T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, Sent., 01-02-2011, n. 41 Prove d’esame

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La ricorrente ha partecipato al concorso per l’ammissione al Corso di Dottorato di Ricerca in "Internazionalizzazione delle piccole e medie imprese", indetto con decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Perugia n. 6 in data 3 gennaio 2007.

Ha ottenuto un punteggio di 64/100 (30/40 alla prova scritta, 32/40 a quella orale, e 2/20 per i titoli), risultando collocata al settimo posto della graduatoria, non utile all’ammissione al corso (per il quale era stabilito un massimo di sei posti).

Va fin d’ora sottolineato che, all’atto di presentare la domanda, la ricorrente non aveva redatto un elenco dei titoli e delle pubblicazioni allegate, ma (a suo dire, seguendo i suggerimenti dell’impiegata addetta alla ricezione delle domande) si era limitata a dichiarare, utilizzando il "modello b" (una dichiarazione sostitutiva, prevista dall’articolo 3 del bando per attestare la conformità dei documenti prodotti in copia), che "le fotocopie allegate alla domanda erano conformi alle originali".

Dopo la conclusione del concorso, la domanda le è stata restituita senza la copia della tesi di laurea e delle altre pubblicazioni (che asserisce di aver allegate, senza tuttavia poter produrre prove documentali o testimoniali sulla loro effettiva presentazione).

2. La ricorrente impugna il decreto rettorale n. 6 in data 3 gennaio 2007, di approvazione della graduatoria (unitamente ai verbali della commissione nn. 1, 3 e 4, relativi alle sedute in cui sono stati attribuiti i punteggi).

2.1. Espone anzitutto una serie di circostanze che avrebbero condizionato negativamente le sue prove di esame:

– nonostante nella domanda avesse richiesto di sostenere l’esame in francese, ciò le sarebbe stato consentito solo dopo che la prova scritta era iniziata da 40 minuti;

– durante la prova scritta sarebbe stata interrotta dalla Commissione, che le avrebbe contestato la validità del titolo di studio (laurea in Studi Superiori Commerciali, conseguita in data 16 giugno 2004 presso l’Università di Cartagine, Tunisia);

– subito dopo la prova scritta, sarebbe stata indotta a firmare un foglio in bianco, che sarebbe poi divenuto la dichiarazione di disponibilità a sostenere la prova orale in data 13 dicembre 2006 (vale a dire, il giorno successivo);

– nel corso della prova orale sarebbe stata interrogata, in francese, soltanto da uno dei commissari, la prof. Lussana, la quale non avrebbe evidenziato una padronanza della lingua tale da porre le domande e comprendere le risposte; inoltre la prova avrebbe riguardato non l’attitudine alla ricerca della candidata, bensì una tesi svolta dalla commissaria sulla Tunisia.

2.2. Quanto alle censure di legittimità specificamente prospettate, la ricorrente:

– lamenta che, in violazione dell’articolo 12, comma 2, del d.P.R. 487/1994, dell’articolo 11 del regolamento dei Corsi di Dottorato di Ricerca di cui al d.r. n. 392 in data 4 marzo 2004, e dell’articolo 6 del bando di concorso, il risultato della valutazione dei titoli non le è stato reso noto prima della prova orale, ma soltanto in sede di pubblicazione della graduatoria;

– lamenta che i criteri di valutazione dei titoli stabiliti dalla Commissione sono generici e non permettono di individuare l’iter logico che ha condotto ad attribuirle 2 soli punti; peraltro, detto punteggio appare frutto di travisamento e manifestamente illogico, tenendo conto che la ricorrente aveva presentato i seguenti titoli: una tesi di laurea assolutamente pertinente al tema del Corso (che avrebbe dovuto comportare l’attribuzione di 4 punti); un voto per detta tesi che la collocava tra i migliori laureati dell’a.a. 2003/2004, e che quindi corrispondeva al 110/110 dell’ordinamento universitario italiano (3 punti); un Master di II livello in "Internazionalizzazione e comunicazione del sistema produttivo nell’area del Mediterraneo" (2 punti); altre pubblicazioni sul giornale "Tribune" dell’Università di Cartagine – Istituto degli Studi Superiore Commerciali;

– lamenta che la prova scritta, in violazione dell’obbligo di motivazione e dell’articolo 3 della legge 241/1990, sia stata valutata con l’attribuzione di un mero punteggio numerico, peraltro nemmeno apposto sull’elaborato.

