T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 01-02-2011, n. 894 Pubblicità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Premette parte ricorrente che l’assunto sulla base del quale l’Autorità ha ritenuto scorretta la pratica commerciale posta in essere dalla stessa F. con la diffusione di messaggi promozionali avrebbe ingannevolmente rappresentato all’attenzione dei consumatori la possibilità di navigare in internet ad una velocità superiore rispetto a quella che molti utenti riescono effettivamente a raggiungere.

Nel dare preliminarmente atto dei referenti normativi aventi ad oggetto la definizione di "pratica commerciale scorretta" – di cui alle pertinenti previsioni del Codice del Consumo approvato con D.Lgs. 206/2005 – parte ricorrente si diffonde poi sulle caratteristiche del servizio offerto alla propria clientela, consistente nella navigazione a banda larga sulla rete, realizzata attraverso connessione in fibra ottica, ovvero mediante unbundling local loop (ULL, con utilizzo delle infrastrutture esistenti di proprietà di altro operatore), o, ancora, attraverso il bitstream (gestito nell’ultimo miglio dall’operatore dominante).

Nel sottolineare come la velocità di connessione vada tenuta rigorosamente distinta dalla velocità di navigazione (la prima riguardando i tempi di connessione alla rete da parte dell’utente; la seconda concernendo, diversamente, la velocità con la quale vengono scambiati i dati tra l’utente ed il sito internet al quale quest’ultimo sia collegato), assume F. di essere in grado di controllare la sola velocità di accesso o connessione (ossia i fattori che dipendono dalla qualità della propria rete), ma non anche quella di navigazione (di regola inferiore alla prima), in quanto dipendente da fattori non controllabili dall’operatore che gestisce il servizio.

Soggiunge tuttavia F. che, in ragione della qualità della propria rete, le relative prestazioni incidono sulla possibilità di conseguire più elevati standard di navigazione da parte degli utenti.

Ciò osservato, parte ricorrente ripercorre gli snodi del procedimento dall’Autorità avviato con nota del 20 maggio 2009, nella quale venivano ipotizzate condotte in contrasto con gli artt. 20, comma 2, 21 e 22 del Codice del Consumo.

In particolare, la sostenuta ingannevolezza della pratica commerciale è stata individuata nella prospettazione alla clientela di una velocità di navigazione in rete superiore rispetto a quella che gli utenti avrebbero, poi, potuto effettivamente conseguire

F. avrebbe, inoltre, omesso di informare i consumatori in ordine alla effettiva velocità di navigazione, inferiore, di regola, rispetto a quella di connessione.

A seguito dello svolgimento di approfondimenti, AGCM comunicava, con nota del 4 settembre 2009, la chiusura dell’istruttoria; e, di seguito all’acquisizione della memoria difensiva di F., perveniva all’adozione del conclusivo provvedimento sanzionatorio oggetto del presente gravame.

Questi i profili di censura dedotti avverso tale atto:

1) Violazione del diritto di difesa in relazione alla mancata comunicazione delle risultanze istruttorie. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 16, comma 1, del Regolamento di AGCM sulle procedure istruttorie in tema di pratiche commerciali scorrette, nonché degli artt. 24 e 97 della Costituzione.

Assume in primo luogo parte ricorrente che l’omessa comunicazione delle risultanze istruttorie (CRI) inficerebbe lo svolgimento procedimentale e, derivativamente, l’adozione della conclusiva effusione provvedi mentale, atteso che F. non sarebbe stata posta nella condizione di conoscere il complesso delle acquisizioni documentali e probatorie risultante dallo svolgimento dell’istruttoria.

Viene, per l’effetto, denunziata una violazione del diritto di difesa endoprocedimentale; assumendosi che la mancata esplicitazione, ad opera dell’epigrafato testo regolamentare, dell’obbligo di partecipazione della CRI non ne precluda l’assolvimento ad opera della procedente Autorità; né tale lacuna potrebbe essere utilmente colmata dalle pur previste possibilità, per la parte, di accedere al fascicolo istruttorio, ovvero di chiedere la convocazione di un’audizione.

2) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 20, comma 2, dell’art. 21, comma 1 e dell’art. 24 del Codice del Consumo in relazione alla nozione di "consumatore medio". Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della legge 241/1990.

Ulteriore profilo di illegittimità del gravato provvedimento viene ravvisato nell’omessa definizione della nozione di "consumatore medio", alla quale dovrebbe farsi riferimento nella valutazione della pratica commerciale scorretta.

Osservato come la nozione di che trattasi assuma un ruolo di centralità nella disciplina delle pratiche scorrette – in quanto ad essa ampiamente si riferiscono le pertinenti previsioni del Codice del Consumo – rileva parte ricorrente che la caratterizzazione del "consumatore medio" sia suscettibile di definizione "caso per caso" (e, quindi, con riferimento al prodotto offerto): non esistendo un astratto e generalizzato parametro suscettibile di venire indistintamente evocato a prescindere dalla concreta pratica commerciale esaminata.

Nel caso di specie, peraltro, le informazioni fornite da F. avrebbero puntualmente dato conto della diversità concettuale tra "velocità di connessione" e "velocità di navigazione": di talché un soggetto "normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto" ben sarebbe stato posto in grado di comprendere i contenuti di un’offerta che, ad avviso della parte, non avrebbe recato omissioni informative, ovvero indicazioni decettive.

3) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 20, 21 e 22 del D.Lgs. 206/2005. Eccesso di potere per difetto di presupposti, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, contraddittorietà.

Il carattere di ingannevolezza dell’offerta sarebbe stato dall’Autorità argomentato prendendo in considerazione solo una parte delle informazioni contenute nelle pagine web illustrative dei contenuti dell’offerta stessa.

