Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 11-11-2010) 04-02-2011, n. 4425 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

N.F. e A.F., indagati per il reato di cui all’art. 328 c.p., per avere, nelle qualità, rispettivamente, di sindaco e responsabile del settore lavori pubblici del Comune di Pizzo, rifiutato, pur in presenza di urgenti ragioni di sicurezza pubblica, di procedere all’immediata sospensione dei lavori relativi alla rimozione della scogliera artificiale in località Seggiola, vietati a sensi dell’art. 16 delle Norme di Attuazione e Misure di Salvaguardia (NAMS) del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) della Regione Calabria, in quanto cadenti in zona R4 ad altissimo rischio di frana, proponevano istanza di riesame avverso il decreto emesso il 03.06.2010 con cui il GIP di Vibo Valentia aveva disposto il sequestro preventivo dell’intera area del cantiere.

Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Vibo Valentia annullava il decreto impugnato, rilevando che l’intervento in esame, consistente nella rimodulazione della barriera esistente attraverso la posa in opera, sul versante esterno, di una mantellata di pietre naturali a scarpata con funzione frangiflutti a distanza invariata dal costone tufaceo e la rimozione, su quello interno, di parte del terrapieno esistente con realizzazione di una darsena di acqua calma, previa posa di paratie in cemento armato in grado di mitigare il rischio frana, rientrava in una delle ipotesi di deroga al divieto delle NAMS, in quanto finalizzato alla riduzione del rischio geomorfologico, come attestato da apposito studio tecnico, tant’è che aveva ricevuto parere favorevole dall’Autorità di Bacino Regionale (ABR). Nè poteva ravvisarsi alcun contrasto con l’art. 27 delle NAMS (inibente tutte le opere e attività di trasformazione dello stato dei luoghi, nel perseguimento dell’obiettivo del mantenimento e del recupero delle condizioni di equilibrio dinamico della linea di riva e del rinascimento delle spiagge erose), come erroneamente ritenuto dal ct. del P.M. sulla base di una equiparazione impropria tra la costruenda darsena e i porti turistici e da diporto. Avverso l’ordinanza propone ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vibo Valentia, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, per avere il Tribunale:

– omesso di considerare che, alla stregua dei pacifici dati di fatto, l’intervento oggetto di causa cade sotto i divieti di cui agli artt. 16 e 27 delle NAMS;

– affermato che esso rientra in una delle ipotesi di deroga ai divieti, senza peraltro indicare quale sia tale ipotesi e come vi si possano comunque rapportare i lavori realizzando oggettivamente volti a elidere l’efficacia stabilizzante di quelli pregressi, in quanto consistenti nell’abbassamento della scogliera frangiflutti e in sbancamenti finalizzati a consentire l’ingresso del mare ai piedi del costone e all’interno della c.d. "Grotta Azzurra";

– dato incongruo rilievo al provvisorio e condizionato parere favorevole dell’ABR, reso dopo precedenti pareri negativi e in considerazione degli interventi pregressi, non del tutto attuati e ora soggetti a modifica, e in ogni caso senza una previa verifica tecnica, sotto la spinta di evitare la perdita dei finanziamenti regionali e in pendenza dell’esito dei dati dell’istruttoria tecnica diretta a verificare l’effettivo abbassamento del livello di rischio da R4 a R2;

– omesso di considerare che le stesse prescrizioni recate dal citato parere favorevole sono risultate violate;

– escluso il rifiuto degli atti di ufficio in base alla ritenuta insussistenza di specifiche segnalazioni di pericolo, non necessarie per la configurabilità del reato di cui all’art. 328 c.p., comma 1.

Resiste con articolata memoria la difesa degli indagati, concludendo per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso.
Motivi della decisione

Va premesso in diritto che contro le ordinanze emesse a norma dell’art. 324 c.p.p. in materia di sequestro preventivo il ricorso è ammesso solo per "violazione di legge" ( art. 325 c.p.p., comma 1) e che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il difetto di motivazione integra gli estremi della violazione di legge solo quando l’apparato argomentativo che dovrebbe giustificare il provvedimento o manchi del tutto o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dall’organo investito del procedimento (ex plurimis: SU. 13.2.2004, F.; S.U. 28.5.2003, P.).

Ciò chiarito, si osserva che il proposto ricorso è fondato nei sensi e per i motivi di cui appresso.

