Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-10-2010) 04-02-2011, n. 4149 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 4.10.2005, il Tribunale di Napoli dichiarò P.F. responsabile dei reati di cui all’art. 110 c.p., art. 628 c.p., comma 1, e art. 3 c.p., n. 1, e concesse le attenuanti generiche equivalenti – lo condannò alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 600,00 di multa.

Avverso tale pronunzia propose gravame l’imputato, e la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 9.7.2008, confermava la decisione di primo grado.

Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) e), per errata interpretazione degli artt. 189 e 213 c.p.p., e mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in riferimento al riconoscimento fotografico non effettuato secondo le modalità previste dalla legge, ed al relativo verbale illegittimamente acquisito al dibattimento ex art. 500 c.p.p.; la descrizione del malvivente fornita dall’ A., che ha avuto ad oggetto soprattutto il dato compartimentale del rapinatore, in nessun modo può dirsi, poi, confermativa dell’atto di riconoscimento fotografico.

Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va pertanto dichiarato inammissibile.

Premesso che il riconoscimento fotografico operato in sede di indagini di polizia giudiziaria non è regolato dal codice di rito e costituisce un accertamento di fatto utilizzabile in giudizio in base ai principi di non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice, e che la certezza della prova non discende dal riconoscimento come strumento probatorio, ma dall’attendibilità accordata alla deposizione di chi si dica certo dell’individuazione (v., tra le tante, Cass. Sez. 5^, sent. n. 22612/2009 Rv. 244197;

Sez. 4^, sent. n. 45496/2008, Rv. 242029); che possono essere utilizzati per le contestazioni, e quindi possono essere ritualmente acquisiti al fascicolo del dibattimento ex art. 500 c.p.p., gli atti di individuazione fotografica o personale compiuti dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria (cfr. Cass. Sez. 6^, sent. n. 5401/2000 Rv. 216143), rileva il Collegio che il ricorrente, pur avendo formalmente denunciato i vizi di erronea applicazione della legge penale e difetto di motivazione (fondandoli sulla irritualità del riconoscimento fotografico effettuato in fase di indagine senza il rispetto delle garanzie difensive, e sulla illogicità della motivazione sul punto) ha, tuttavia, nella sostanza, svolto ragioni che costituiscono una critica del logico apprezzamento delle prove fatto dal giudice di appello con la finalità di ottenere una nuova valutazione delle prove stesse; e ciò non è consentito in questa sede.

La Corte territoriale, con motivazione congrua ed esente da evidenti vizi logici, ha risposto a tutti i motivi d’appello, evidenziando, in ordine alla contestata individuazione fotografica, l’attendibilità delle dichiarazioni del teste A., che, anche in dibattimento, ha ribadito quanto denunciato nell’immediatezza del fatto e confermato il riconoscimento fotografico della persona identificata quindi nell’attuale ricorrente, persona che – come dallo stesso riferito – aveva potuto osservare a lungo anche in ragione dei tempi di commissione del reato e della condotta del rapinatore apparentemente normale e non affatto aggressiva nei preliminari della rapina. Tali dichiarazioni hanno trovato, poi, piena corrispondenza in quelle conformi del teste G. e negli esiti della perquisizione effettuata il 26 marzo 2002 nell’abitazione dell’imputato, nel corso della quale sono stati rinvenuti indumenti simili a quelli indossati dai rapinatori e descritti dai testi.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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