Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 20-12-2010) 07-02-2011, n. 4443

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 16 ottobre 2008, la Corte di appello di Campobasso confermava la sentenza del Tribunale della stessa città, con la quale P.A. era stato dichiarato colpevole del reato di tentata concussione e condannato alla pena di giustizia.

Al P. era addebitato di aver, in qualità di assessore comunale di Castelmauro e abusando dei suoi poteri e qualità, compiuto nell'(OMISSIS) atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre F.G., che aveva presentato una domanda per il rilascio di una licenza di noleggio di autobus, a rinunciare all’appalto, già a lui assegnato, del servizio comunale di scuolabus, quale condizione indispensabile per ottenere la suddetta licenza.

2. Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione personalmente l’imputato, articolando quattro motivi.

Con il primo motivo di ricorso, denuncia la erronea applicazione della legge penale in relazione alla dichiarazione di inammissibilità dell’appello proposto dai suoi difensori, avv. E. Incollino e S. Petta.

A tal riguardo espone di essere stato assistito in primo grado da altri due difensori di fiducia che avevano presentato atto di appello il 7 giugno 2004, ovvero alla scadenza del termine prescritto, notiziandolo solo nei giorni successivi; e di aver conferito, in data 25 maggio 2004, non revocando le suddette nomine, nuovo mandato difensivo agli avvocati sopra indicati, che a loro volta depositavano atto di appello il 9 giugno 2004.

Lamenta che i giudici di appello hanno ritenuto senza effetto le nuove nomine e di conseguenza inammissibile l’appello da ultimo proposto. Secondo il ricorrente, la revoca del mandato conferito ai primi difensori dove essere tratta dal comportamento concludente dell’imputato che, nella fase di appello, si era avvalso esclusivamente dell’opera dei nuovi nominati.

Con il secondo motivo di gravame, lamenta la erronea applicazione della legge penale in relazione alla valutazione della deposizione della parte offesa, costituitasi parte civile che, in quanto portatrice di pretese economiche, doveva essere vagliata con maggiore rigore in punto di attendibilità.

Con il terzo motivo di ricorso, deduce la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla configurazione del reato di tentata concussione di cui agli artt. 56, 110 e 317 c.p.. Denuncia che i giudici di merito avrebbero obliterato talune circostanze a favore della tesi difensiva: l’assoluta occasionante dell’incontro tra l’imputato e il F., nel quale si sarebbe verificato il suddetto reato, e le obiettive difficoltà esistenti nel Comune di Castelmauro per il rilascio della licenza richiesta dal F.. Ulteriore profilo di incoerenza manifesta della motivazione, evidenziato dal ricorrente, risiederebbe nella pronuncia assolutoria del Sindaco M.G. dall’imputazione di concorso nel reato.

Con il quarto motivo di ricorso, denuncia la erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta ammissibilità della costituzione della parte civile F., sul rilievo del difetto di idonea procura speciale; nonchè altri profili di violazione di legge riguardanti le statuizioni civili.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato in ogni sua articolazione.

2. Quanto al primo motivo (dichiarazione di inammissibilità dell’appello proposto dagli avv. E. Incollino e S. Petta), va qui ribadito il principio secondo cui, in caso di nomina di più difensori, non è ammissibile la revoca per fatti concludenti delle nomine precedenti che risultino eccedenti dopo che la parte abbia provveduto a nominare ulteriori difensori, in ragione dell’esigenza di evitare incertezze in merito alla titolarità dell’ufficio di difesa (da ultimo, Sez. 3, n. 8057 del 19/01/2007, dep. 27/02/2007, Cambise, Rv. 236118; Sez. 2, n. 21416 del 07/06/2006, dep. 20/06/2006, Acri, Rv. 234661).

Il diverso e davvero minoritario orientamento di legittimità invocato dal ricorrente non può essere accolto da questo Collegio, in ragione dell’esigenza di evitare incertezze in merito alla titolarità dell’ufficio di difesa, a tutela della quale sono poste e finalizzate anche le disposizioni che disciplinano le formalità di nomina ed il numero dei difensori. Si è osservato invero da parte di questa Corte Suprema che se fosse affidato al giudizio discrezionale l’individuazione di quale, fra le varie nomine effettuate dall’interessato, debba considerarsi valida ed efficace sulla base della valutazione dell’attività di volta in volta concretamente svolta dal professionista e dell’interesse del singolo assistito, si darebbe ingresso ad una permanente incertezza sia in merito alla titolarità dell’ufficio di difesa, la cui tendenziale modificabilità è acquisizione garantistica del codice di rito vigente, sia, conseguentemente, in ordine all’individuazione dei destinatari delle notificazioni, con negative ricadute sul piano dell’esercizio dei diritti difensivi e sulla validità degli avvisi e degli atti compiuti al loro esito, che sarebbe sempre revocabile in dubbio.

