Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 22-12-2010) 08-02-2011, n. 4571 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 30 aprile 2010, ha parzialmente confermato, riducendo la pena, la sentenza del Tribunale di Roma del 16 febbraio 2006 con la quale F.D. era stato condannato per il delitto di tentato furto aggravato in un supermercato.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore lamentando: l’erronea applicazione della legge penale, con particolare riferimento all’applicabilità nel caso di specie della figura del c.d. reato impossibile, alla contestata aggravante della violenza sulle cose, alla contestata recidiva e alla concessione delle attenuanti generiche in misura equivalente alla recidiva stessa.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. In primo luogo, perchè nel ricorso avanti questa Corte si prospettano le medesime questioni che hanno formato oggetto del giudizio di appello (v. primo e secondo motivo dell’impugnazione avanti la Corte territoriale) e sulle quali è stata data concreta risposta (v. pagina 4 della decisione impugnata).

Secondariamente, perchè all’imputato è stato contestato ed applicato il trattamento sanzionatorio relativo al tentativo di furto aggravato mentre secondo la giurisprudenza di legittimità più aggiornata (v. oltre la citata Cass. Sez. 5, 9 maggio 2008 n. 23020, più di recente, Sez. 5, 8 giugno 2010 n. 27631) sarebbe stato applicabile addirittura il trattamento previsto per il furto consumato.

Inoltre, per ciò che attiene all’affermazione della sussistenza delle contestate aggravanti della violenza sulle cose e della recidiva nonchè, viceversa, all’omesso riconoscimento della prevalenza delle ottenuete circostanze attenuanti generiche, va rilevato che il ragionamento formulato nella motivazione, in punto di determinazione della sanzione ed omesso riconoscimento della prevalenza delle suddette circostanze attenuanti generiche, risulta essere stato analiticamente proposto nel rispetto delle regole tecniche dell’argomentare giuridico, con un esame completo di tutti gli elementi processualmente disponibili, i quali risultano correttamente interpretati con risposte esaustive alle deduzioni della parte.

Invero, nella quantificazione della sanzione i giudici di merito (fermo il principio dell’integrazione sul punto delle motivazioni delle sentenze di primo e di secondo grado) hanno pienamente adempiuto all’obbligo di giustificazione in ordine alla determinazione della pena, enunciando in modo analitico gli elementi che fondano sia la scelta quantitativa, sia il diniego della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche (sulla base della esistenza di due precedenti specifici in capo all’imputato), senza incorrere, quindi, nei segnalati vizi argomentativi.

Inoltre, in diritto si osserva pacificamente da questa Corte come in genere le statuizioni relative alla concessione o meno delle circostanze attenuanti generiche ovvero il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti o, infine, la quantificazione della pena siano censurabili in Cassazione soltanto nell’ipotesi in cui siano frutto di un mero arbitrio o di ragionamento illogico, essendo sufficiente a giustificare la soluzione adottata l’avere ritenuto tale soluzione la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (v. a partire da Cass. Sez. 1, 18 marzo 1994 n. 3232 e Sez. 1, 26 gennaio 1994 n. 758 fino di recente a Sez 6, 25 novembre 2009 n. 6866).

3. Il ricorso, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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