso e nello studio dell’avv. Roberto Stabile consegnandone copia in proprie mani, domicilio mai eletto; giacchè la sentenza di primo grado come risulta dal preambolo dello stesso atto di appello – non è stata mai notificata. Per altro l’atto è stato ricevuto, evidenzia il ricorrente, dalla parte personalmente, come risulta dalla relata di notifica dove si legge "a mani proprie". 1.1.= La censura è infondata e non può essere accolta. La notifica dell’atto di appello non presenta alcun vizio che possa comportare la nullità dell’atto (notifica). Essa è avvenuta alla parte presso il procuratore costituito, così come è previsto in una delle ipotesi di cui all’art. 330 c.p.c..

1.2.= Va osservato: a) L"impugnazione non preceduta dalla notificazione della sentenza impugnata e successiva all’anno dalla pubblicazione di questa, ma ancora ammessa per effetto della sospensione del termine di cui all’art. 327 durante il periodo feriale, va notificata non alla parte personalmente, bensì, indifferentemente, a scelta del notificante, o presso il procuratore della medesima costituito nel giudizio "a quo" o nel domicilio eletto ovvero nella residenza dichiarata per quel giudizio, dovendo ritenersi equiparate, ai sensi dell’ultima parte dell’art. 330 cod. proc. civ., comma 1 sia l’ipotesi della mancata notificazione della sentenza impugnata, sia quella relativa alla mancata dichiarazione di residenza o elezione di domicilio (Cass. Sez. un. 12593/1993).

1.2.1.= b) L’errore sulle generalità del destinatario contenuto nell’atto di citazione in appello e nella notifica di esso può comportare la nullità di entrambi gli atti solo nel caso in cui l’errore stesso sia tale da determinare, in concreto, un’incertezza assoluta sulla persona cui la notificazione è diretta, mentre non sussiste alcuna ipotesi di nullità nel caso in cui l’incertezza sul destinatario degli atti non sia assoluta, in quanto questi è chiaramente individuabile dal contenuto degli atti, poichè la riconoscibilità dell’errore esclude la configurabilità della nullità. 2.= Con il secondo motivo T.C. lamenta – come da rubrica – Violazione e falsa applicazione degli artt. 75 e 182 c.p.c., in relazione dell’art. 641 c.p.c. ( art. 360 c.p.c., n. 3). Avrebbe errato la Corte di Appello di Cagliari sezione staccata di Sassari, secondo il ricorrente, per aver attribuito un’efficace sanante ex tunc alla deliberazione della Giunta Municipale, prodotta solo in sede di Appello, non tenendo conto della circostanza che il Tribunale avesse già rilevato il difetto di autorizzazione e avesse già dichiarato l’inammissibilità della stessa opposizione.

2.1.= Il motivo è infondato, per quanto la Corte territoriale ha dato atto che sia pure in fase di appello è stata depositata l’autorizzazione de qua assunta dalla Giunta Municipale di Olbia ed esistente al momento dell’instaurazione del giudizio di opposizione.

2.2.= Va qui osservato che è’ orientamento espresso da questa Corte a sezioni unite, quello secondo cui l’art. 182 c.p.c., comma 2, (nel testo applicabile "ratione temporis", anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 69 del 2009), secondo cui il giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione "può" assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio, dev’essere interpretato, anche alla luce della modifica apportata dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 2 nel senso che il giudice "deve" promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti "ex tunc", senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali, (sent. n. 9217 del 19/04/2010).

3.=: Con il terzo motivo T.C. lamenta – come da rubrica – Violazione dell’art. 75 c.p.c. della L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 47 e dell’art. 641 c.p.c.. Il I ricorrente sostiene che la Delib.

Giunta Municipale 4 luglio 1990 pubblicata il 14 luglio 1990 sarebbe divenuta esecutiva, ai sensi della L. n. 142 del 1990, art. 47 il giorno 24 luglio 1990 quando il termine di venti giorni per l’opposizione a decreto ingiuntivo era ormai scaduto. Di qui, la conseguenza che fino al 24 luglio 1990 il Comune era privo di legitimatio ad processum e il Sindaco del Comune di Olbia avrebbe conferito mandato alle liti in assenza di valida delibera. Sicchè – conclude il ricorrente – la Corte di Appello era tenuta a dichiarare anche d’ufficio l’inammissibilità dell’opposizione o, comunque, a rigettare l’appello, considerato ovviamente, che il decreto ingiuntivo era stato notificato il 23 giugno 1990, mentre l’atto di opposizione era stato notificato il 12 luglio 1990. 3.1.= Neppure questa censura coglie nel segno ed essa non può essere accolta, giacchè l’efficacia dell’autorizzazione da parte della Giunta municipale alla proposizione di un’impugnazione contro sentenza resa nei confronti del Comune, non è condizionata a controllo preventivo di legittimità ai sensi della L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 46. 3.2.= Va osservato che è orientamento di questa Corte quello secondo cui:

