Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-03-2011, n. 5731 Offerta

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Svolgimento del processo

Con citazione notificata il 28.2.1983 G.F. agiva nei confronti di M.G. per il pagamento della somma di L. 5.025.000, quale residuo corrispettivo sia di opere di ristrutturazione edilizia resesi necessarie in seguito ai danni cagionati da un’alluvione, e così come autorizzate dall’ufficio del Genio civile, sia di altri lavori.

Il convenuto nel resistere in giudizio deduceva di aver convenuto con l’attore la somma complessiva di L. 3.000.000 e di aver già versato in acconto L. 1.500.000, e pur sostenendo che il G. non aveva eseguito tutte le opere commissionategli, offriva di pagare a definizione della vertenza la differenza di L. 1.500.000.

Il Tribunale di Catanzaro accoglieva parzialmente la domanda, condannando il convenuto al pagamento della somma di L. 1.500.000, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla domanda al saldo.

Sull’impugnazione principale di M.G. e incidentale di G.F., la Corte d’appello di Catanzaro con sentenza del 24.2.2005 escludeva la sola rivalutazione monetaria del credito per la somma capitale riconosciuta dal giudice di prime cure e compensava per un terzo le spese del giudizio d’appello, che per la restante frazione poneva a carico di M.G..

Riteneva la Corte d’appello che dal raffronto tra le opere autorizzate dal Genio civile e quelle che, sulla base della c.t.u. espletata, erano risultate eseguite, emergesse il sostanziale adempimento del G.. Tuttavia, relativamente ai lavori asseritamente eseguiti su richiesta del M. ed extra contratto originario, incideva la compensazione parziale, disposta dal Tribunale con capo di decisione non impugnato se non sull’an, di un credito vantato dall’appaltante nei confronti della sorella del G., per opere consistenti nella realizzazione di un bagno completo, con sostituzione di due finestre e di due porte interne, per cui dalla quantificazione dei lavori effettuata dal c.t.u. doveva escludersi il valore di dette opere. In ogni caso, alla stregua del limite fissato dal contratto, il credito residuo del G. ammontava all’importo riconosciuto dal primo giudice, di Euro 774,68, corrispondenti a L. 1.500.000.

Per quanto concernente, invece, la richiesta svalutazione monetaria, rilevava che l’appellato non aveva fornito alcun elemento idoneo a provare il maggior danno.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre M.G., con due motivi.

Resiste con controricorso G.F., che propone altresì impugnazione incidentale affidata a due motivi.

Il ricorrente ha presentato, a sua volta, controricorso ai sensi dell’art. 371 c.p.c., comma 4.

Entrambe le parti hanno presentato memorie.
Motivi della decisione

1. – Parte controricorrente e parte ricorrente eccepiscono, in via pregiudiziale, l’inammissibilità, rispettivamente, del ricorso principale e del ricorso incidentale, per essere stati notificati alla parte personalmente e non ai rispettivi procuratori domiciliatari.

1.1. – Dette eccezioni sono manifestamente infondate.

Premesso che la notificazione dell’atto di impugnazione effettuata al procuratore costituito equivale pienamente alla notificazione effettuata alla parte presso il procuratore stesso – nei casi in cui essa è prescritta dall’art. 330 c.p.c., ult. comma – soddisfacendo l’una e l’altra forma di notificazione all’esigenza che l’atto di gravame sia portato a conoscenza della parte per il tramite del suo rappresentante processuale, va rilevato che, nella specie, le notifiche sono state effettuate alle parti, ma presso i rispettivi difensori domiciliatari, che le hanno ricevute.

2. – Con il primo motivo il ricorrente deduce l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

La Corte territoriale, si legge, ha riconosciuto che il contratto d’appalto prevedeva l’esecuzione dei lavori autorizzati dal Genio civile verso un corrispettivo di L. 3.000.000. Il semplice raffronto tra la quantità dei lavori accertati dal c.t.u. come eseguiti e quelli che il G. avrebbe dovuto realizzare dimostra che questi non ha adempiuto la propria obbligazione, avendo realizzato non più del 20% dei lavori appaltati.

A fronte di tali macroscopiche discrepanze, analiticamente indicate nell’atto d’appello e risultanti dalla c.t.u. espletata, la Corte territoriale ha inspiegabilmente ritenuto che da tale raffronto emerga il sostanziale adempimento dell’appaltatore.