3. Resiste per l’Università, controdeducendo puntualmente, l’Avvocatura Distrettuale dello Stato.

4. Con ordinanza 31 agosto 2010, n. 35, è stata disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di alcuni concorrenti i quali non erano stati chiamati in giudizio.

La ricorrente ha provveduto all’adempimento entro i termini assegnati.

5. Il ricorso è fondato e dev’essere accolto, nei sensi e limiti appresso indicati.

5.1. Come esposto, non vi sono elementi di prova sull’effettiva presentazione dei titoli da parte della ricorrente.

La ricorrente aveva l’onere di presentarli all’ufficio incaricato di ricevere le domande.

Ciò, insieme alla mancata allegazione dell’elenco dei titoli (pure richiesto dal bando), alla mancanza di qualsivoglia altro riferimento ad essi nella domanda presentata ed alla genericità della dichiarazione sostitutiva invocata dalla ricorrente, conduce inevitabilmente a presumere che – come sostiene l’Amministrazione – detti titoli non siano stati presentati.

5.2. Non vi è alcun elemento di prova, anche indiretta, neanche in ordine alle circostanze che, a dire della ricorrente, avrebbero condizionato negativamente le sue prove.

Dalla relazione del presidente della Commissione, allegata alla nota inviata dalla Ripartizione Didattica alla Ripartizione Affari generali, legali e contratti, prot. 0014242 in data 13 marzo 2007, può evincersi:

– che ci sono stati incertezze iniziali e poi chiarimenti sulla possibilità di sostenere la prova scritta in lingua francese; ma poi detta possibilità è stata accordata e la ricorrente ha potuto iniziare la stesura dell’elaborato insieme agli altri; la mancanza di un concreto pregiudizio per la ricorrente, del resto, è confermata dal fatto che essa ha consegnato l’elaborato alle ore 15.04, abbondantemente prima della scadenza del termine di consegna, fissato alle ore 15.35;

– che c’è stata una richiesta di chiarimento sulla equipollenza del titolo, ma tuttavia tutto si sarebbe risolto in un "rapido scambio di battute";

– che la fissazione della data della prova orale, con rinuncia ai termini previsti dal bando, è avvenuta dopo l’acquisizione (prima in forma verbale, poi mediante apposizione della firma su di un foglio contenente l’indicazione della data) della disponibilità da parte di tutti i candidati; e che tutti si sono presentati a sostenere la prova orale, ad eccezione di uno (il quale, però, avrebbe successivamente chiarito di non essersi presentato semplicemente poiché convinto di non aver svolto bene la prova scritta).

Tale ricostruzione dei fatti non risulta ulteriormente confutata dalla ricorrente.

5.3. Passando alle omissioni contestate alla Commissione, l’articolo 6 del bando prevedeva unicamente che la valutazione dei titoli dovesse avvenire "prima dello svolgimento della prova scritta", ma non anche l’onere informativo a carico della Commissione, previsto dall’articolo 12, comma 2, del d.P.R. 487/1994.

E" dubbio che l’articolo 12 si applichi al concorso in esame, posto che esso non comporta l’instaurazione di un rapporto di lavoro con l’Università, e che in base alla legge 210/1998 (disciplinante i concorsi per il reclutamento del personale docente) ed al d.P.R. 117/2000, la disciplina delle relative procedure concorsuali è demandata ad appositi regolamenti universitari, i quali possono (articolo 1, comma 2, legge 210/1998) derogare ai regolamenti ministeriali intervenuti in materia; analoga disposizione, con specifico riferimento ai concorsi per l’ammissione ai Corsi di Dottorato di Ricerca, è dettata dall’articolo 4 della citata legge 210/1998.

Il regolamento dell’Università di Perugia non prevede alcun onere informativo analogo a quello sancito dall’articolo 12 del d.P.R. 487/1994.

L’onere informativo sul risultato della valutazione dei titoli poteva dunque essere derogato dalla lex specialis. Inoltre, qualora la valutazione dei titoli sia avvenuta prima dell’espletamento delle altre prove, deve ritenersi per ciò solo rispettata l’esigenza di non incidere sulla valutazione dei titoli con la conoscenza della sua rilevanza sul punteggio finale dei candidati, sottesa all’articolo 12 (nel senso che quella indicata sia la ratio della disposizione, cfr. TAR Umbria, 9 agosto 2006, n. 409).