Pertanto, correttamente nel caso in esame la Corte di appello ha ritenuto senza effetto le successive nomine difensive eccedenti, non essendo intervenuta formale revoca di quelle precedenti, e conseguentemente inammissibile l’appello proposto dai nuovi difensori (in tal senso, Sez. 1, n. 11057 del 18/10/1993, dep. 02/12/1993, Chessa, Rv. 197547).

3. In ordine al secondo motivo di ricorso (valutazione della testimonianza della parte offesa F.), è principio più volte affermato da questa Corte che la deposizione della parte offesa può essere assunta, anche da sola, come prova della responsabilità dell’imputato, purchè sia sottoposta ad indagine positiva circa la sua attendibilità. Infatti, alle dichiarazioni indizianti della persona offesa non è indispensabile applicare le regole di cui ai commi terzo e quarto dell’art. 192 c.p.p., che richiedono la presenza di riscontri esterni (tra le tante, Sez. 4, n. 30422 del 21/06/2005, dep. 10/08/2005, Poggi, Rv. 232018).

Peraltro, questa Corte ha anche precisato che, considerato l’interesse di cui la parte offesa è portatrice, soprattutto quando essa si sia costituita parte civile, più accurata deve essere la valutazione e più rigorosa la relativa motivazione ai fini del controllo d’attendibilità rispetto al generico vaglio cui vanno sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone: in tale ottica, può concretamente apparire opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (Sez. 1, n. 29372 del 24/06/2010, dep. 27/07/2010, Stefanini, Rv. 248016).

Di tali principi di diritto ha fatto buon governo la Corte di merito che, preso in esame il motivo di impugnazione relativo al canone di valutazione applicabile nella specie, ha proceduto al vaglio dell’attendibilità delle accuse formulate dalla parte offesa F., costituitasi parte civile, sottolineando la precisa e particolareggiata deposizione, e gli elementi di conferma acquisiti.

Le dichiarazioni della parte offesa hanno trovato invero conferma nella deposizione di S.A.A. che aveva ascoltato distintamente la frase pronunciata dal F. nel corso dell’incontro avuto con l’assessore P. "io lo scuolabus non lo lascio". Inoltre, i testi S.A.A. e S. A. hanno deposto di aver appreso dal F., subito dopo i fatti, l’oggetto della conversazione.

Sono da ritenersi inammissibili le argomentazioni volte a contrastare le conclusioni cui è pervenuta la Corte di merito in ordine all’attendibilità della testimonianza del F. e con le quali si richiede al giudice di legittimità una complessiva rilettura delle risultanze processuali per ottenere una diversa ricostruzione dei fatti e una altrettanto diversa valutazione della consistenza probatoria, rispetto a quelle effettuate dal giudice di primo grado e, poi, confermate dal giudice d’appello.

Come noto, in questa sede non è ammessa alcuna incursione nelle risultanze processuali per giungere a diverse ipotesi ricostruttive dei fatti, dovendosi la Corte di legittimità limitare a ripercorrere l’iter argomentativo svolto dal giudice di merito per verificarne la completezza e la sussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali, salvo sia denunziato che il discorso giustificativo risulti logicamente incompatibile"con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi del suo ricorso per Cassazione: c.d. autosufficienza del ricorso) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico. Ipotesi quest’ultima, nella specie, non ricorrente.

4. Anche nel terzo motivo di ricorso (vizio della motivazione riguardo alla configurabilità del reato di tentata concussione), ai limiti dell’inammissibilità, il ricorrente ripropone prevalentemente censure in fatto riguardanti la ricostruzione della vicenda alle quali i giudici di merito hanno fornito riposte plausibili.

I giudici a quibus hanno infatti fornito risposta alle censure contenute nel gravame volte a far rilevare l’incompatibilità dell’ipotesi accusatoria con l’occasionalità dell’incontro tra l’imputato e il F. e con le obiettive difficoltà già note in Comune per il rilascio della licenza richiesta da costui.

La Corte d’appello ha rilevato, con argomentazioni logiche, che le suddette circostanze nulla toglievano al quadro probatorio, posto che era risultato che in quell’occasione l’imputato aveva esercitato, avvalendosi della sua posizione di preminenza quale assessore comunale, una pressione psicologica sul suo interlocutore per indurlo a rinunciare al servizio di autobus, per "accontentare" un consigliere di maggioranza, il cui marito poteva subentrare al posto del F..

