Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 09-11-2010) 04-02-2011, n. 4165 Richiesta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.F., tramite il difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza 16.2.2009 con la quale la Corte d’Appello di Napoli, confermando la decisione 6.7.2007 del Tribunale di NOLA, l’ha condannata alla pena di anni sei di reclusione e 900,00 Euro di multa, avendola ritenuta responsabile dei reati di cui agli artt. 81 cpv. e 629 c.p., art. 640 c.p., comma 2, n. 2, art. 61 c.p., n. 7, perchè, alfine di trarre un ingiusto profitto con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, mediante ripetute minacce di morte, si faceva consegnare da B.S. la somma di Euro 3.000,00 e perchè, con artifici e raggiri consistiti nel far credere a B.S. che lei e i suoi cari erano esposti a "fatture di morte" otteneva dalla stessa somme non precisate nonchè beni personali, cagionando alla p.o. un danno patrimoniale di rilevante quantità.

Tratta a giudizio avanti il Tribunale di Nola, con il c.d. "rito immediato" per rispondere dei delitti di cui in premessa, l’imputata, tramite il difensore formulava, nei termini di legge, la richiesta di essere giudicata con il "rito abbreviato", condizionandolo all’escussione testimoniale della parte offesa.

Il Giudice delle indagini preliminari respingeva la richiesta e disponeva il rinvio a giudizio dell’imputata; la difesa di quest’ultima, nella fase degli atti preliminari al dibattimento, rinnovava la richiesta di rito abbreviato, senza peraltro più subordinarla ad alcuna condizione.

Il Tribunale respingeva l’istanza, siccome difforme da quella già formulata nella fase degli atti preliminari. Sul punto, la difesa proponeva quindi specifico motivo di appello che veniva respinto dalla Corte territoriale, perchè, se è pur sempre ammissibile, nella fase degli atti preliminari al dibattimento, la riproposizione della richiesta di celebrazione del processo con il rito abbreviato, già respinta dal giudice delle indagini preliminari, pur tuttavia, la istanza deve essere di contenuto identico a quello già esaminato dal giudice che l’ha respinta.

In relazione al merito della vicenda, con l’atto di appello, la difesa sosteneva ancora che: 1) nel caso in esame poteva essere configurato il solo reato di truffa e non già quello di estorsione, essendo meramente "immaginario" il male minacciato alla parte offesa;

2) il delitto di estorsione doveva essere configurato nella forma del tentativo, posto che la prevenuta non aveva avuto, neppure per breve lasso di tempo, la disponibilità del denaro; 3) dovevano essere riconosciute le attenuanti generiche e quella del danno di particolare tenuità di cui all’art. 62 c.p., n. 4.

La Corte territoriale respingeva tutti i motivi di gravame rilevando che: 1) le minacce profferite dall’imputata (di professione "maga") alla parte offesa (a sua volta incredula delle capacità divinatorie di costei) dovevano essere considerate reali (siccome non connesse alla attività di fattucchiera) e non immaginarie, perchè consistenti nella prospettazione di "far saltare per aria la casa" della parte offesa, se quest’ultima non avesse provveduto al pagamento delle somme richieste; 2) sulla base delle deposizioni della parte offesa e del maresciallo dei Carabinieri che, intervenuto nell’operazione di polizia giudiziaria, aveva affermato che l’imputata aveva avuto la disponibilità della somma estorta, se pur per un breve, ma comunque apprezzabile lasso di tempo; 3) le somme complessivamente estorte alla parte offesa, costretta ad utilizzare intere mensilità del suo modesto stipendio e a vendere beni personali (quali una telecamera e dei termosifoni), escludevano l’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, non potendo neppure essere riconosciute quelle generiche non avendo la difesa addotto alcun specifico e valido motivo in forza del quale diversamente ritenere. Ricorre pertanto per Cassazione la difesa, richiedendo l’annullamento della sentenza impugnata e deducendo due specifici motivi di doglianza.