Nel ribadire come l’integrale contenuto delle pagine web del sito F. recassero una compiuta distinzione fra velocità di connessione" e "velocità di navigazione", parte ricorrente sottolinea come AGCM abbia omesso di considerare i contenuti delle FAQ (frequently asked questions), nelle quali veniva fornita al consumatore una dettagliata informativa in ordine all’offerta di che trattasi, segnatamente con riferimento ai profili di interesse sopra indicati.

4) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 20, comma 2, e 18, comma 1, lett. c), del Codice del Consumo in relazione al requisito dell’idoneità a falsare il comportamento economico dei consumatori. Eccesso di potere per erroneità della carenza e/o erroneità della motivazione, difetto dei presupposti e travisamento dei fatti.

Confuta poi parte ricorrente il ritenuto carattere di ingannevolezza dell’offerta in questione, rammentando di aver comunicato all’Autorità i risultati di uno speed test effettuato su un significativo campione di utenti, che evidenzierebbero un livello di sostanziale soddisfacimento della clientela circa la velocità di navigazione offerta da F., tale da escludere che quest’ultima potesse ritenersi delusa dalla prestazioni fruibili con riferimento alla velocità media di navigazione (con riferimento agli scostamenti di quest’ultima rispetto alla velocità di connessione netta).

5) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 27 del Codice del Consumo. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8bis della legge 689/1981.

Quanto alla commisurazione della sanzione inflitta a F. (pari ad Euro 60.000,00), quest’ultima osserva che l’aumento apportato alla sanzionebase (Euro 40.000,00) in ragione della circostanza aggravante rappresentata dalle pregresse condotte similari poste in essere dalla ricorrente integri la presenza di una vera e propria "sanzione aggiuntiva" non consentita dalle pertinenti disposizioni di riferimento.

Mancherebbe infatti nel Codice del Consumo alcuna previsione suscettibile di consentire, in presenza di una eventuale reiterazione di pratiche commerciali scorrette, un inasprimento della misura sanzionatoria.

Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L’Autorità intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell’impugnativa.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 26 gennaio 2011.
Motivi della decisione

1. Giova procedere, preliminarmente alla disamina dei proposti argomenti di doglianza, alla ricognizione dei contenuti dell’avversata determinazione assunta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato il 12 novembre 2009.

1.1 Sulla base di alcune segnalazioni in atti pervenute da consumatori a partire dal mese di aprile 2008, nonché alla luce di alcune rilevazioni degli Uffici, la condotta contestata da AGCM a F. è rappresentata dall’aver indotto i consumatori a ritenere di poter navigare in internet ad una velocità particolarmente elevata, superiore a quella che molti utenti poi sono poi riusciti effettivamente ad ottenere.

Nel sito F., in particolare, non sarebbero state fornite informazioni circa l’effettiva velocità di navigazione, di regola inferiore a quella di connessione, che il singolo cliente può raggiungere utilizzando i servizi offerti da F..

1.2 In data 3 aprile 2009 venivano acquisite dall’Autorità alcune pagine web rilevate all’indirizzo internet http://www.F..it,relative all’offerta del servizio ADSL di F..

Dalla home del sito web, attivando il link "Internet: Naviga Casa", le caratteristiche e le condizioni economiche dell’offerta indicavano che il piano tariffario "Naviga Casa" comprendeva:

– la navigazione internet illimitata 24 ore su 24;

– una connessione fino a 10Mbit/s, sia in ricezione che in trasmissione, per chi è raggiunto dalla Fibra Ottica e una velocità fino a 20Mbit/s in ricezione e fino a 1Mbit/s in trasmissione per connessioni in ADSL F.;

– 4 caselle di posta elettronica da 1 Giga;

– IP pubblico gratuito per 20 ore al mese (…)".

Nella pagina web relativa alle FAQ, alla domanda "Che cos’è la Mega Internet di F.?" l’operatore precisava che, "per quel che riguarda la fibra ottica, attualmente non esiste in Italia un’offerta rivolta alla clientela residenziale basata su tale tipo di tecnologia, e che i principali vantaggi dell’offerta F. basata sulla fibra ottica possono essere riassunti in alcuni punti: prestazioni: accesso alla rete internet con velocità fino a 10Mbit/s sia in downstream – cioè i dati che da internet transitano verso il PC – sia in upstream – i dati che dal PC vengono inviati verso la rete internet (…)".

Per quanto riguarda, invece, l’ADSL, la società precisava che "la soluzione tecnologica adottata per gli abbonamenti ADSL si differenzia sostanzialmente dalle soluzioni ADSL generalmente adottate dai principali concorrenti, ed i vantaggi sono: i) nelle prestazioni: velocità di accesso alla rete internet fino a 6Mbit/s per il downstream e fino a 1Mbit/s per l’upstream; ii) (…)".

In data 20 maggio 2009 veniva comunicato l’avvio del procedimento istruttorio, ai sensi dell’art. 27 comma 3, del Codice del consumo nonché ai sensi dell’articolo 6 del Regolamento, in quanto i comportamenti segnalati, riguardanti la presentazione di caratteristiche essenziali del servizio di collegamento ad internet, avrebbero potuto integrare un’ipotesi di violazione degli artt 20, 21 e 22 del Codice del Consumo, in quanto potenzialmente idonei ad indurre in errore il consumatore medio riguardo alle prestazioni dei servizi di connessione ad internet a banda larga offerti da F..

Veniva, contestualmente, richiesto a F., di fornire informazioni, corredate dalla relativa documentazione, attinenti ai profili oggetto di contestazione nella comunicazione di avvio del procedimento.

In risposta alla richiesta di informazioni, con comunicazione pervenuta in data 9 giugno 2009, F. chiariva le modalità e le caratteristiche tecniche del servizio offerto, precisando che nell’ambito dei servizi a banda larga su rete fissa si distinguono diverse definizioni di velocità (o banda), le quali indirizzano diversi aspetti del servizio offerto all’utente da parte dell’operatore e la fruizione del servizio di comunicazione dati, in particolare dovendosi distinguere tra la velocità di accesso o di connessione e la velocità di navigazione.