l’autorizzazione da parte della Giunta municipale alla proposizione di un’impugnazione contro sentenza resa nei confronti del Comune, non costituendo atto sottoposto a controllo preventivo di legittimità ma solo a controllo successivo (com’è desumibile dalla L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 45, comma 2 – legge nella fattispecie applicabile "ratione temporis" – che, nell’indicare le delibere di competenza della Giunta municipale sottoposte a controllo preventivo, non prevede le delibere di autorizzazione a instaurare una lite o a resistervi), anche se dichiarata immediatamente eseguibile in quanto urgente, ai sensi della stessa legge, art. 47, comma 3, non è soggetta alla decadenza per mancata trasmissione all’organo di controllo entro cinque giorni dalla sua adozione, prevista dalla legge menzionata, art. 46, comma 6, e riguardante solo gli atti soggetti a controllo preventivo di legittimità (sent. n. 475 del 12 gennaio 2006).

4.= Con il quarto motivo T.C. lamenta – come da rubrica – Violazione del R.D. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 131; dell’art. 808 c.p.c., u.c.. Omessa motivazione su un punto decisivo della controversia rilevabile d’ufficio ( art. 360 c.p.c., n. 5). Avrebbe errato la Corte di Appello di Cagliari sezione distaccata di Sassari nello statuire la validità della clausola arbitrale senza operare alcuna valutazione sulle deliberazioni in questione, apparendo evidente il difetto di rappresentanza o, comunque, la carenza di potere – rilevabile anche d’ufficio – di convenire la clausola compromissoria. Ritiene il ricorrente che lo schema di convenzione contenente le norme e le condizioni per il conferimento al libero professionista ing. T.C. dell’incarico per la progettazione e direzione dei lavori del mercato civico, sottoscritto dalle parti assunto dal Comune allegato alla Delib. G.M. 11 novembre 1988, N. 1281 ratificata con Delib. consiliare 20 febbraio 1990, n. 26 non accede affatto a dette deliberazioni. Esse, infatti, si sono limitate a conferire l’incarico professionale all’ing. T. a determinate condizioni, senza procedere all’approvazione di qualsivoglia schema di convenzione. Da ciò conseguirebbe, secondo il ricorrente, la nullità della clausola compromissoria inserita dal Sindaco nella stessa convenzione in sede di stipula senza che la medesima fosse stata autorizzata dall’organo assembleare all’epoca competente.

4.1.= Detta censura è infondata ed essa non può essere accolta perchè dalla lettura della sentenza impugnata non risulta – nè è stato dedotto dal ricorrente – che nel corso dei giudizi di merito le parti abbiano dibattuto la questione prospettata con la censura in esame.

4.2.= E’ appena il caso di ribadire il principio più volte affermato nella giurisprudenza di legittimità secondo cui nel giudizio di Cassazione non è consentita la proposizione di doglianze che, modificando la precedente impostazione difensiva, pongano a fondamento delle domande e delle eccezioni titoli diversi da quelli fatti valere nel pregresso giudizio di merito e prospettino, comunque, questioni fondate su elementi di fatto nuovi e difformi da quelli ivi proposti. I motivi del ricorso per cassazione devono infatti investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non dedotti nella fase del merito (ex multis: sent. n. 5150 del 2003). D’altra parte, e per quel che interessa la questione in esame, va specificato che il principio in base al quale la nullità può essere fatta valere ed essere rilevata d’ufficio anche nel giudizio di Cassazione, non si applica, allorquando, per l’accertamento della nullità siano necessarie specifiche indagini di fatto. Pertanto, anche una pretesa nullità di una clausola contenuta in una convenzione stipulata tra un Ente pubblico e un privato per irregolarità nell’iter formativo della volontà dell’Ente tradotta nella convenzione stipulata tra il privato e il soggetto che rappresenta l’Ente, non può essere eccepita per la prima volta in Cassazione giacchè richiede l’accertamento e una valutazione, quantomeno, delle delibere degli organi competenti (sent. N. 5561 del 19/03/2004).

In definitiva il ricorso va rigettato.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 3.700,00 di cui Euro 200,00 per spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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