P. 1.) Con il primo, la difesa lamenta la violazione dell’art. 438 c.p.p., in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e). In particolare la ricorrente sostiene che essendo in sè legittima la reiterazione della domanda perchè si procedesse con il rito abbreviato (alla luce del contenuto della sentenza 169/2003 della Corte Costituzionale), non poteva essere considerata circostanza preclusiva all’ammissione del rito alternativo, il fatto che la richiesta fosse stata formulata anche in termini differenti rispetto a quelli contenuti nella istanza già proposta al giudice delle indagini preliminari e da questi respinta. La doglianza è manifestamente infondata e va respinta dovendosi in questa sede richiamare la costante giurisprudenza di legittimità per la quale (v. fra le altre: Cass. pen., sez. 3^, 5.6.2009, n. 27183; Cass. pen., sez. 1^, 29.11.2007 Russo) non è consentito in sede predibattimentale il mutamento (come avvenuto nel caso sottoposto all’esame di questo collegio) della richiesta di giudizio abbreviato condizionato avanzata nel corso dell’udienza preliminare e respinta in quella sede, in domanda di giudizio abbreviato incondizionato. Sul punto valgano brevemente le seguenti considerazioni. Esaurito l’iter procedimentale con il quale, come per il caso in esame, è possibile richiedere il cd. rito abbreviato al Giudice dell’udienza preliminare, la successiva istanza, riformulata avanti il giudice del dibattimento, si traduce necessariamente in una valutazione del fondamento delle ragioni per le quali il rito alternativo era stato negato.

Pertanto, in caso di ritenuta fondatezza della originaria richiesta, è compito del giudice del dibattimento, procedere a giudizio con il cd. "rito abbreviato" o, comunque, all’esito del dibattimento ordinario ritenuta la fondatezza della primigenia richiesta, accordare, sotto il profilo sanzionatorio, il beneficio della riduzione della pena nella misura stabilita dalla legge.

Il giudizio del Tribunale è quindi una valutazione sulla correttezza (anche sotto profili di merito) della decisione del primo decidente.

Di qui consegue che il contenuto della richiesta di rito abbreviato formulata avanti il giudice della udienza preliminare non può ‘ essere modificata, a seguito della sua reiezione, nella successiva fase del giudizio dibattimentale. Infatti, in tal caso il Giudice del dibattimento si troverebbe ad esprimere un giudizio di ammissibilità di una richiesta del tutto nuova nel suo contenuto per di più proposta, per la prima volta fuori dagli ambiti previsti dal codice;

inoltre il giudice del dibattimento, in tale ipotesi non esprimerebbe più un giudizio attinente alla decisione del giudice della udienza preliminare, ma assumerebbe una decisione su aspetti del tutto nuovi, mai prima esaminati. Per tali ragioni il motivo deve essere considerato inammissibile.

2) Con il secondo motivo la difesa lamenta l’erronea applicazione degli artt. 56 e 629 c.p., nonchè il vizio di motivazione, perchè la Corte territoriale, non tenendo nella debita considerazione che la somma oggetto dell’estorsione era stata consegnata dalla parte lesa alla imputata sotto il costante controllo della polizia giudiziaria, non aveva riqualificato il fatto ascritto alla prevenuta, nella forma di "tentativo" di estorsione. La doglianza è inammissibile. In primo luogo essa, senza introdurre elementi di novità, è una mera riproposizione di quella già dedotta con il gravame avanti alla Corte di Appello che ha dato una risposta corretta sotto il profilo del diritto, richiamando precedenti specifici di legittimità (fra i quali da ultimo, v.: Cass. pen., sez. 2^, 19.6.2009, n. 27601).

In secondo luogo, l’affermazione della difesa in ordine alla circostanza che, nella specie, mancherebbe la realizzazione dell’ingiusto profitto da parte del soggetto agente, appare del tutto in conferente, perchè: "In tema di delitto di estorsione, la costrizione, che deve seguire alla violenza o minaccia, attiene all’evento del reato, mentre l’ingiusto profitto con altrui danno si atteggia a ulteriore evento, sicchè si ha solo tentativo nel caso in cui la violenza o la minaccia non raggiungono il risultato di costringere una persona al facere ingiunto (la corte ha così deciso che se il soggetto passivo consegna la somma di denaro per costringimento derivante dalla violenza o minaccia, il fatto che si sia rivolto alla polizia giudiziaria per denunciare l’altrui condotta antigiuridica non elide l’evento del costringimento, e quindi l’assenso alla collaborazione nelle indagini non elimina il nesso di causalità tra la condotta violenta o minacciosa e la costrizione alla condotta pretesa)". Cass. pen., sez. 2^, 18.11.2005, Terrenghi.

Pertanto il ricorso è inammissibile e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali nonchè, ex art. 616 c.p.p., della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende attesa la pretestuosità delle ragioni del gravame.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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