Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-10-2010) 04-02-2011, n. 4189 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 9 gennaio 2010 il Tribunale del riesame di Genova confermava il decreto di sequestro preventivo emesso il 21 novembre 2009 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, avente ad oggetto un assegno bancario tratto sul conto corrente n. (OMISSIS), già acceso presso la BNL, agenzia di (OMISSIS), da parte del Genoa C.F.C, s.p.a.. Il titolo in questione era stato posto all’incasso da G.L. in data 25 novembre 2009, apparente data di emissione da parte di P.E., già amministratore della società Genoa C.F.C., per l’importo di Euro 450.000,00, ma non era stato pagato perchè il conto corrente era estinto sin dal 16 gennaio 2006. Il G. era quindi sottoposto ad indagini per il reato di appropriazione indebita dell’assegno.

Secondo la versione del P. il titolo era stato consegnato nell’anno 2005 a G.L., che era stato presidente del Venezia Calcio, a garanzia del saldo pattuito per l’acquisto di un giocatore della squadra di calcio veneziana e non era stato riscosso sia perchè dato a mero titolo di garanzia (tra l’altro il Venezia Calcio era stato dichiarato fallito e il giocatore era stato automaticamente svincolato), sia per il coinvolgimento del P. in un procedimento per frode sportiva collegato anche alla predeterminazione del risultato di un incontro tra la quadra genovese e quella veneziana.

Avverso la predetta ordinanza l’indagato G. ha proposto, tramite il difensore, ricorso per Cassazione.

Con il ricorso si deduce:

1) la violazione di legge per l’omessa notifica al G. della data fissata per l’udienza camerale dinanzi al Tribunale del riesame;

2) la violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del fumus del reato di appropriazione indebita mancando l’elemento dell’ingiusto profitto; l’assegno bancario oggetto della contestata appropriazione, infatti, sarebbe stato rilasciato dal P. a fronte di un prestito concessogli dal G. il quale, non essendo stato il debito mai onorato, aveva deciso di monetizzare il titolo;

comunque si sarebbe dovuto escludere nel caso in esame il periculum in mora poichè il conto corrente sul quale era stato tratto l’assegno bancario in questione era chiuso e la persona offesa aveva agito civilmente per la tutela dei suoi diritti (il Genoa CFC aveva, in particolare, proposto opposizione avverso l’atto di precetto azionato dal G. e presentato ricorso ex art. 700 c.p.c. per bloccare il protesto, oltre a presentare ricorso ex R.D. n. 1736 del 1933, art. 56 chiedendo la sospensione degli atti esecutivi relativamente al precetto notificato al P.).

Il ricorso è inammissibile.

Il primo motivo è manifestamente infondato risultando dagli atti trasmessi dal Tribunale di Genova, su richiesta di questa Corte in data 2 luglio 2010, che la notifica a G.L. dell’avviso di fissazione dell’udienza svoltasi dinanzi al Tribunale del riesame l’8 gennaio 2010 era stata regolarmente notificata a G.L. presso lo studio del difensore domiciliatario, avv. Ottaviano Cardia, in data 4 gennaio 2010 (ff. 164, 165: atti relativi al procedimento incidentale del Tribunale del riesame avente ad oggetto il decreto di sequestro preventivo emesso il 22 dicembre 2009 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova).

Il secondo motivo è del tutto generico e, comunque, manifestamente infondato.

Va premesso che – secondo quanto affermato più volte da questa Corte, anche a Sezioni Unite (Cass. Sez.Un. 29 maggio 2008 n.25932, Ivanov; 28 gennaio 2004 n.5876, p.c.Ferrazzi in proc. Bevilacqua; 28 maggio 2003 n.25080, Pellegrino)- il ricorso per Cassazione avverso le ordinanze emesse a norma degli artt. 322 bis e 324 c.p.p. in materia di sequestro preventivo e di sequestro probatorio (in quest’ultimo caso per effetto del rinvio operato dall’art. 257 c.p.p. all’art. 324 c.p.p.) può essere proposto esclusivamente per il vizio di violazione di legge, comprendente sia l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale sostanziale e processuale ( art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b e c) sia il difetto di motivazione che si traduca, a sua volta, in una violazione della legge processuale ( art. 125 c.p.p., comma 3) perchè l’apparato argomentativo manchi completamente o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di ragionevolezza che consentano di rendere comprensibile l’iter logico posto a fondamento del provvedimento impugnato (motivazione meramente apparente). E’ pertanto preclusa alla Corte una valutazione che possa risolversi in un’anticipata decisione della questione di merito e quindi in una verifica in concreto della fondatezza della tesi accusatoria.

