Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-12-2010) 04-02-2011, n. 4389 Determinazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 23 marzo 2009, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Montepulciano nei confronti di E.M.A., dichiarava non doversi procedere in ordine ai reati di cui ai capi C e D perchè estinti per intervenuta prescrizione, confermando nel resto.

In primo grado, l’imputato era stato ritenuto colpevole dei delitti di resistenza a pubblico ufficiale e calunnia (rispettivamente indicati nei capi A e D), nonchè delle contravvenzioni di guida sotto l’influenza di alcolici e di sostanze stupefacenti (rispettivamente indicati nei capi C e B), commessi il (OMISSIS), e condannato per i primi alla pena di mesi diciassette di reclusione e per queste ultime alla pena di mesi uno di arresto ed Euro 400 di ammenda.

A seguito di appello dell’imputato, la Corte di appello confermava la sentenza di primo grado quanto ai delitti contestati, rilevando invece l’intervenuta prescrizione per le contravvenzioni. Peraltro, nel dispositivo letto In udienza, dichiarava non doversi procedere per i reati sub C e D dell’imputazione.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo:

1) la violazione dell’art. 597 c.p.p., comma 4, poichè nel dispositivo – da ritenersi prevalente sulla motivazione – la Corte di appello ha dichiarato estinti per prescrizione i reati di calunnia e di guida sotto l’effetto di sostanza stupefacenti, ma non ha rideterminato conseguentemente la pena;

2) violazione dell’art. 129 c.p.p. e art. 157 c.p., poichè il reato sub b) doveva essere dichiarato estinto per intervenuta prescrizione;

3) mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione alla omessa declaratoria di estinzione per prescrizione del reato sub b), affermata invece in motivazione;

4) violazione degli artt. 368, 323, 582 e 583 c.p., per aver erroneamente configurato il reato di calunnia, avendo l’imputato incolpato gli agenti di polizia di averlo "picchiato" e quindi di un reato perseguibile a querela, nella specie non presentata;

5) vizio della motivazione per travisamento della prova, per aver ritenuto in sentenza che l’imputato aveva denunciato fatti procedibili d’ufficio, mentre costui aveva solo accusato gli agenti di averlo percosso;

6) erronea ed inosservanza dell’art. 337 c.p. e mancanza e vizio di motivazione, con riferimento alla ritenuta sussistenza del reato di resistenza a pubblico ufficiale, sotto entrambi i profili materiale e soggettivo. Sulla base delle emergenze processuali, la condotta dell’imputato sarebbe consistita soltanto in una reazione scomposta, ma non violenta, di chi, preoccupato e confuso per l’incidente appena verificatosi, cercava di accertare i danni riportati alla propria autovettura.

7) mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
Motivi della decisione

1. Devono preliminarmente essere rigettate le censure relative alla confermata statuizione di responsabilità dell’imputato in ordine al reato di cui all’art. 337 c.p.. L’impugnazione è volta invero ad avvalorare una ricostruzione dei fatti diversa da quella ritenuta in sentenza, richiamando a tal fine il contenuto di taluni "atti del processo".

Va qui ribadito che alla Corte di Cassazione non è consentito di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti magari finalizzata, nella prospettiva del ricorrente, ad una ricostruzione dei medesimi in termini diversi da quelli fatti propri dal giudice del merito.

Così come non sembra affatto consentito che, attraverso il richiamo agli "atti del processo", possa esservi spazio per una rivalutazione dell’apprezzamento del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamento riservato in via esclusiva al giudice del merito. In altri termini, al giudice di legittimità resta preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa: un tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto.

Ciò premesso, è da osservarsi che nel caso in esame, la Corte di appello – all’esito di una ricostruzione dei fatti esente da vizi logici e da interne contraddizioni – ha motivatamente accertato che l’imputato, dopo essere stato coinvolto in un incidente stradale, veniva invitato più volte dagli agenti di polizia intervenuti sul posto a lasciare la sede stradale per non intralciare la viabilità e che costui, all’ennesimo tentativo per farlo tornare sul marciapiede, afferrava il braccio di un agente, che lo stava accompagnando, torcendolo e portandoglielo dietro la schiena.