La prima rappresenta la velocità di allineamento tra l’apparato a casa dell’utente – HAG o Residential Gateway o modem – e la rete dell’operatore (la velocità effettivamente utilizzata dall’utente, per mezzo Residential Gateway, per scambiare i bit in trasmissione e ricezione con la rete dell’operatore).

La velocità di accesso in fibra ottica è pari a 10Mbps ed è simmetrica nelle due direzioni di trasmissione – dall’utente verso la rete e dalla rete verso l’utente.

L’ADSL – che sfrutta il doppino telefonico nell’ultimo miglio – consente, invece, di offrire i servizi a banda larga in modalità asimmetrica: la velocità nella direzione di ricezione, dal punto di vista dell’utente, è maggiore di quella disponibile in trasmissione.

Il cliente F. può raggiungere una velocità massima in ricezione su accesso in rame di 6Mbps per accesso in tecnologia ADSL e 20Mbps per accesso in tecnologia ADSL.

Diversamente, la velocità di navigazione è la velocità alla quale il terminale dell’utente, in generale il computer utilizzato per l’accesso ai servizi di rete internet, ed il server cui l’utente accede si scambiano effettivamente i dati contenenti informazioni.

La velocità di navigazione è condizionata: dalla qualità e dalle prestazioni dei due terminali (ad esempio, potenza di calcolo e occupazione delle risorse delle due macchine); dalla qualità della rete domestica; dalla capacità e dalle prestazioni della rete dell’operatore remoto; dallo stato della rete internet – congestione, ritardo, tasso d’errore – dal confine della rete dell’operatore fino al terminale di destinazione dello scambio dati.

L’operatore è in grado di controllare alcuni degli elementi che determinano la velocità di navigazione che è quindi tanto più prossima alla velocità massima potenziale quanto più le condizioni operative di tutti i componenti della filiera di comunicazione si avvicinano a condizioni di funzionamento ottimale.

Nella risposta alla richiesta di informazioni e nella memoria conclusiva del 2 ottobre 2009, F. ha rappresentato che, per coloro che si abbonano via internet, il tipo di connessione e la velocità di accesso ottenibile vengono espressamente indicati sulla base delle indicazioni geografiche fornite dal cliente, in quanto all’esito della procedura guidata di verifica della copertura del servizio F., l’utente riceve un apposito messaggio che lo informa della tecnologia (ADSL o fibra ottica) e della velocità raggiungibile presso il proprio domicilio.

Nelle FAQ del proprio sito istituzionale viene, inoltre, chiaramente operata una distinzione tra la velocità di connessione e quella di navigazione, specificando, quanto a quest’ultima, che essa è influenzata da fattori esterni e indipendenti dalla rete F..

1.3 In ragione della diffusione della pratica commerciale all’esame anche attraverso internet, in data 5 ottobre 2009 è stato richiesto il parere all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ai sensi dell’art. 27, comma 6, del D.Lgs. 206/2005.

Quest’ultima, con parere pervenuto ad AGCM il 29 ottobre 2009, evidenziava come le informazioni sulle effettive condizioni tecniche di utilizzo e funzionamento del servizio, nonché le caratteristiche e le prestazioni tecniche del servizio all’utente, incluse le prestazioni minime garantite, costituiscono informazioni essenziali sull’offerta pubblicizzata in quanto possono costituire limitazioni nella fruizione del servizio stesso, e che pertanto esse devono essere complete, comparabili e di facile consultazione.

Secondo AGCom, il comportamento posto in essere da F., consistente nella diffusione attraverso il proprio sito internet di offerte commerciali in materia di connessione ADSL, avrebbe integrato una violazione del Codice del Consumo, in quanto:

– idoneo ad indurre in errore le persone alle quali è rivolto o da esso raggiunte sulle caratteristiche e condizioni economiche dei servizi di accesso e navigazione in internet;

– e, a causa della sua ingannevolezza, suscettibile di pregiudicare il comportamento economico ai sensi degli artt. 20, 21 e 22 del D.Lgs. 206/2005.

1.4 In sede di considerazioni conclusive, AGCM ha innanzi tutto rappresentato che F., nel promuovere la propria offerta commerciale, ha illustrato ai clienti qualità prestazionali del servizio, fra cui la velocità di navigazione, che in realtà discendono da condizioni che esulano dal controllo del professionista.

F. avrebbe, pertanto, posto in essere una pratica commerciale in violazione degli artt. 20, comma 2, 21 e 22 del Codice del Consumo, consistente nel non aver correttamente informato i clienti finali circa le effettive caratteristiche dei servizi di collegamento ad internet, offerti mediante la tecnologia ADSL e in fibra ottica, con particolare riguardo alla velocità minima garantita per le diverse offerte, alla velocità standard di navigazione in condizioni normali e alle condizioni alle quali viene raggiunta la velocità massima.

In particolare, è risultato che, "al momento della prospettazione dell’offerta, il professionista non è in grado di conoscere un insieme di variabili che incidono sulla velocità di navigazione ADSL ed esorbitano dal suo controllo", quali, "ad esempio, la qualità e le prestazioni dei terminali e della rete domestica, la capacità e le prestazioni della rete dell’operatore remoto, lo stato della rete internet (congestione, ritardo, tasso d’errore)".

La circostanza che la velocità di navigazione sia citata nell’ambito della presentazione dell’offerta commerciale nel medesimo contesto ove è citata una velocità di connessione massima indurrebbe il consumatore "a confondere parametri di riferimento per la valutazione delle prestazioni del servizio internet diversi"; l’indicazione "di una velocità apicale, unita alla mancanza e non chiarezza circa elementi essenziali quali la velocità minima di navigazione e le condizioni per il suo raggiungimento", integrando, inoltre, la presenza di "elementi idonei a connotare la pratica come scorretta".

