Cass. civ. Sez. III, Sent., 10-03-2011, n. 5699 Opposizione

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Svolgimento del processo

Con decreto 4 aprile 2001 il giudice di pace di Rovigo ha ingiunto a F.B. il pagamento della somma di L. 2.657.846 oltre successive in favore di C.C., titolare della ditta Gentile, per spese di custodia di un autoveicolo già sequestrato per ragioni di giustizia penale.

Con atto 23 maggio 2001 il F. ha proposto opposizione, innanzi al giudice di pace di Rovigo, avverso tale decreto, deducendo, da un lato, la competenza esclusiva del gip presso il tribunale di Firenze, colà risiedendo il pubblico ministero che aveva chiesto il sequestro dell’autoveicolo, nonchè la carenza di legittimazione passiva di esso concludente, nè proprietario del veicolo nè soggetto presso il quale era stato eseguito il sequestro, dall’altro, che il custode prima di pretendere il compenso doveva porre il veicolo a disposizione della controparte, per la verifica della sua funzionalità e che, comunque, le spese reclamate erano eccessive.

Costituitasi in giudizio la C. ha resistito alla apposizione, deducendone la infondatezza.

Svoltasi la istruttoria del caso l’adito giudice ha convalidato il decreto opposto.

Gravata tale pronunzia dal soccombente F., nel contraddittorio della C. che, costituitasi in giudizio, ha resistito alla avversa impugnazione, il tribunale di Rovigo con sentenza 5 giugno – 27 giugno 2005 ha confermato, ancorchè con diversa motivazione, la sentenza impugnata, correggendo il dispositivo della stessa nel senso che là ove nello stesso è scritto – con riferimento al decreto ingiuntivo opposto – convalida deve leggersi conferma.

Per la cassazione di tale ultima pronunzia, ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, F.B..

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’intimata C..
Motivi della decisione

1. Ha osservato il giudice di secondo grado:

– secondo le norme previgenti ( art. 263 c.p.c.) – applicabili alla controversia ratione temporis – disposta, dal giudice penale, la restituzione della res in sequestro in favore di un determinato soggetto questo ultimo poteva, in sede penale, con il rito penale, contestare la restituzione in proprio favore;

– qualora come nella specie non sia stata proposta opposizione avverso il provvedimento che dispone il dissequestro si solidifica la spettanza del bene al soggetto indicato per la restituzione – che può non essere il proprietario – e sullo stesso ricadono, gli ceneri e gli obblighi del ritiro;

– in particolare il F., nel momento in cui non si oppose alla restituzione a sè, aveva l’onere di ritirare il bene, quantomeno quale detentore per disposizione dell’autorità giudiziaria, e il deposito dell’autoveicolo presso la C. ha rappresentato per lui un arricchimento senza causa, atteso che in mancanza di tale servizio, sarebbe stato suo costo alloggiare e custodire il bene sequestrato, per tenerlo egli stesso (qualora proprietario) ovvero in attesa di restituirlo al proprietario;

– tale essendo il titolo per cui la somma deve essere pagata, ritiene il giudicante che la somma richiesta sia congrua, perchè fondata su tariffe ACI, sufficientemente recepite e utilizzate anche dalla autorità pubblica, espressione di un valore oggettivo e non speculativo commerciale di quel servizio;

– infondata, infine, si appalesa l’eccezione di cui all’art. 1460 c.c. sia perchè la disposizione è inapplicabile in assenza di un rapporto contrattuale, sia perchè – comunque – l’appellata ha provato di avere offerto il ritiro della autovettura sia, infine, tenuto presente che nella specie doveva trovare applicazione l’art. 1460 c.c., comma 2. 2. Il ricorrente censura la riassunta pronunzia denunziando, nell’ordine:

