Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-10-2010) 04-02-2011, n. 4162 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 20 gennaio 2010, parzialmente riformando la condanna pronunciata dal G.I.P. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 18 settembre 2008 nei confronti di D.G.L. e C.A., dichiarati colpevoli del reato di rapina impropria aggravata, riduceva la pena inflitta a ciascuno nella misura di anni tre di reclusione ed Euro 500 di multa.

Secondo l’imputazione, modificata su richiesta del p.m. con assorbimento dell’autonoma contestazione di violenza privata, i suddetti, in concorso tra loro e con F.F., sottraevano a P.O. con destrezza una borsa e adoperavano violenza nei di lei confronti, consistita nel tentativo di investirla con un’autovettura, e nei confronti di Z.L., di cui speronavano l’autovettura, per assicurarsi il possesso della refurtiva.

Propongono ricorso per cassazione gli imputati personalmente.

C. deduce:

1) mancanza e contraddittorietà della motivazione, nonchè erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 530 e 533 c.p.p., e art. 625 c.p.. Il ricorrente ravvisa contraddittorietà tra le dichiarazioni del teste Z.L. e quelle della persona offesa, soprattutto in ordine alla partecipazione al delitto di due o tre persone; inoltre, gli stessi coimputati avevano dichiarato che esso ricorrente al momento dell’azione delittuosa stava dormendo.

Anche ammettendo che esso C. sia l’autore materiale dello spossessamento della borsa ai danni della P., nessun teste lo avrebbe visto incitare il F., che per la fuga si poneva alla guida dell’autovettura, ad investire la persona offesa, e, quindi, non potrebbero attribuirsi ad esso condotte indipendenti dalla sua volontà, con la conseguenza che al più potrebbe considerarsi responsabile ai sensi dell’art. 116 c.p., D.G., dopo aver ricordato che in sede di interrogatorio aveva confessato il furto, negando il coinvolgimento di C., formula nei confronti della sentenza impugnata censure analoghe a quelle proposte dal C. di mancanza e contraddittorietà della motivazione, nonchè erronea applicazione della legge penale, ritenendo che al più potrebbe ritenersi responsabile del delitto contestato solo ai sensi dell’art. 116 c.p..
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e devono essere dichiarati inammissibili. Premesso che le valutazioni dei giudici di merito dei due gradi di giudizio, non essendovi difformità sul punto denunciato, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico e inscindibile, deve ribadirsi, con la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, che esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali(per tutte, Sez. Un., 30/4 – 2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944).

I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione ampia ed esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento, in particolare, osservando che "la dinamica dei fatti descritta e l’assenza di ogni elemento contrario o dissonante, consentono di escludere in modo deciso che anche uno solo dei tre volesse una fattispecie diversa da quella poi in concreto messa in atto dagli altri due suoi concorrenti e dunque possa giovarsi del più lieve trattamento di cui all’art. 116 c.p., comma 2; certamente non può invocarlo F., che guidava l’auto e pose essere i fatti di violenza ai danni dapprima della vittima P. O., provando ad investirla e poi di Z.L., spingendolo fuori strada con l’auto. Allo stesso modo la condivisione era totale sia per D.G., che era in auto in attesa con F. e dunque svolse la funzione di palo e subito dopo incitò la fuga, sia per C., che scese dalla macchina, si avvicinò alla P., le strappò la borsa la strattonò e subito dopo corse di nuovo dai suoi complici per scappare a bordo della Ford Ka, provando ad investire la persona offesa". Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè, ai sensi dell’art. 616, valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dai ricorsi, al versamento ciascuno della somma, che si ritiene equa, di Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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