La logicità dell’assunto dei giudici di merito si evince anche dalla evidente constatazione che proprio la strumentalizzazione da parte dell’imputato delle difficoltà incontrate da quest’ultimo nell’ottenimento della richiesta licenza – quant’anche obiettive (risulta peraltro che un parere sulla possibilità di rilascio era stato chiesto alla Regione Molise solo nel marzo 2002, ovvero oltre due anni e mezzo dalla presentazione della pratica), ma sicuramente rappresentate a costui in termini assai poco trasparenti dalla pubblica amministrazione (i reiterati solleciti era rimasti senza effetto; al F. era stato detto dal Sindaco di "pazientare", ricevendo tuttavia assicurazioni su una pronta definizione della pratica; l’esame della domanda veniva inserito nell’ordine del giorno del consiglio comunale e poi depennato) – era idonea a porre la parte offesa in una condizione di inferiorità a livello psicologico per indurla ad accettare, senza però riuscirvi, il sacrificio di rinunciare alla gestione di un servizio che interessava altri, pur di ottenere la conclusione dell’iter amministrativo riguardante la pratica suddetta.

Neppure manifestamente illogica è la motivazione con riferimento alla diversa conclusione a cui i giudici di merito sono pervenuti in ordine alla posizione del Sindaco M.G.. Invero, la sentenza motiva al riguardo che la frase pronunciata da costui, subito dopo l’incontro tra il P. ed il F. ("tutta l’acqua in un mulino solo non può andare"), se doveva iscriversi nel comportamento dolosamente dilatorio assunto dal Sindaco nel dare seguito alla pratica per il rilascio della licenza richiesta da quest’ultimo (per il quale era stata affermata la sua responsabilità per il reato di cui all’art. 328 c.p.), non era sufficiente a provare il preventivo accordo tra i due amministratori comunali per esercitare l’illecita pressione sul F. per indurlo alla rinuncia dell’appalto. A ciò hanno aggiunto che la giustificazione addotta dal P. al Sindaco in ordine alla illecita proposta fatta poco prima al F. ("l’ho detto perchè così mettiamo a tacere la consigliera D.R. ed il marito Fi.") dimostrava l’autonomia dell’iniziativa assunta dal ricorrente.

5. Anche l’ultimo motivo di ricorso (erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta ammissibilità della costituzione della parte civile, sul rilievo del difetto di idonea procura speciale), è da ritenersi infondato.

Va precisato che il F., in calce all’atto di costituzione di parte civile, ha apposto la procura all’avv. Francesco Mancini con il seguente testo "Procura Speciale. Il sottoscritto…..delega a rappresentarlo e difenderlo in qualità di parte civile nel procedimento….a carico di P.A…… l’avv. Francesco Mancini…, conferendogli ogni ampia facoltà inerente il mandato".

Orbene, la apposizione della suddetta procura in calce alla costituzione di parte civile ha indotto i giudici di merito a ritenere che la parte civile avesse inteso non solo effettuare la nomina difensiva, ma anche conferire al difensore quei poteri necessari all’esercizio dell’azione civile nel processo penale.

Tale conclusione è conforme all’orientamento seguito da questa Corte Suprema e che questo Collegio condivide, secondo cui la procura speciale al difensore della parte civile può anche essere apposta, a norma dell’art. 100 c.p.p., comma 2, in calce o a margine della dichiarazione di costituzione, di tal che la esistenza in calce o a margine di tale atto della sottoscrizione della parte seguita da quella del procuratore può valere, tenuto conto delle circostanze concrete, a rivelare la volontà della parte stessa di conferire a quel difensore la procura a compiere l’atto (tra le altre, Sez. 5, n. 33337 del 23/04/2008, dep. 11/08/2008, D’Eufemia, Rv. 241388).

Non ha pregio la censura relativa alla mancata presentazione della parte civile delle conclusioni scritte nel giudizio di appello, in quanto è principio consolidato che tale evenienza non determina la revoca della costituzione di parte civile, qualora le conclusioni siano state rassegnate nel processo di primo grado, rimanendo valide, in quanto tali, in ogni stato e grado del processo, in virtù del principio di immanenza della costituzione di parte civile (tra le tante, Sez. 6, n. 48397 del 11/12/2008, dep. 30/12/2008, Russo, Rv.

242132).

Appaiono infine inammissibili le ulteriori censure riguardanti la mancanza di legittimazione sostanziale del F. a costituirsi parte civile, motivata sul rilievo che all’epoca dei fatti non era più titolare della società alla quale doveva essere rilasciata la licenza per autonoleggio. Si tratta di censura inammissibile in quanto deduce una questione non proposta nei motivi d’appello, oltre che infondata nel merito, posto che parte offesa del reato di tentata concussione, addebitato al P., era sicuramente il F. in persona.

6. Sulla base delle ragioni esposte, il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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