– da un lato, violazione e falsa applicazione di norme di legge ( art. 360 c.p.c., n. 3) con riferimento agli artt. 263 c.p.c. (valenza soggettiva del provvedimento di dissequestro) e 100 c.p.c. (in punto di legittimazione passiva alla lite civile), atteso e che erroneamente il giudice a quo ha disatteso l’insegnamento contenuto in Cass. pen., 10 ottobre 2000 (RV 218882) e che esso concludente aveva già dimostrato in sede di merito di non essere proprietario del veicolo per cui è controversia (essendo frutto di un errore il provvedimento di dissequestro in suo favore) e che, infine, era onere del giudice ordinare ex art. 107 c.p.c. la chiamata in causa della proprietaria del veicolo, quale risultante dal pubblico registro automobilistico primo motivo;

– dall’altro, violazione e falsa applicazione di norma di legge ( art. 360 c.p.c., n. 3) per avere ritenuto la pretesa come nascente da arricchimento senza causa, atteso che cessata la necessità del vincolo penalistico di sequestro, al trentesimo giorno del provvedimento di restituzione, il rapporto tra custode e proprietario del mezzo già sequestrato è disciplinato dalle norme del codice civile e, pertanto, come rapporto di deposito e l’obbligo di pagare le spese di custodia, deve qualificarsi come obbligazione nascente dalla legge o, meglio, dalla disposizione di cui all’art. 84 disp. att. c.p.p. vigente all’epoca, sì che giammai la pretesa della controparte può qualificarsi arricchimento senza causa secondo motivo;

– da ultimo, violazione e falsa applicazione di norme di diritto ( art. 360 c.p.c., n. 3) con riferimento, alla ritenuta inapplicabilità dell’art. 360 c.c., atteso e che opinare che in subiecta materia la norma di cui all’art. 1460 c.c. sia inapplicabile perchè la fonte del rapporto non è contrattuale confligge con la disposizione di cui all’art. 12 preleggi, e che non è condivisibile l’assunto secondo cui è sufficiente la offerta di prestazione della restituzione, occorrendo anche la dimostrazione da parte del depositario, la diligenza della custodia e che la pretesa di esso concludente di verificare il buon funzionamento del mezzo come conseguenza della obbligazione del depositario di diligente custodia non appare contraria a buona fede.

3. Il ricorso non può trovare accoglimento.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

3.1. Rileva – in limine – il Collegio che giusta la testuale previsione di cui del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27, comma 2, le restanti disposizioni del capo primo dello stesso decreto legislativo diverse da quelle indicate nel precedente comma 1 e, tra queste, per quanto rilevante al fine del decidere, le nuove disposizioni in tema di ricorso per cassazione si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere della data di entrata in vigore del presente decreto, cioè dal 2 marzo 2006.

Certo quanto sopra, pacifico che nella specie la sentenza impugnata è stata pubblicata il 27 giugno 2005, è palese la inapplicabilità – al presente ricorso – tra l’altro, della disciplina di cui all’art. 366 bis c.p.c. e sono – di conseguenza – irrilevanti i quesiti di diritto che la difesa della ricorrente ha formulato al termine dei vari motivi.

3.2. La sentenza 10 ottobre 2000 – 15 gennaio 2001, n. 854, della prima sezione penale di questa Corte Suprema, ha enunciato il seguente principio di diritto: in tema di recupero delle spese di conservazione e custodia di beni sequestrati, le somme liquidate a titolo di indennità di custodia fanno parte delle spese del procedimento penale ed è compito dello Stato anticiparle sino al trentesimo giorno successivo alla comunicazione all’avente diritto del provvedimento di dissequestro e di restituzione del bene. Dopo tale data il carattere pubblico della funzione del custode viene meno ed il suo diritto di credito, volto ad ottenere la corresponsione dell’indennità di custodia, è disciplinato dalle norme del codice civile. Ne discende che il provvedimento di dissequestro e restituzione delle cose sequestrate all’avente diritto non deve essere comunicato al custode giudiziario dei beni, il quale ha l’onere di attivarsi nei confronti di colui che non abbia provveduto al tempestivo ritiro, al fine di recuperare quanto dovutogli.

Pacifico quanto precede, non controverso che nella specie – in sede civile – il tribunale di Rovigo ha accertato un credito della C. nei confronti del F. per la custodia del veicolo per il tempo successivo ai primi trenta giorni alla comunicazione di dissequestro del bene, è palese che la sentenza impugnata non si è in alcun modo posta in contrasto con il ricordato precedente giurisprudenziale.

