Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-12-2010) 04-02-2011, n. 4173 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P. 1. Con sentenza del 13/01/2010, la Corte di Appello di Trento confermava la sentenza pronunciata in data 14/07/2008 con la quale il Tribunale della medesima città aveva ritenuto C.S. responsabile dei delitti di truffa e tentata truffa ai danni di D.R..

P. 2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, in proprio, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi:

1. CARENZA ED ILLOGICITA’ DELLA MOTIVAZIONE per avere la Corte territoriale fondato la sua decisione sulla sola credibilità della versione resa dalla parte civile e sulla "a priori mala fede" di esso ricorrente. Peraltro, la Corte avrebbe dovuto dichiarare la non procedibilità per tardività della querela (presentata nel luglio del 2008) laddove lo stesso querelante aveva dichiarato in querela che si era accorto del presunto raggiro nell’aprile del 2008;

2. VIOLAZIONE DELL’ART. 420 TER C.P.P. per non avere la Corte territoriale rinviato l’udienza del 13/01/2010 nonostante esso ricorrente avesse prodotto, tramite il proprio legale di fiducia, certificati medici attestanti la necessità di un immediato ricovero;

3. violazione degli ARTT. 132 – 133 C.P. per essere stato condannato ad una pena eccessiva senza che la Corte avesse esplicitato alcunchè in ordine ai criteri utilizzati per la determinazione della stessa e senza concedere neppure le attenuanti generiche.
Motivi della decisione

P. 3. CARENZA ED ILLOGICITA’ DELLA MOTIVAZIONE (motivo sub 1), la censura, nei generici ed aspecifici termini in cui è stata dedotta è manifestamente infondata.

Infatti, non è vero che la Corte abbia recepito acriticamente le dichiarazioni della parte offesa e ritenuto a priori infondata la tesi difensiva. Al contrario, le dichiarazioni della costituita parte civile sono state vagliate anche alla luce di oggettivi riscontri probatori (ricevute rilasciate dall’imputato), sicchè la motivazione dell’impugnata sentenza non si presta alla generica doglianza. Quanto alla pretesa tardività della querela, la Corte territoriale ha obiettato che, nell’atto di querela, il D. aveva precisato "di avere preso coscienza di essere vittima di un raggiro verso la metà del maggio 2006…": avverso la suddetta motivazione nulla ha replicato il ricorrente, sicchè la censura va ritenuta aspecifica.

P. 4. VIOLAZIONE DELL’ART. 420 TER C.P.P. (motivo sub 2): la Corte territoriale ha rigettato la richiesta di rinvio perchè "l’imputato si è volontariamente ricoverato nella casa di cura nell’imminenza dell’udienza al fine di sottoporsi ad accertamenti dei quali non è attestata l’urgenza". Alla stregua della suddetta motivazione, è evidente, pertanto, che la censura è generica ed aspecifica perchè, al di là di invocare la notoria giurisprudenza di questa Corte in ordine al legittimo impedimento, il ricorrente non ha speso una sola parola per censurare la motivazione con la quale la Corte territoriale ha respinto la richiesta di rinvio.

P. 5. VIOLAZIONE degli ARTT. 132 e 133 C.P. (motivo sub 3): anche la suddetta censura va ritenuta manifestamente infondata in quanto la motivazione addotta dalla Corte territoriale "la pena dev’essere confermata, perchè la pessima condotta di vita evidenziata dal sesquipedale certificato penale non consente di concedere attenuanti generiche nè di ridurre la sanzione irrogata che appare adeguata alla gravità del fatto" deve ritenersi ampia, congrua e logica e, quindi, non censurabile in questa sede di legittimità, essendo stato correttamente esercitato il potere discrezionale spettante al giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio.

P. 6. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

DICHIARA Inammissibile il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuale della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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