In questa prospettiva, giova sottolineare che la valutazione dei titoli riportata nel verbale n. 4 in data 13 dicembre 2006, coincide con quella contenuta nel verbale n. 1 in data 12 dicembre 2006 (redatto subito prima dell’effettuazione della prova scritta), per cui l’omessa comunicazione preventiva appare, al più, una irregolarità formale, insuscettibile di inficiare la graduatoria finale, secondo il principio generale desumibile dall’articolo 21octies, della legge 241/1990.

5.4. Per contro, sembrano fondate le censure concernenti la mancanza di criteri di valutazione dei titoli.

I criteri di valutazione dei titoli non sembrano affatto "specifici" e "puntuali", così da rendere comprensibile il punteggio attribuito complessivamente ai titoli.

Infatti (cfr. verbale n. 1, citato), la Commissione ha previsto di ripartire i 20 punti riservati ai titoli, attribuendo: fino a 8 punti alle "Pubblicazioni (compresa la tesi di laurea)"; fino a 6 punti agli "Altri titoli"; infine, 3 o 6 punti, al "Voto di laurea", rispettivamente in presenza di una votazione di 110/110 o 110/110 e lode.

Ora, in assenza di qualsivoglia ulteriore elemento, non è dato comprendere come siano stati attribuiti i punteggi all’interno delle categorie, tanto più che le categorie – a parte l’ultima – risultano assai genericamente definite.

Anche considerando il punteggio – 2 – attribuito ai titoli della ricorrente, non si capisce da quale valutazione esso possa discendere, se, come sostiene l’Università, oltre alla laurea non sono stati allegati altri titoli, e la laurea è stata conseguita dalla ricorrente con una votazione di 11,04/20 (quindi, lontana da quella massima prevista dall’ordinamento universitario tunisino, e pertanto non assimilabile alla votazione massima prevista dall’ordinamento italiano, al cui conseguimento i criteri valutativi legavano l’attribuzione del punteggio specifico per tale categoria).

5.5. Evidente appare infine la mancanza di un’adeguata motivazione a supporto del punteggio numerico attribuito per la prova scritta, riguardo alla quale né il bando, né la Commissione di concorso hanno stabilito veri e propri criteri di valutazione.

5.5.1. Questo Tribunale – pur adeguandosi, per prevalenti esigenze di certezza del diritto vivente e di parità di trattamento tra gli interessati, all’orientamento tradizionale, mantenuto dal giudice d’appello in materia di valutazioni degli esami di avvocato (secondo il quale, l’onere della motivazione è sufficientemente adempiuto con l’attribuzione di un punteggio numerico)- ha già manifestato adesione agli orientamenti, espressi dal giudice d’appello riguardo a procedure concorsuali di diverso tipo (ed in particolare, alle c.d. procedure a numero chiuso), nel senso della possibilità di verificare in concreto e con specifico riferimento alle ulteriori indicazioni rinvenibili nel procedimento, la sufficienza motivazionale del voto numerico (cfr., tra le tante, Cons. Stato, VI, 30 aprile 2003, n. 2331; 22 giugno 2004, n. 4409; 13 febbraio 2004, n. 558; 28 luglio 2008, n. 3710; 9 settembre 2008, n. 4300; 12 novembre 2008, n. 5638; 8 maggio 2008, n. 2128).

In particolare, questo Tribunale ha affermato (cfr. sentt. 14 febbraio 2003, n. 73, in tema di ammissione di progetti a contributi pubblici; 12 maggio 2005, n. 274, relativa a un concorso per l’assunzione da parte di un Comune) che l’esternazione di un voto numerico, al pari di quella di un giudizio di valore sintetico (come quelli espressi con gli aggettivi "sufficiente, buono, ottimo" ovvero "basso, medio, alto") può essere sufficiente ad adempiere l’onere di motivazione soltanto laddove la commissione abbia precostituito criteri di valutazione atti a rendere significativo un giudizio che, altrimenti (cioè, qualora inteso autonomamente, al di fuori di un sistema di riferimento precostituito) risulta apodittico e privo di alcun significato condivisibile al di fuori della percezione del soggetto che lo ha formulato, e quindi di alcun significato oggettivo e sindacabile (vedi anche sent. 6 ottobre 2002, n. 689, confermata da Cons. Stato, V, 28 giugno 1004, n. 4782). Tali orientamenti risultano confermati anche recentemente (cfr. 7 luglio 2005, n. 365; 12 aprile 2007, n. 303; 3 maggio 2007, n. 377).