Così ricostruiti dai giudici di merito i fatti, non si è trattato, come dedotto in ricorso, di una reazione scomposta ed istintiva alla costrizione operata dal pubblico ufficiale, ma di un vero e proprio impiego di forza diretto a neutralizzare l’azione del pubblico ufficiale ed a sottrarsi alla sua presa, sufficiente ad inquadrare la condotta nel paradigma dell’art. 337 c.p., anche sotto l’aspetto soggettivo.

2. Devono essere accolte invece le censure sollevate nel secondo e quarto motivo di ricorso, che assorbono le restanti doglianze espresse nell’atto di impugnazione.

Osserva questa Corte che la contravvenzione di cui al capo B della imputazione è prescritta (reato commesso il (OMISSIS)): il termine massimo di prescrizione, infatti, compresa l’interruzione, è di anni quattro e mesi sei, per cui – pur tenendosi conto della sospensione per giorni 320 – esso si è interamente consumato. Si impone, pertanto, con riferimento al reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

Quanto alla affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di calunnia, va qui ribadito il principio più volte affermato da questa Corte, secondo cui il delitto di calunnia deve essere escluso quando il reato incolpato sia perseguibile a querela di parte e questa non sia stata presentata (da ultimo, Sez. 6, n. 35800 del 29/03/2007, dep. 28/09/2007, Acefalo, Rv. 237421).

La sentenza impugnata, pur dando atto che l’imputato ebbe soltanto a denunciare di essere stato "picchiato" dagli agenti che erano intervenuti sul luogo dell’incidente stradale e che nessuna querela era stata presentata al riguardo, ha ritenuto di ravvisare nei fatti il delitto di calunnia, poichè tale denuncia conteneva accuse contro gli agenti anche per reati perseguibili d’ufficio, quali lesioni gravissime e "perchè no, abuso di ufficio".

Tale affermazione è palesemente apodittica ed assertiva, non avendo la Corte di merito esplicitato le ragioni a sostegno di una siffatta conclusione, presentata addirittura in forma dubitativa.

In ogni caso è da rilevare che nelle pronunce di merito sono state già esplorate tutte le fonti di prova ed i risultati dell’indagine conducono univocamente alla conclusione che la denuncia ebbe ad oggetto soltanto fatti procedibili a querela. Infatti l’imputato ebbe a denunciare soltanto di essere stato percosso dagli agenti, non allegando circostanze dalle quali desumere un "comportamento" di abuso degli operanti. Tanto quindi induce relativamente a tale episodio ad un annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perchè il fatto non sussiste, mentre occorre rinviare ad altra sezione della Corte di appello di Firenze la determinazione della pena in ordine al residuo reato di resistenza a pubblico ufficiale.

L’accoglimento di quest’ultimo motivo rende superflua la trattazione della censura illustrata nell’ultimo motivo di ricorso, riguardante l’omessa pronuncia del giudice di appello sul punto riguardante il diniego della concessione della sospensione condizionale, espressamente devoluto con l’atto di gravame. Invero, nella determinazione della pena per il residuo reato di resistenza a pubblico ufficiale, il giudice del rinvio dovrà pronunciarsi sul complessivo trattamento sanzionatolo e quindi anche sulla concedibilità del beneficio invocato.

3. Conclusivamente, per le ragioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla calunnia, perchè il fatto non sussiste e alla contravvenzione di cui al capo B dell’imputazione, perchè estinta per prescrizione. Va disposto invece il rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per la determinazione della pena in ordine al residuo reato di resistenza a pubblico ufficiale. Il ricorso nel resto deve essere rigettato.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla calunnia perchè il fatto non sussiste e alla contravvenzione di cui al capo B dell’imputazione perchè estinta per prescrizione e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per la determinazione della pena in ordine al residuo reato di resistenza. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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