T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 01-02-2011, n. 903 Ricorso giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Premette in fatto l’odierno ricorrente una ricostruzione dell’evoluzione normativa confluita nella previsione di cui all’art. 64 del Regolamento del personale dell’ISVAP, che prevede la concessione ai dirigenti del premio una tantum fino ad un massimo del 25% della retribuzione annua lorda, previa valutazione dell’attività svolta, segnalando i casi in cui tale premio è stato concesso.

Con provvedimento del 26 settembre 2007 il Consiglio dell’ISVAP ha negato al ricorrente il riconoscimento di tale premio, e tale provvedimento è stato annullato con sentenza del TAR Lazio n. 10101 del 2008 in quanto viziato da difetto di motivazione.

Con il gravato provvedimento del 22 gennaio 2009, il Consiglio dell’ISVAP ha confermato la precedente decisione di diniego di riconoscimento al ricorrente del premio una tantum.

Nel riferire parte ricorrente il contenuto di tale provvedimento e l’esito delle istanze di accesso presentate, e dopo aver nel dettaglio illustrato le attività espletate e gli incarichi ricoperti nel tempo presso l’ISVAP, deduce, avverso il gravato provvedimento, i seguenti motivi di censura:

– Violazione e falsa applicazione dell’art. 64 del Regolamento per il personale. Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti.

Nel ricostruire parte ricorrente il quadro normativo di riferimento, afferma come l’art. 64 del Regolamento del personale debba essere interpretato nel senso che il premio una tantum non possa essere corrisposto solo nei confronti dei dirigenti la cui carriera sia caratterizzata da gravi demeriti – come peraltro confermato dalla prassi dell’ISVAP – contrastando una diversa impostazione con le previsioni della contrattazione collettiva, che riconduce la corresponsione del premio a requisiti oggettivi.

Procede, quindi, parte ricorrente ad illustrare gli elementi di rilievo del proprio curriculum professionale, in base ai quali afferma la spettanza del premio una tantum, contestando puntualmente e nel dettaglio le valutazioni espresse nella relazione del Servizio risorse umane, poste a fondamento del gravato provvedimento.

Sostiene, inoltre, parte ricorrente, l’illegittimità della limitazione della valutazione agli ultimi cinque anni di carriera svolta, affermando, quanto alle schede di valutazione richiamate nel gravato provvedimento, la loro invalidità ed inutilizzabilità, non essendo state esse, contrariamente a quanto previsto dal Regolamento per il personale, portate a sua conoscenza ed essendo state predisposte in assenza di contraddittorio, precludendogli la possibilità di formulare osservazioni e controdeduzioni.

Quanto al contenuto di tali schede, ne deduce parte ricorrente la contraddittorietà con l’attività svolta, evidenziandone tutti i profili di ritenuta criticità ed erroneità.

Si è costituita in resistenza l’intimata Amministrazione eccependo la tardività del ricorso e sostenendone nel merito, con articolate controdeduzioni, l’infondatezza, con richiesta di corrispondente pronuncia.

Con memorie successivamente depositate parte ricorrente ha insistito nelle proprie deduzioni, ulteriormente argomentando.

Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2011 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.
Motivi della decisione

Con il ricorso in esame è proposta azione impugnatoria avverso il provvedimento – meglio descritto in epigrafe nei suoi estremi – con cui il Consiglio dell’ISVAP ha negato al ricorrente il riconoscimento del premio "una tamtum" previsto dall’art. 64 del Regolamento del personale dell’ISVAP, da corrispondersi al momento della cessazione dal servizio, nella misura fino ad un massimo del 25% della retribuzione annua lorda, sulla base di una valutazione negativa della complessiva attività svolta dal ricorrente in qualità di dirigente dell’ISVAP.

In via pregiudiziale il Collegio è tenuto ad affrontare la questione inerente la tempestività del ricorso, notificato alla resistente Amministrazione in data 13 giugno 2009.

In tale direzione, va precisato che il gravato provvedimento, adottato in data 22 gennaio 2009, è stato comunicato al ricorrente con nota allo stesso pervenuta in data 26 febbraio 2009, per come espressamente dichiarato dal ricorrente nella propria istanza datata 17 marzo 2009 – versata al fascicolo di causa – volta ad ottenere copia di una serie di documenti ivi indicati, tra cui il documento predisposto per il Consiglio, i riferimento svolti dal Vice Direttore Generale e le schede di valutazione predisposte nei confronti del ricorrente, cui il gravato provvedimento fa riferimento.