Irrilevante – al fine del decidere – e di pervenire a una diversa conclusione della lite (o di ritenere la pronunzia ora oggetto di ricorso in contrasto con il richiamato precedente) è la circostanza che il F. non sia il proprietario del veicolo oggetto della custodia esercitata dalla C..

Precisano, in particolare le norme richiamate dal ricorrente:

– da un lato, che contro il decreto del pubblico ministero che dispone la restituzione, gli interessati possono proporre opposizione sulla quale il giudice provvede a norma dell’art. 121 (art. 263 c.p.p., comma 5);

– dall’altro, che – per quanto rilevante al fine del decidere – le spese di custodia e di conservazione sono in ogni caso dovute dall’avente diritto alla restituzione per il periodo successivo al trentesimo giorno decorrente dalla data in cui il medesimo ha ricevuto la comunicazione del provvedimento ai restituzione ( art. 84 disp. att. c.p.p., comma 2, ultima parte, ora abrogato, ma applicabile nella specie ratione temporis).

Come puntualmente evidenziato dalla sentenza ora impugnata:

– sia l’art. 263 c.p.p (e la correlata disposizione di attuazione), sia la sentenza di questa Corte, sezione penale, sopra richiamata, prevedono che le cose oggetto di sequestro penale siano restituite all’avente diritto alla restituzione e che costui sia tenuto al pagamento delle spese relative alla loro custodia;

– assumendo almeno in questa sede il F. che il provvedimento di restituzione non doveva essere emesso – dal pubblico ministero – in suo favore, ma nei confronti di un terzo (in particolare di tale M.R., proprietaria dell’autoveicolo) è palese che il F., per evitare di assumere – a norma dell’art. 84 disp. att. c.p.p., comma 2 – l’obbligo di corrispondere le spese di custodia, era tenuto a proporre opposizione, a norma del combinato disposto di cui all’art. 127 c.p.p., e dell’art. 263 c.p.p., comma 5;

– in difetto di tale rimedio impugnatorio è palese che la C., da un lato, non poteva che offrire la restituzione dell’autoveicolo al soggetto indicato nel provvedimento di dissequestro del pubblico ministero, dall’altro, correttamente ha preteso il compenso per l’attività prestata da detto soggetto (cioè del F.).

La omessa opposizione, avverso il provvedimento di dissequestro, da parte del F., comunque – nella eventualità il pubblico ministero fosse incorso in errore nella identificazione del soggetto interessato a ottenere la restituzione come pure si prospetta – non ha privato quest’ultimo del proprio diritto di agire, in sede civile.

L’azione – diretta a accertare che esso F. non era proprietario del veicolo, risultando tale, in realtà un terzo soggetto – peraltro – contrariamente a quanto supposto dal F. – non doveva essere proposta nei confronti della C. che – come accertato sopra – a seguito della mancata opposizione avverso il provvedimento di dissequestro non poteva che azionare il proprio credito nei confronti del beneficiario del provvedimento del pubblico ministero ma nel contraddittorio di colui (o colei) che giusta l’assunto del F., in quanto proprietario del veicolo era l’esclusivo beneficiario del servizio reso dal custode in pratica, nella specie, la M.R.).

Correttamente, pertanto, i giudici del merito hanno ritenuto totalmente irrilevante, al fine del decidere, la circostanza che l’odierno ricorrente avesse, sulla base delle emergenze di causa, e, in particolare, delle risultanze del pubblico registro automobilistico, dato la prova di non essere proprietario dell’autoveicolo oggetto del provvedimento di dissequestro e di custodia da parte della C..