La prospettazione di velocità apicali, che potrebbero non essere raggiunte, rappresenterebbe, in tal senso, "un fattore sicuramente idoneo ad alterare le scelte dei consumatori", atteso che "il generale principio di chiarezza e completezza delle comunicazioni pubblicitarie impone all’operatore di esplicitare fin dal momento dell’immediata percezione da parte dei consumatori, quali siano le condizioni e i limiti di utilizzo dei servizi offerti, con specifico riferimento alla velocità di accesso, a fronte della prospettazione di velocità apicali e di performance dei servizi di accesso a Internet".

Nell’osservare come, soprattutto "nel settore della telefonia sia fissa che mobile, caratterizzato dal proliferare di offerte promozionali anche molto articolate, nonché da complessi profili tecnici… la completezza della comunicazione deve coniugarsi con la chiarezza e l’immediata percepibilità delle condizioni di fruizione dell’offerta promozionale pubblicizzata", l’Autorità ha ritenuto che "la carenza nella comunicazione commerciale di F. deriva dalla circostanza che al consumatore nella fase promozionale non viene fornita un’indicazione attendibile circa la velocità e la qualità del servizio", atteso che "l’indicazione non univoca del parametro di riferimento della velocità, che non indica la tipologia cui è associato il vanto relativo alla velocità apicale raggiunta, risulta ingannevole in violazione dell’articolo 21 del Codice del Consumo".

La mancata indicazione di una velocità media o minima di navigazione che il consumatore potrà ragionevolmente attendersi a seguito della sottoscrizione del contratto, a fronte dell’enfasi posta sulla velocità apicale ("fino a"), rappresenterebbero "omissioni informative": in proposito rilevandosi come non siano state "adottate modalità idonee a rendere edotto l’utente di tali limitazioni, posto che anche le specificazioni rilevanti collocate in una sezione del sito internet, di non immediata consultazione per l’utente, relativa alle FAQ, sono caratterizzate dalle medesime carenze informative posto che la specificazione "Resta inteso che la velocità di navigazione su internet è influenzata da fattori esterni e indipendenti dalla rete F." appare generica e non fornisce al consumatore un parametro per effettuare una scelta economica consapevole in violazione dell’articolo 22 del Codice del Consumo".

Nell’osservare come, nel caso di specie, non sia stato dato riscontrare "il normale grado di competenza ed attenzione che ragionevolmente ci si può attendere, avuto riguardo alla qualità del professionista, alle caratteristiche dell’attività svolta e all’asimmetria informativa del settore, con riferimento alla prospettazione ingannevole delle caratteristiche del servizio di navigazione pubblicizzato e delle condizioni per usufruire dello stesso nei termini pubblicizzati", è stato conclusivamente ritenuto che la pratica commerciale di che trattasi integrasse una "violazione degli articoli 20, comma 2, 21 e 22 del Codice del Consumo".

1.5 Con riferimento alla quantificazione della sanzione applicabile, tenuto conto dei criteri individuati dall’art. 11 della legge n. 689/1981 in virtù del richiamo previsto all’art. 27, comma 13, del D.Lgs. 206/2005 (gravità della violazione, opera svolta dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione, personalità dell’agente, condizioni economiche dell’impresa stessa), AGCM – preliminarmente dato atto che F. S.p.A. rappresenta un operatore significativo nell’ambito della fornitura di servizi di connessione ad internet – ha rilevato, sotto il profilo della gravità della violazione, che:

– "la modalità di diffusione delle offerte in esame, ovvero internet, rappresenta uno strumento di normale consultazione per un utente al fine di confrontare le diverse offerte per la navigazione in rete ed eventualmente per procedere all’acquisto dell’offerta selezionata";

– "la gravità è altresì da ricondurre alla stessa tipologia della pratica in relazione al settore al quale l’offerta in esame si riferisce, ovvero quello dei servizi di navigazione in internet"; rispetto a tale settore, l’obbligo di completezza e chiarezza delle informazioni veicolate presentandosi "particolarmente stringente… anche in ragione dell’asimmetria informativa in cui versano i consumatori rispetto agli operatori di telefonia, da ricondurre tanto al proliferare di promozioni e tariffe quanto all’offerta di servizi sempre più evoluti sotto l’aspetto meramente tecnico".

Se è stato ulteriormente osservato che la condotta esaminata rivela carattere di "palese contrarietà della condotta alla diligenza professionale, atteso che un operatore, quale F., da lungo tempo attivo nel settore di cui trattasi e, conseguentemente, dotato di specifica competenza, è certamente edotto della rilevanza di un’informativa chiara ed esaustiva circa le caratteristiche e le condizioni di utilizzo del servizio internet pubblicizzato", per ciò che concerne la durata della condotta, la pratica all’esame è risultata "posta in essere quantomeno dall’aprile 2008… sino ad aprile 2009, data di rilevazione delle comunicazioni presenti sul sito istituzionale del professionista".

Sulla base di tali elementi, la sanzione amministrativa da applicare nei confronti di F. è stata quantificata nella misura di Euro 40.000,00; tuttavia rilevandosi la presenza di circostanze aggravanti ("in quanto il professionista risulta già destinatario di provvedimenti di scorrettezza in violazione del Titolo III, Capo II, del Codice del Consumo) suscettibili di condurre l’importo a complessivi Euro 60.000,00.

2. Ulteriore indagine che il Collegio non può omettere di condurre riguarda l’individuazione del quadro normativo di riferimento.