L’ordinanza impugnata, invero, nel ritenere che l’intervento oggetto di causa rientra in una delle ipotesi di deroga ai divieti di cui agli artt. 16 e 27 delle NAMS, non ha indicato di quale ipotesi si tratti e come e perchè sussista la ritenuta inclusione. Non può, in particolare, ritenersi – come assume la difesa – che il Tribunale abbia in realtà indicato l’ipotesi di cui all’art. 16 cit., comma 2, lett. a), relativa agli inteventi "per la mitigazione del rischio di frana e, in genere, tutte le opere di bonifica e sistemazione dei movimenti franosi". Nel passaggio richiamato dalla difesa, infatti, non si definisce l’intervento in questione come un intervento del genere suddetto ma si precisa in via generale (con una notazione, quindi, esplicativo – interpretativa della normativa) che le ipotesi di deroga al divieto disciplinate dalle lett. a), b), d), f), g) di cui al comma 2 del cit. art. 16 – in una delle quali rientrerebbe l’intervento de quo – riguardano "interventi realizzabili in area R4 in quanto finalizzati alla riduzione del rischio geomorfologico".

E che il punto in discussione sia rimasto oggettivamente indefinito lo conferma la stessa memoria della difesa, nella quale si richiamano, volta a volta, in modo diretto o indiretto, oltre alla ipotesi surricordata, anche quelle di cui al comma 2, lett. d) ("interventi strettamente necessari a ridurre la vulnerabilità dei beni esposti e a migliorare la tutela della pubblica incolumità") e alla lett. c) del comma 1 ("realizzazione di collettori fognari, condotte d’acquedotto, gasdotti o oleodotti ed elettrodotti o altre reti di servizio") del cit. art. 16 delle NAMS. Altro punto rimasto sostanzialmente eluso dalla motivazione resa dal Tribunale riguarda il rapporto dell’intervento de quo con la norma dell’art. 27 delle NAMS, che vieta in via generale nelle aree a rischio erosione costiera (nella fascia di battigia antistante il costone tufaceo) tutte le opere e attività di trasformazione dello stato dei luoghi e quelle di carattere urbanistico ed edilizio. Al riguardo, infatti, l’ordinanza impugnata si limita a osservare che il rilievo del consulente del P.M. circa la non congruenza dell’intervento in esame in rapporto all’art. 27 NAMS "sembrerebbe determinato da una impropria equiparazione effettuata dal consulente tra la realizzazione della darsena rientrante nel complessivo progetto esecutivo e i porti turistici e da diporto".

Ora, oltre al carattere perplesso del passaggio, non può non rimarcarsi anche la sua natura apodittica, laddove taccia di improprietà la equiparazione suddetta, eludendo il problema sostanziale della compatibilità strutturale e finalistica della darsena con le NAMS, a sua volta correlato con quello – di particolare rilievo sotto il profilo della sicurezza (e su cui non ha mancato di focalizzare la sua attenzione il GIP) – concernente il ripristino di un ingresso dal mare nella "Grotta azzurra". Ai punti che precedono va aggiunto anche quello attinente al richiamato parere favorevole dell’ABR del 06.08.2009. Tale richiamo, infatti, è stato del tutto depurato sia degli antefatti relativi al parere non favorevole rilasciato qualche mese prima dallo stesso organismo e alla impossibilità di esprimere pareri – in mancanza del completamento dell’iter per la riclassificazione dell’area – dichiarata dal medesimo funzionario dell’ABR appena pochi giorni prima, sia della emissione non preceduta da dirette verifiche tecniche e del carattere perplesso e condizionato dello stesso parere del 06.08.2009, nonchè della segnalata inosservanza delle prescrizioni cautelative ivi imposte: elementi tutti specificamente valorizzati nel provvedimento del GIP. E’ evidente che tutti i punti sopra esaminati sono punti essenziali della decisione, ragion per cui le rilevate carenze in ordine ad essi (non ovviabili certamente in questa sede attraverso le indicazioni recate dalla memoria difensiva) integrano senza dubbio un vuoto motivazionale che si risolve in violazione di legge agli effetti dell’art. 325 c.p.p., giusta il criterio interpretativo sopra evidenziato.

L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio al giudice di merito, che procederà a nuovo esame, tenendo conto dei rilievi suesposti, nonchè, in punto di diritto, del fatto che, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 328 c.p., comma 1, il rifiuto dell’atto d’ufficio si verifica non solo a fronte di una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussista un’urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell’atto, in modo tale che l’inerzia del pubblico ufficiale assuma, per l’appunto, la valenza del consapevole rifiuto dell’atto medesimo (Cass. sent. n. 4995 del 07.01.2010, PG in proc. Acquesta; conformi sentt. N. 5482 del 1998 Rv. 210497, N. 10003 del 2000 Rv. 218487, N. 31713 del 2003 Rv.

226218, N. 17570 del 2006 Rv. 233858).
P.Q.M.

Visti gli artt. 615 e 623 c.p.p., annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Vibo Valentia per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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