La disamina deve, pertanto, rivolgersi all’accertamento della idoneità dell’istanza di accesso, e della successiva conoscenza degli atti per tale via acquisita dal ricorrente, a dilazionare il termine per la proposizione dell’impugnativa, il che implica, a sua volta, la verifica del momento in cui è intervenuta la piena conoscenza da parte del ricorrente degli elementi essenziali dell’atto e la consapevolezza della sua portata lesiva.

Ritiene in proposito il Collegio che tale momento vada necessariamente individuato nella data in cui il ricorrente ha ricevuto la comunicazione del gravato provvedimento – intervenuta, per stessa ammissione del ricorrente, in data 26 febbraio 2009 – dovendo la portata lesiva della posizione vantata dal ricorrente ricondursi a tale atto, che reca espressamente ed inequivocabilmente il diniego di riconoscimento al ricorrente del premio una tantum, sulla base della compiuta illustrazione, peraltro, delle relative ragioni, individuate nella complessiva valutazione negativa del dirigente formulata alla luce delle schede di valutazione e dei riferimenti svolti dal Vice Direttore Generale.

In relazione allo specifico contenuto del gravato provvedimento, non può quindi riconoscersi alcuna valenza dilatoria del termine per la sua impugnazione alla successiva conoscenza, da parte del ricorrente, degli atti nello stesso richiamati acquisita in esito ad istanze di accesso, non potendosi il termine di decadenza per la proposizione del ricorso ritenersi né interrotto né dilazionato per effetto della presentazione, prima della scadenza di detto termine, di istanze di accesso ad atti diversi da quello oggetto del gravame, la quale non determina la sospensione o l’interruzione del termine per il ricorso che resta soggetto, nel computo delle date, iniziale e finale, alla disciplina che si fonda sul dato positivo ed essenziale del momento della piena conoscenza dell’atto lesivo, e che autorizza eventualmente il ricorrente a proporre motivi aggiunti, ove dall’ostensione degli atti richiesti emergano ulteriori violazioni.

Ciò in quanto, diversamente opinando, si finirebbe, per un verso, per assegnare all’iniziativa dell’interessato in merito all’accesso agli atti che hanno preceduto, nella sequenza procedimentale, l’adozione di quello conclusivo, un’impropria valenza selettiva della data di decorrenza del termine per ricorrere, con evidente ed inaccettabile nocumento alle esigenze di certezza che presidiano la stabilità e l’efficacia dei provvedimenti amministrativi e, per altro verso, si riconoscerebbe all’accesso una funzione propedeutica all’iniziativa giudiziaria, del tutto inconfigurabile nei casi in cui l’atto lesivo sia stato già conosciuto dall’interessato e nei quali il predetto strumento serve solo a consentirgli la piena cognizione dei pertinenti atti endoprocedimentali.

Ed infatti, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, se è vero che, ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione, occorre la conoscenza piena del provvedimento causativo della lesione, è anche vero che la tutela dell’amministrato non può ritenersi operante oltre ogni limite temporale ed in base ad elementi puramente esteriori, formali o estemporanei, quali, ad esempio, atti d’iniziativa di parte, tra cui richieste di accesso, con la conseguenza inaccettabile che l’attività dell’Amministrazione resterebbe soggetta indefinitivamente o per tempi dilatati alla possibilità di impugnazione, la quale va invece fatta valere entro i perentori limiti temporali assegnati dalla legge (ex plurimis: Consiglio Stato, Sez. IV, 05 marzo 2010, n. 1298; 12 giugno 2009, n. 3730; Sez. IV, 19 giugno 2007, n. 3303).

Ne consegue che, dovendo il momento iniziale di decorrenza del termine per proporre l’impugnazione essere riportato alla data in cui il ricorrente ha avuto piena cognizione degli elementi essenziali dell’atto di diniego, ovvero l’autorità emanante, il contenuto, l’oggetto e la portata lesiva dei propri interessi, e potendo la successiva conoscenza di ulteriori vizi di legittimità dell’atto, conseguita a seguito dell’esercizio del diritto di accesso, legittimare la proposizione di motivi aggiunti, il ricorso in esame, in quanto proposto oltre il prescritto termine di decadenza, deve essere dichiarato irricevibile.

La complessiva vicenda, tenuto anche conto della precedente sentenza favorevole al ricorrente con riferimento a precedente analogo provvedimento, suggerisce di disporre tra le parti la compensazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso N. 5477/2009 R.G., come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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