L’art. 18 del D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (Codice del Consumo, come modificato dal D.Lgs. 2 agosto 2007 n. 146) precisa che, per le finalità considerate dal Titolo III (Pratiche commerciali, pubblicità ed altre informazioni commerciali), si intende per:

– "professionista": qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista;

– "prodotto": qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni;

– "pratiche commerciali tra professionisti e consumatori": qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;

– "falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori": l’impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso".

Il successivo art. 19 puntualizza, poi, che le disposizioni contenute nel Titolo anzidetto trovano applicazione alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto.

Il comma 2 dell’art. 20 stabilisce, quindi, che "una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale e" diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori; mentre il successivo comma 4 individua come scorrette le pratiche commerciali:

– ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23

– aggressive di cui agli articoli 24, 25 e 26".

Quanto all’art. 21, il carattere di "ingannevolezza" della pratica commerciale" rileva allorché essa rechi "informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o più dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso:

a) l’esistenza o la natura del prodotto;

b) le caratteristiche principali del prodotto,…;

c) la portata degli impegni del professionista…";

(…)

f) la natura, le qualifiche e i diritti del professionista o del suo agente, quali l’identità, il patrimonio, le capacità, lo status, il riconoscimento, l’affiliazione o i collegamenti e i diritti di proprietà industriale, commerciale o intellettuale o i premi e i riconoscimenti;

g) i diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai sensi dell’articolo 130 del presente Codice".

Soggiunge il successivo comma 2 (lett. a) che "è altresì considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, induce o è idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso e comporti una qualsivoglia attività di commercializzazione del prodotto che ingenera confusione con i prodotti, i marchi, la denominazione sociale e altri segni distintivi di un concorrente, ivi compresa la pubblicità comparativa illecita".

Ai sensi dell’art. 22, "è considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso".

3. Quanto sopra preliminarmente posto, si dimostra, in primo luogo, infondata la censura con la quale parte ricorrente ha denunciato l’omessa comunicazione delle risultanze istruttorie (CRI), lamentando che da tale inadempimento sia conseguita una pratica impossibilità di conoscenza del complesso di atti e/o accertamenti acquisiti dalla procedente Autorità, con riveniente vulnerazione del diritto di difesa.

Viene, sotto tale profilo, rilevata – ove suscettibile di essere intesa nel senso della non obbligatorietà della comunicazione di che trattasi – l’illegittimità della disposizione di cui all’art. 16 del Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette.

Va in proposito osservato come la citata disposizione regolamentare disponga che:

– "Il responsabile del procedimento, allorché ritenga sufficientemente istruita la pratica, comunica alle parti la data di conclusione della fase istruttoria e indica loro un termine, non inferiore a dieci giorni, entro cui esse possono presentare memorie conclusive o documenti" (comma 1);

– "Conclusa la fase istruttoria, il responsabile del procedimento rimette gli atti al Collegio per l’adozione del provvedimento finale" (comma 2).

Giova rammentare, in argomento, come, ai sensi del precedente art. 11, sia pienamente riconosciuto "il diritto di accesso ai documenti formati o stabilmente detenuti dall’Autorità nei procedimenti concernenti pratiche commerciali… nel corso dell’istruttoria dei procedimenti stessi ai soggetti cui è stato comunicato l’avvio del procedimento, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, nonché ai soggetti intervenienti di cui all’articolo 10".

E’ evidente quindi che, nell’intero corso del procedimento, e a fortiori a seguito della comunicazione della data di conclusione della fase istruttoria, all’operatore professionale è garantita piena possibilità di prendere visione ed estrarre copia della documentazione acquisita dall’Autorità (parte della medesima proveniente peraltro dallo stesso operatore), come del pari di richiedere e partecipare ad audizioni (art. 12), di prendere cognizione di perizie e consulenze e di nominare propri consulenti (art. 13), di farsi assistere da consulenti in eventuali ispezioni (art. 14), di presentare documenti e memorie (artt. 6 e 16).

Le disposizioni regolamentari, dunque, assicurano effettivamente "il contraddittorio, la piena cognizione degli atti e la verbalizzazione" richiesti dall’art. 27, comma 11, del D.Lgs. 206/2005, in attuazione del quale sono emanate.

Nel compiuto sistema partecipativo delineato dal Regolamento sulle procedure istruttorie è, per effetto di quanto sopra osservato, assicurata la piena conoscibilità di tutti gli elementi documentali e istruttori utili a consentire la più efficace esplicazione del diritto di difesa in ambito procedimentale, al quale nulla potrebbe aggiungere una sintesi formale delle risultanze istruttorie, la cui mancata previsione non può dunque costituire profilo d’illegittimità dell’art. 16 e della comunicazione ad esso conforme (nel senso che "nessun obbligo motivazione è postulato relativamente alla comunicazione di conclusione del procedimento, la partecipazione al quale -ampiamente assicurata dalle modalità di svolgimento del medesimo- ben consente alla parte la cui condotta formi oggetto di indagine di rappresentare…le proprie ragioni": cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 11 giugno 2009, n. 5570 e 14 settembre 2009 n. 4673).

4. Deduce, poi, parte ricorrente che l’Autorità avrebbe omesso di esplicitare, con riferimento all’affermata valenza ingannevole della pratica commerciale esaminata, i contenuti della nozione di "consumatore medio" sul quale l’offerta commerciale era destinata ad incidere, determinando effetti decettivi sulla libertà di determinazione di quest’ultimo quanto alle scelte economiche suscettibili di essere assunte.

In altri termini, esclusa la configurabilità del "consumatore medio" alla stregua di parametri indifferenziati, sarebbe mancato, nell’iter logico percorso da AGCM, alcun riferimento alle specifiche conoscenze (e, conseguentemente, al livello di pretendibile avvedutezza) del consumatore di un prodotto – quale la connessione internet – caratterizzato da elevato livello di tecnicità: per l’effetto assumendosi che la "normale" conoscibilità delle caratteristiche del prodotto offerto escluderebbe l’opacità e/o l’incompletezza informativa dell’iniziativa posta in essere da F..