A ciò deve aggiungersi, prosegue l’appellante, che la Corte d’appello, data la manifesta discordanza tra le deposizioni dei testi indotti dal convenuto e quelle dei testi di parte attrice, e tra queste ultime e le risultanze della c.t.u., avrebbe dovuto ritenere inattendibili i testi dell’attore.

2.1. – Il motivo non è accoglibile, posto che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il giudice di merito non è tenuto a prendere in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle parti, essendo sufficiente che egli indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in tal caso ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass. nn. 2272/07 e 14084/07).

Nello specifico, la Corte territoriale ha sufficientemente dato conto delle complessive ragioni della decisione (come sintetizzate nella superiore parte narrativa), sicchè la censura in oggetto appare sostanzialmente diretta a sollecitare un’inammissibile revisione della valutazione operata sulle prove che sono state considerate come rilevanti dal giudice d’appello.

3. – Rispetto al secondo motivo del ricorso principale, inerente alla questione della mora debendi, che a sua volta richiede un giudizio sull’esistenza o meno di un motivo legittimo per rifiutare l’offerta non formale, è prioritario l’esame del primo motivo del ricorso incidentale, avente ad oggetto la statuizione sull’ammontare del credito.

Sostiene il controricorrente che la Corte d’appello non ha considerato che G.F. aveva diritto a maggiori somme, ossia L. 6.475.000, di cui L. 5.325.000 per lavori corrispondenti a quelli autorizzati dal Genio civile, e L. 1.150.000 per ulteriori opere eseguite.

2.1. – Il motivo è infondato, perchè introduce una censura del tutto generica e un’inammissibile critica al merito della decisione, la cui motivazione non è aggredita adeguatamente sotto il profilo della congruità e della logica interna.

3. – Con il secondo motivo del ricorso principale è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., art. 1220 c.c. e art. 1224 c.c., comma 1, nonchè l’omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia, costituito dall’offerta banco iudicis di L. 1.500.000 effettuata da M.G. all’udienza di prima comparizione del 9.5.1983 e rifiutata da G. F..

Sostiene il ricorrente che il giudice d’appello, dato atto di tale offerta, avvenuta secondo gli usi, avrebbe dovuto escludere la mora debendi e negare, coerentemente, la decorrenza degli interessi legali dalla domanda.

3.1. – Il motivo è fondato.

L’offerta informale della somma anzi detta, affermata nella sentenza impugnata (v. pag. 4), e non contestata dal controricorrente, comporta, ai sensi dell’art. 1220 c.c., l’esclusione della mora debendi e blocca conseguentemente la decorrenza degli interessi relativi, che vanno, pertanto, esclusi, non avendo il creditore motivo legittimo per rifiutare l’offerta, non essendo risultata fondata l’ulteriore pretesa creditoria.

4. – Con il secondo motivo del ricorso incidentale, infine, si sostiene che erroneamente la Corte d’appello non abbia riconosciuto in favore di G.F. la rivalutazione monetaria del credito, e a sostegno si richiama varia giurisprudenza di questa Corte.

4.1. – Il motivo è manifestamente destituito di fondamento.

Le sentenze citate dal controricorrente (Cass. nn. 9517/02, 11381/96, 3778/82, 5337/83, 3830/82, 1429/84, 693/82, 3542/78, 4816/82 e 572/83) attengono tutte a fattispecie di obbligazioni risarcitorie da inadempimento contrattuale, e dunque riguardano caratteristiche obbligazioni di valore, mentre nella specie si controverte dell’esistenza e della misura dell’obbligazione di pagamento del corrispettivo di un appalto, che costituisce debito di valuta ed è soggetto alla norma dell’art. 1224 cpv. c.c., cui ad evidenza si è riferita la Corte territoriale lì dove ha rilevato che l’appellato non aveva fornito prova "dell’ulteriore danno costituito dalla svalutazione" (v. pag. 10).

5. – In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata limitatamente al secondo motivo del ricorso principale, respinto il primo motivo e il ricorso incidentale, e decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384, comma 1 testo ante D.Lgs. n. 40 del 2006, vanno esclusi gli interessi moratori sulle somme riconosciute in favore del controricorrente.

6. – Considerato l’esito complessivo della lite, che vede l’accoglimento solo parziale della pretesa creditoria azionata, sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese dei due gradi di merito e del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.

Riunisce i ricorsi.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale, respinge il primo motivo, respinge il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito esclude gli interessi sulla somma capitale riconosciuta in favore del controricorrente. Compensa interamente fra le parti le spese del doppio grado di merito e del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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