5.5.2. Il Collegio ritiene dunque di ribadire, anche in questa occasione, che una valutazione in ambito concorsuale, in mancanza della esternazione di giudizi specifici ed analitici sui singoli titoli o elaborati, non può prescindere dalla previa definizione di criteri di valutazione. E che la stessa predeterminazione di criteri di valutazione non è sufficiente, quando la loro applicazione venga esternata attraverso la mera indicazione di un numero, senza nessun altro elemento che, anche in modo implicito o indiretto, consenta di raccordare detto numero ai criteri prefissati, cioè di renderlo oggettivamente significativo nel senso suindicato. In mancanza di detti elementi minimi, l’adempimento dell’obbligo motivazionale non può ritenersi assolto.

Nella prospettiva seguita, del resto, è stato puntualmente sottolineato che limitarsi alla mera sufficienza del punteggio alfanumerico non consente di comprendere appieno la portata dell’articolo 12, comma 1, del d.P.R. 487/1994 (secondo il quale, le commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove); infatti, l’obbligo di stabilire i criteri di valutazione delle prove concorsuali, così autolimitando il proprio potere di apprezzamento delle prove stesse, non avrebbe ragion d’essere se non fosse parimenti e conseguentemente imposto di motivare, sia pure in modo sintetico, circa le modalità di concreta applicazione dei criteri stessi alle valutazioni delle singole prove (cfr. TAR Calabria, RC, 20 aprile 2005, n. 286; vedi anche TAR Campania, Salerno, II, 13 settembre 2010, n. 11035; Napoli, V, 18 novembre 2010, n. 25332).

5.5.3. E" stato anche affermato che "nella valutazione delle prove scritte di un concorso pubblico, la Commissione non può assolvere l’onere motivazionale con il solo punteggio numerico, ogni qualvolta la complessità delle prove e la loro interazione con le funzioni che i singoli candidati sono chiamati a svolgere, renda indispensabile la comparazione dei giudizi con i criteri di valutazione e l’ostensibilità dell’apprezzamento in maniera più trasparente ed esaustiva del punteggio numerico. Invero, pur costituendo il punteggio numerico espressione di comuni e consolidati principi in campo docimologico, un obbligo di motivazione integrativa appare inevitabile laddove la valutazione tecnica investa giudizi legati all’espressione di nozioni di particolare complessità, nei quali l’aderenza ai criteri preventivamente costituiti, la correttezza delle soluzioni e coerenza nell’esposizione concettuale si riveli determinante nella scelta e discriminante la reciproca prevalenza dei candidati nel senso della loro idoneità a ricoprire posizioni lavorative di significativa importanza per l’Amministrazione" (Cons. Stato, V, 1 settembre 2009, n. 5145; in ogni caso, recentemente, nel senso della sufficienza del voto meramente numerico, (solo) a condizione che siano stati preventivamente predisposti da parte della commissione dettagliati criteri di valutazione che consentano di ricostruire l’iter logico giuridico da essa seguito nell’attribuire i punteggi, vedi anche Cons. Stato, IV, 24 settembre 2009 n. 5751; V, 7 settembre 2009, n. 5227; Tar Sicilia, Palermo, II, 9 settembre 2009, n. 1492; TAR Umbria, 9 giugno 2010, n. 367).

5.5.4. L’Università sostiene che i presupposti individuati da detti orientamenti giurisprudenziali non sussisterebbero nel concorso in esame.

Sembra invece al Collegio che dall’applicazione dei predetti principi – la cui portata è generale, e va oltre il riferimento ai concorsi per l’assunzione di rapporti di lavoro o incarichi presso le pubbliche amministrazioni, risultando applicabile a tutte le procedure concorsuali comparative ed a numero chiuso – discenda, anche nel caso in esame, la insufficienza della valutazione esternata dalla Commissione.

Tanto più che, trattandosi di una selezione per l’ammissione ad un corso di dottorato di ricerca, sussistono elementi quali "la complessità delle prove e la loro interazione con le funzioni che i singoli candidati sono chiamati a svolgere", che, come esposto, richiedono una motivazione più specifica e significativa anche secondo il meno "esigente" degli orientamenti sopra ricordati.

6. Dall’accoglimento del ricorso discende l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

7. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna l’Università degli Studi di Perugia al pagamento in favore della ricorrente della somma di euro 2.000,00 (duemila/00), oltre agli accessori di legge, per spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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