4.1 Al modello del "consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto" si richiamano numerose sentenze della Corte di Giustizia in materia di pubblicità ingannevole (si confronti, ex multis, la sentenza del 13 gennaio 2000, causa C220/98, Estée Lauder).

Mentre il "consumatore medio" corrisponde ad un modello giuridico astratto, l’individuabilità di una soglia "critica" di consumatori suscettibili di essere indotti in errore da un messaggio pubblicitario rappresenta la ricaduta di un metodo di indagine empirica al quale, secondo la stessa Corte di giustizia, in mancanza di specifiche e uniformi disposizioni comunitarie, i giudici nazionali possono ricorrere al fine di stabilire se una determinata percentuale, ancorché esigua, di consumatori indotti in errore da una determinata dicitura pubblicitaria, rilevi o meno ai fini del giudizio di ingannevolezza (così ancora la Corte di Giustizia nella sentenza resa nel caso Estée Lauder).

È dunque evidente che, a livello comunitario, non vi è una decisa e chiara opzione in ordine al profilo del soggetto degno di essere protetto dagli effetti ingannevoli della pubblicità.

Il modello astratto del "consumatore medio" appare poi idoneo, ai fini del giudizio di ingannevolezza, soprattutto nelle ipotesi in cui è sufficiente operare un bilanciamento, secondo il principio di proporzionalità, tra l’esigenza di libera circolazione delle merci e il diritto del consumatore a determinarsi consapevolmente in un mercato concorrenziale.

In generale, la nozione di consumatore medio (che sia raggiungibile da – ovvero al quale sia diretta – una pratica commerciale scorretta) individua un tipo di consumatore né pienamente informato e avveduto, né completamente disinformato e sprovveduto; e non può pertanto coincidere con una tipologia riconducibile ad un consumatore che abbia particolare dimestichezza e frequentazione di siti internet, che consentano al medesimo di "orientarsi", con avveduta dimestichezza e con sicura pratica, tra "link", "F.A.Q.", "pop up", rinvii da una ad altra sezione del sito.

Se è vero che – come da questa stessa Sezione in precedenza affermato (cfr. sentenza 3 marzo 2004 n. 2020) -l’individuazione del (livello di conoscenza del) consumatore medio non può conseguire ad una valutazione condotta in termini meramente statistici (dovendo, piuttosto, essere presi in considerazione fattori di ordine sociale, culturale ed economico, fra i quali, in particolare, va analizzato il contesto economico e di mercato nell’ambito del quale il consumatore si trova ad agire), non può allora essere disconosciuta – a tali fini – la rilevanza alle caratteristiche proprie dei beni e/o dei servizi coniugate con le (eventuali) peculiarità del settore merceologico di riferimento.

Tale dislivello – in ordine all’esistenza del quale anche le parti ricorrente dimostrano consapevolezza – non appare suscettibile di essere colmato ricorrendo (come la prospettazione di parte sembra suggerire) alle conoscenze ordinariamente pretendibili in capo ad un consumatore ordinariamente (e diligentemente) informato sulla configurazione del mercato nell’ambito del quale venga a collocarsi la sua posizione.

La misura degli obblighi informativi e la completezza delle informazioni rilevanti deve, invece, essere riguardata sempre in funzione dell’obiettivo del conseguimento del maggior livello di chiarezza e trasparenza pretendibile nel messaggio pubblicitario: ed assume peculiare pregnanza qualora il veicolo di comunicazione sia caratterizzato da particolare articolazione e complessità, potendo assumere specifico rilievo il modo di organizzazione e presentazione dei dati informativi, a seconda che essi siano ad esempio "frammentati" o piuttosto riuniti o comunque disponibili ad una visione sequenziale che consenta al consumatore di coglierli con la maggiore e migliore immediatezza.

4.2 Nella fattispecie, l’Autorità ha – condivisibilmente – ritenuto che l’ingannevolezza del messaggio in questione fosse sostanziata dalla non chiara percepibilità, rispetto al testo dell’offerta oggetto di promozione sulle pagine web della ricorrente, della distinzione fra "velocità di connessione" e "velocità di navigazione": di tal guisa che il consumatore, per effetto della lettura del contenuto promozionale, non fosse – in ragione della soglia di pretendibilità delle cognizioni in materia informatica ad esso "mediamente" riconducibile – posto nella condizione di apprendere, con carattere di immediatezza e di completezza, il reale contenuto dell’offerta medesima in ragione delle prestazioni (di connessione e/o di navigazione) effettivamente fruibili attraverso il servizio offerto da F..

Contrariamente a quanto argomentato da quest’ultima, AGCM ben si è data carico di esplicitare, nella determinazione gravata, i principi in base ai quali l’informazione oggetto di indagine è stata ritenuta, sotto il profilo all’esame, "ingannevole".

In tal senso, "la circostanza che la velocità di navigazione sia citata nell’ambito della presentazione dell’offerta commerciale nel medesimo contesto ove è citata una velocità di connessione massima" è stata ritenuta elemento suscettibile di "catturare" l’attenzione del consumatore, "inducendolo a confondere parametri di riferimento per la valutazione delle prestazioni del servizio internet diversi".Analogamente, "l’indicazione di una velocità apicale, unita alla mancanza e non chiarezza circa elementi essenziali quali la velocità minima di navigazione e le condizioni per il suo raggiungimento" sono stati valutati quali elementi idonei a connotare la pratica come scorretta", atteso che – quantunque "espressioni quali "fino a" possano essere di uso comune nel settore, indicando le caratteristiche tecnologiche della connessione e non la promessa di uno standard costante di navigazione" -la prospettazione di velocità apicali, che potrebbero non essere raggiunte, "rappresenta un fattore sicuramente idoneo ad alterare le scelte dei consumatori".