Il sindacato sulle condizioni di legittimità della misura cautelare reale si realizza infatti attraverso una delibazione sommaria della congruità degli elementi rappresentati in cui, senza prescindere dalle concrete risultanze processuali e dalle contestazioni difensive (Cass. sez. 3, 20 maggio 2010 n. 27715, Barbano; sez. 3, 5 maggio 2010 n. 26197, Bressan; sez. 3, 11 marzo 2010 n.18532, D’Orazio; sez. 5, 26 gennaio 2010 n.18078, De Stefani; sez. 4, 29 gennaio 2007 n.10979, Veronese; sez. 1, 19 dicembre 2003 n.1885, Cantoni; sez. 2, 21 ottobre 2003 n.47402, Di Gioia; sez. 3, 11 giugno 2002 n.36538, Pianelli; sez. 6, 3 marzo 1998 n.731, Campo; Sez. Un.20 novembre 1996 n.23, Bassi), possono rilevare eventuali difformità tra fattispecie legale e fattispecie reale solo se ravvisabili ictu oculi.

Nel caso in esame il ricorrente, quanto al fumus dell’ipotizzato reato di appropriazione indebita, si limita a riproporre in maniera del tutto generica la versione di un presunto prestito del G. in favore del P. che, come si desume dall’ordinanza impugnata, era stata appena accennata dal difensore del G. all’udienza svoltasi P8 gennaio 2010 dinanzi al Tribunale del riesame di Genova.

Il giudice di merito ha inoltre puntualmente osservato che allo stato, sulla base di quanto dichiarato dallo stesso G. circa la ricezione dell’assegno bancario nell’anno 2005 privo di data e del nome del beneficiario, l’aver messo all’incasso in data 25 novembre 2009 il titolo, previo inserimento della data del 25 novembre 2009 e del proprio nome quale beneficiario, si configurerebbe astrattamente come un intervento possessionis, con correlativo profitto per l’agente, nel caso in cui – come sostenuto dal P. – l’assegno fosse stato dato a garanzia del saldo dovuto al Venezia Calcio per l’acquisto di un calciatore. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. sez. 6, 8 novembre 1990 n.4168, Bocchino; sez. 2, 23 maggio 1997 n. 5499, Ferrari; sez. 2, 29 febbraio 2000 n. 1 151, Manibelli; sez. 6, 10 ottobre 2006 n. 757, Pappalardo), la violazione dell’accordo di non negoziare il titolo di credito consegnato a titolo di garanzia da luogo ad una interversione del possesso della cosa, che ha come risultato l’indebita appropriazione della cosa stessa e del danaro in cui essa si converte. Correttamente il Tribunale del riesame ha poi affermato che gli estremi del reato di appropriazione indebita sarebbero astrattamente sussistenti anche nel caso in cui l’assegno fosse stato provento della frode sportiva nella quale il P. era rimasto coinvolto e come tale non negoziabile, considerato anche che il titolo era stato tratto su un conto corrente intestato alla società Genoa FBC ormai estinto (fin dal 16 gennaio 2006) e che il P. non era più amministratore della predetta società. Nell’ordinanza impugnata si pone peraltro in evidenza che la società del Venezia Calcio è stata dichiarata fallita e che il G., che ne era stato il Presidente, non avrebbe in ogni caso avuto titolo per porre all’incasso l’assegno.

Quanto al periculum in mora il giudice del merito correttamente ha ritenuto sussistente la concreta possibilità, in considerazione della natura del bene e di tutte le circostanze del fatto e indipendentemente dalle iniziative adottate sul piano civilistico dal Genoa CFC, che l’assegno oggetto del sequestro, se posto nella libera disponibilità del G., assuma carattere strumentale rispetto all’aggravamento o alla protrazione delle conseguenze del reato ipotizzato o alla agevolazione della commissione di altri reati, ponendo in evidenza da un lato l’assoluta autonomia del procedimento civile e la revocabilità dei provvedimenti assunti in tale ambito e, dall’altro lato, il possibile ricorso a procedure esecutive da parte del G..

Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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