Nè – infine – è censurabile in questa sede la circostanza che il primo giudice non si sia avvalso dei poteri di cui all’art. 107 c.p.c. ordinando la chiamata in causa della reale proprietaria dell’autoveicolo, atteso, da un lato, che nei confronti di quest’ultima non sussisteva una ipotesi di litisconsorzio necessario, sì che – eventualmente – era onere esclusivo del F., nel rispetto delle regole del contraddittorio ( artt. 106 e 269 c.p.c.), chiedere che al giudizio partecipasse anche tale soggetto, dall’altro, che comunque, è incensurabile nei gradi successivi al primo l’esercizio (o il mancato esercizio) da parte del primo giudice, delle facoltà di cui all’art. 107 c.p.c. (cfr. Cass. 5 settembre 2008, n. 22419; Cass. 19 maggio 1999, n. 4857).

3.3. Con il secondo motivo, come riferito sopra, si denunzia la sentenza impugnata perchè erroneamente il giudice di appello ha accolto la domanda avversaria sotto il profilo di cui all’art. 2041 c.c., affermando che la custodia prestata dalla C. aveva realizzato un arricchimento senza causa in favore del F., anzichè qualificare il rapporto inter partes obbligazione ex lege nascente dall’art. 84 disp. att. c.p.p..

La deduzione è inammissibile, per difetto di interesse.

Giusta quanto assolutamente pacifico – presso una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice, e da cui totalmente e senza alcuna motivazione totalmente prescinde la difesa del ricorrente – l’interesse all’impugnazione, il quale costituisce manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire – sancito, quanto alla proposizione della domanda ed alla contraddizione alla stessa, dall’art. 100 c.p.c. – va apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento del gravame e non può consistere in un mero interesse a- stratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata.

E’ inammissibile, pertanto, per difetto d’interesse, un’impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta quindi all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico (Cass. 23 maggio 2008, n. 13377; Cass. 19 maggio 2006, n. 11844; Cass. 26 luglio 2005, n. 15623).

Pacifico quanto precede, non controverso, alla luce delle considerazioni svolte in margine al primo motivo, che senza ombra di dubbio l’odierno ricorrente in quanto beneficiario ancorchè, eventualmente, erroneamente del provvedimento di dissequestro era tenuto, non avendo impugnato un tale provvedimento, prima a ritirare l’autoveicolo in sequestro, senza oneri da parte sua, ove ciò avesse fatto nei primi trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento, e, quindi, a corrispondere le spese di custodia, trascorso il detto periodo, è palese che è irrilevante che – se del caso – il giudice di appello abbia erroneamente qualificato l’azione proposta dalla odierna intimata.

Certo, infatti, che anche nell’eventualità dovesse – per ipotesi – ritenersi maggiormente aderente al quadro normativo come sopra delineato qualificare l’obbligo del F. di pagare l’importo della custodia come derivante da una obbligazione ex lege anzichè ex art. 2041 c.c. non per questo potrebbe pervenirsi alla cassazione della sentenza impugnata, è di palmare evi-denza che il ricorrente – come premesso – è carente di interesse a svolgere il motivo di ricorso in esame.

3.4. Manifestamente infondato – da ultimo – si appalesa il terzo, e ultimo, motivo.

Recita, in particolare, l’art. 1460 c.c. che nei contratti con prestazioni corrispettive …

Pacifico quanto sopra, pacifico che anche nella eventualità dovesse aderirsi alle conclusioni sviluppate dall’odierno ricorrente, tra le parti non si è mai costituito un contratto con prestazioni corrispettive ma unicamente una obbligazione nascente dalla legge, è palese che correttamente il giudice ha disatteso l’eccezione di cui all’art. 1460 c.c. (Il tutto a prescindere dal considerare che in tanto poteva pretendersi – da parte dell’avente diritto alla restituzione del veicolo – il buon funzionamento di questo al momento della consegna in quanto fosse stata data, o offerta, la prova che al momento in cui è stato emesso il provvedimento di sequestro e depositato il veicolo presso il custode il veicolo fosse in condizioni di funzionare).

4. Risultato infondato in ogni sua parte il proposto ricorso, in conclusione, deve rigettarsi.

Nessun provvedimento deve adottarsi in ordine alle spese di questo giudizio di cassazione, non avendo la intimata svolta attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso;

nulla sulle spese di questo giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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