Alla stregua del generale principio di chiarezza e completezza della comunicazione pubblicitaria (che impone l’esplicitazione, fin dal momento dell’immediata percezione da parte dei consumatori, delle condizioni e dei limiti di utilizzo dei servizi offerti), è stato ulteriormente osservato come, segnatamente "nel settore della telefonia sia fissa che mobile, caratterizzato dal proliferare di offerte promozionali anche molto articolate, nonché da complessi profili tecnici", la completezza e comprensibilità delle informazioni si caratterizzino "come un onere minino dell’operatore pubblicitario al fine di consentire la percezione dell’effettiva convenienza della proposta".

5. Se le considerazioni precedentemente esposte persuadono il Collegio della completezza e congruità motivazionale del provvedimento con riferimento alla individuazione di una soglia "minima" di pretendibilità della chiarezza/completezza del messaggio promozionale con specifico riferimento alla speculare avvedutezza e conoscenza pretendibile in capo al consumatore (a proposito del quale, giova ribadirlo, non appare legittimamente richiedibile una particolare e/o "rincarata" competenza tecnicospecialistica pertinente al settore di interesse dell’offerta) non può accedersi alla prospettazione di parte ricorrente con riferimento alla integrazione informativa che, con riferimento al messaggio de quo, sarebbe stata fruibile mediante ricorso alle indicazioni esplicitate nelle pagine web relative alle FAQ (frequently asked questions).

Va infatti escluso che l’eterointegrazione informativa (rectius: il completamento delle caratteristiche del messaggio promozionale affidato ad elementi testuali ad esso, ancorché mediatamente riconducibili, estranei) si atteggi quale elemento di adeguamento di un obbligo (di chiarezza e completezza espositiva) che, invece, va ascritto esclusivamente a fatto proprio del professionista.

Obbligo che, va ribadito, non solo è suscettibile di adempimento con carattere di immediatezza e di chiara percebilità per effetto della mera lettura del messaggio stesso; ma il cui svolgimento, ben è sussumibile all’interno di quel complessivo onere di "diligenza" che connota la condotta legittimamente pretendibile in capo all’operatore commerciale.

La stessa interpretazione giurisprudenziale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 31 maggio 2005 n. 2852; T.A.R. Lazio, sez. I, 16 gennaio 2008 n. 277 e 10 maggio 2004 n. 4065) ha avuto modo di confermare che la valutazione in ordine alla decettività (riguardata sub specie della inadeguatezza e/o incompletezza informativa) del messaggio va condotta esclusivamente tenendo conto del testo di quest’ultimo: risultando, a tali fini, irrilevante il concreto atteggiarsi di eventuali elementi "additivi" volti a precisare, integrare o correggere il messaggio stesso.

Se va quindi escluso che l’incompletezza della comunicazione potesse essere "colmata" dalle conoscenze individuabili (e pretendibili) in capo al consumatore "medio", va parimenti disattesa l’argomentazione difensiva per cui la "chiara" distinzione fra velocità di connessione e velocità di navigazione fosse "agevolmente" argomentabile dalla lettura delle FAQ: venendosi a configurare, per effetto del "rinvio" a queste ultime, la presenza di una frammentazione dei contenuti dell’offerta configgente con i più volte citati principi di completezza, chiarezza ed esaustività del messaggio che connotano la correttezza della condotta dell’operatore commerciale.

Come dalla Sezione sostenuto (cfr. sentenza 21 gennaio 2010 n. 633), la prospettazione di parte ricorrente – alla stregua della quale la completezza degli elementi informativi sarebbe stata evincibile dalla lettura delle FAQ – viene, di fatto, a tradursi nell’imposizione di un onere per il consumatore di effettuare una navigazione del sito per reperire le informazioni rilevanti, ai fini della compiuta conoscenza dell’offerta, contenute in altre sezioni, diverse da quella inerente la presentazione dell’offerta stessa, dovendo procedere alla non agevole ricerca delle informazioni nelle FAQ, di consultazione meramente eventuale e comunque frammentaria.

Siffatto onere non può essere imposto al (né ragionevolmente preteso dal) consumatore medio, in ragione della distribuzione, tra consumatore e professionista, dei rispettivi oneri di diligenza, incombendo piuttosto su quest’ultimo l’obbligo di completezza informativa posta a tutela del consumatore, che si declina nell’onere di fornire una informazione tendenzialmente completa, chiara ed univoca, anche nelle modalità di presentazione dell’offerta e di rappresentazione degli elementi conoscitivi essenziali e rilevanti.

6. Quanto al carattere di "ingannevolezza" del messaggio promosso da F., i riportati contenuti della determinazione gravata si rivelano indenni da mende suscettibili di censurabilità nella presente sede di legittimità: dimostrandosi, conseguentemente, incondivisibili le censure in proposito svolte dalla parte ricorrente.

6.1 Come correttamente esposto dalla difesa erariale (cfr. memoria depositata il 23 dicembre 2010), rimane ferma – anche a fronte delle argomentazioni esplicitate da F. nel corso del procedimento e ribadite nell’atto introduttivo del presente giudizio – la non chiara e trasparente raffigurazione, nel quadro della pubblicizzazione del servizio offerto alla clientela, delle reali ed effettive prestazioni a quest’ultimo inerenti.

Si tratta, in particolare, della non agevolmente percepibile distinguibilità fra velocità di connessione e velocità di navigazione che il cliente poteva ottenere avvalendosi del servizio F.: dovendosi ribadire – in difetto di dirimenti argomentazioni a contrario da parte della ricorrente – come il potenziale utente fosse indotto, dal tenore complessivo del messaggio diffuso sulle pagine web della stessa F., a ritenere che, in presenza della indicazione riguardante la sola velocità apicale di navigazione, quest’ultima potesse integrare la presenza di uno standard prestazione comunque conseguibile.

