Cass. civ. Sez. I, Sent., 11-03-2011, n. 5869 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il sig. F.F., con ricorso alla Corte d’appello di Napoli chiedeva, ai sensi della L. n. 89 del 2001 la liquidazione dell’equa riparazione, quantificata in Euro 13.250,00, per il danno non patrimoniale derivatogli dall’eccessiva durata di un processo promosso dinanzi al TAR della Campania in data 24 luglio 2000, ancora pendente al momento della proposizione del ricorso alla Corte d’appello. Questa, con decreto depositato il 3 dicembre 2008, rilevato che trattavasi di ricorso seriale e per lungo tempo non era stata presentata, istanza di prelievo, così dimostrandosi uno scarso interesse al giudizio e dell’oggetto del giudizio (riguardante l’esclusione di talune indennità ai fini del computo dell’indennità di buonuscita); quantificata in otto anni e tre mesi la durata del processo e in cinque anni e tre mesi la sua eccessiva durata, determinava l’indennizzo complessivamente in Euro 3.674,00, oltre interessi dalla decisione. Avverso tale decreto l’attore ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato al Ministero dell’Economia e delle Finanze il 9 luglio 2009, formulando dieci motivi. La parte intimata non ha depositato difese.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 6 della CEDU, della L. n. 89 del 2001 e della regola secondo la quale la normativa della CEDU prevale su quella nazionale. Si formula il seguente quesito: "La L. n. 89 del 2001 e specificamente l’art. 2 costituisce applicazione dell’art. 6, par. 1 della CEDU e in ipotesi di contrasto tra la L. Pinto e la CEDU o di lacuna della legge nazionale si deve disapplicare la legge nazionale e applicare la CEDU"? Il motivo va dichiarato inammissibile per l’inadeguatezza del quesito formulato, in quanto del tutto astratto e privo di riferimento alla decisione ed alla fattispecie concreta.

2. Con il secondo, il terzo e il quarto motivo – da esaminarsi in relazione ai quesiti come formulati – si lamenta che l’indennizzo non sia stato liquidato in relazione all’intera durata del processo. I motivi sono infondati, dovendo considerarsi che la liquidazione con riferimento al solo periodo di eccessiva durata è conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale (ex multis Cass. 14 febbraio 2008, n. 3716; 14 febbraio 2008, n. 3716) in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 la legge nazionale impone di correlare il ristoro al solo periodo di durata irragionevole del processo e non all’intera durata dello stesso; e tale modalità di calcolo non tocca la complessiva attitudine della legge citata ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo e, pertanto, non autorizza dubbi sulla compatibilità di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla Repubblica italiana con la ratifica della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

3. Con il quinto ed il sesto motivo si censura la misura dell’indennizzo liquidato, in quanto inferiore ai parametri fissati dalla CEDU. Con il quinto motivo si formula il seguente quesito: "Una volta accertato il diritto all’equo indennizzo lo stesso va liquidato nella misura annua si Euro 1.000,00 – 1.500,00"? Con il sesto motivo si formula il seguente quesito: "La Corte ha omesso di motivare le ragioni per le quali andava derogato il principio secondo cui spetta un’equa riparazione nella misura di Euro 1.000,00 – 1.500,00 per anno di ritardo, dovendo viceversa attenersi, in mancanza di prova diversa, ai parametri europei di 1.000,00 – 1.500,00"? Anche tali motivi sono inammissibili concludendosi con quesiti del tutto astratti, non collegati con il contenuto della decisione impugnata e la fattispecie concreta e non rapportati alla motivazione del decreto impugnato, che ha specificamente motivato sulle ragioni della misura dell’indennizzo liquidato (serialità del ricorso e mancanza d’istanza di fissazione).

4. Con il settimo e l’ottavo motivo si censura la mancata concessione del "bonus" di 2000.00 Euro, che si asserisce dovuto trattandosi di causa di lavoro e l’omessa pronuncia al riguardo. I motivi vanno esaminati congiuntamente e dichiarati inammissibili in quanto, come già statuito da questa Corte, (ex multis Cass. 6 settembre 2010, n. 19064; 28 gennaio 2010, n. 1893; 28 ottobre 2009, n. 22869), in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2 ai fini della determinazione dell’indennizzo dovuto per il danno non patrimoniale, la durata della ingiustificata protrazione del processo è un elemento obiettivo che si presta a misurare e a riparare un pregiudizio normalmente sempre presente ed uguale, mentre l’attribuzione di una somma ulteriore (cosiddetto "bonus") postula che nel caso concreto quel pregiudizio, a causa di particolari circostanze specifiche, sia stato maggiore; conseguentemente, nel caso in cui il giudice di merito abbia negato il riconoscimento di tale pregiudizio, la critica della decisione sul punto non può fondarsi sulla circostanza che il "bonus" spetta "ratione materiae", era stato richiesto e la decisione negativa non è stata motivata, ma deve avere riguardo alle concrete allegazioni ed alle prove addotte nel giudizio di merito, che non sono allegate nei motivi e quesiti formulati al riguardo.

5. I due successivi motivi riguardano la compensazione per metà delle spese di causa, che si allega essere errata. I motivi non censurano la "ratio decidendi" della motivazione, che è costituita dalla parziale soccombenza, addotta dalla Corte d’appello a fondamento della compensazione delle spese per metà, essendo stata la domanda accolta solo in parte. Essi sono pertanto inammissibili.

Il ricorso pertanto deve essere rigettato. Nulla spese non essendosi il Ministero costituito.
P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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