Unitamente all’ingannevolezza di tale elemento, rileva – come, del resto, dalla stessa Autorità sottolineato – la carenza informativa riguardante la velocità minima garantita per le diverse offerte, la velocità standard (e non soltanto apicale) di navigazione, nonché l’illustrazione delle condizioni in presenza delle quali siffatta velocità apicale fosse, effettivamente, conseguibile dall’utente.

Circostanza, quest’ultima, ulteriormente avvalorata anche sulla base delle affermazioni esplicitate dalla stessa F., che ha ammesso – come è incontroverso – la difficoltà di rappresentare compiutamente, al momento dell’offerta, il complesso delle condizioni suscettibili di incidere sul raggiungimento della velocità apicale di navigazione in rete.

Né, d’altro canto, l’uso di espressioni quali "fino a" (riferita alla tendenziale raggiungibilità della velocità apicale onde trattasi) sono suscettibili di essere lette fuori da una portata concretamente decettiva, avuto riguardo al convincimento, da esse con ogni evidenza ingenerabile nel consumatore, che il livello massimo di velocità nella navigazione – anche alla luce dell’enfatizzazione del relativo dato – integrasse, piuttosto che una prestazione "di punta" del servizio offerto, piuttosto una sua connotazione "normale", sì da orientare, con carattere di evidente recettività, la scelta economica del consumatore stesso.

Deve conseguentemente ritenersi che la pratica commerciale all’esame abbia integrato una violazione dei parametri normativi – in precedenza riportati – di cui agli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo, i quali stabiliscono:

– che una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori;

– che è considerata ingannevole una pratica commerciale che contenga informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induca o sia idonea ad indurre in errore il consumatore medio e, in ogni caso, lo induca o sia idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso;

– che, ulteriormente, è considerata parimenti ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, ometta informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o sia idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

Il paradigma normativo sopra riportato appare correttamente applicato, nella fattispecie in esame, all’offerta di prodotto di cui al messaggio pubblicitario preso in considerazione da AGCM: per l’effetto rilevandosi l’infondatezza delle censure ex adverso esposte dall’odierna ricorrente.

Va senz’altro escluso che l’informazione da quest’ultima offerta rivelasse, secondo quanto esposto nelle comunicazioni pubblicitarie diffuse in rete, la necessaria completezza che le illustrate previsioni normative postulano: venendo, quindi, in considerazione proprio la tipologia di condotta che le disposizioni di legge sopra richiamate delineano, in termini di ingannevolezza, laddove ci si trovi in presenza di comunicazioni incomplete e/o non esaustive, ovvero suscettibili di orientare le scelte dei consumatori in maniera decettiva rispetto al reale – e non completamente appalesato – contenuto dell’offerta.

Il deficit informativo, in particolare, risulta concernere elementi essenziali dell’offerta: i quali, complessivamente riguardati, sono suscettibili di orientare la scelta del consumatore.

6.2 Né, altrimenti, le risultanze – offerte in valutazione all’Autorità – dello speed test effettuato da F. rivelano dirimente valenza al fine di confutare la non correttezza della pratica commerciale da quest’ultima posta in essere.

E ciò in quanto sia relativamente alla velocità di connessione, che con riferimento alla velocità di navigazione, gli stessi dati elaborati dalla ricorrente hanno posto in luce la presenza di valori costantemente al di sotto rispetto a quelli prospettati in sede di promozione del servizio.

7. Se le considerazioni precedentemente esposte inducono ad escludere la fondatezza delle doglianze di parte ricorrente relativamente alla configurazione, in termini di illiceità, della pratica commerciale esaminata da AGCM, omogeneo giudizio di infondatezza va rassegnato relativamente alle doglianze con le quali viene lamentata l’erroneità nel computo della sanzione amministrativa pecuniaria applicata, segnatamente con riferimento all’aumento di Euro 20.000,00 applicato da AGCM rispetto alla sanzionebase (determinata in Euro 40.000,00) a fronte della valutata presenza di una circostanza aggravante rappresentata dalla pregressa commissione di violazioni della specie.

Secondo la tesi sostenuta dalla parte, il sistema sanzionatorio previsto dalle applicabili disposizioni non contemplerebbe l’applicabilità di misure afflittive a carattere "aggiuntivo", operanti in presenza di "recidiva", ovvero della reiterazione, ad opera di un medesimo operatore commerciali, di violazioni delle medesime previsioni di legge.

Va in proposito osservato come, in presenza di circostanze aggravanti derivanti dalla pluralità di violazioni in materia di pratiche commerciali scorrette (così come richiamate nel provvedimento), l’Autorità non ha nella fattispecie fatto applicazione dell’istituto della "recidiva" in senso tecnico (quale disciplinato dall’art. 8bis della legge 689/1981, aggiunto dall’art. 94 del D.Lgs. 507/1999): bensì ha, diversamente, determinato in concreto la sanzione, da rapportarsi, secondo quanto prescritto dall’art. 11 della legge 689/1981, anche alla "personalità" dell’agente, alla cui ricostruzione, per consolidata giurisprudenza, concorrono i "precedenti" nel settore genericamente interessato dalla violazione ascrittagli (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 21 gennaio 2008 n. 380).

La censura, per l’effetto, non merita accoglimento.

8. Nel ribadire le considerazioni diffusamente esplicitate ai precedenti punti, non può esimersi il Collegio dal disporre la reiezione del gravame, avuto riguardo alla dimostrata infondatezza delle doglianze con tale mezzo di tutela articolate.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Condanna la ricorrente F. S.p.A., in persona del legale rappresentante, al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’intimata Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, costituitasi in giudizio, per complessivi Euro 2.500,00 (euro duemila e cinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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