Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 22-12-2010) 08-02-2011, n. 4567 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Bologna, con sentenza del 28 maggio 2009, ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna del 3 ottobre 2008 con la quale D.A. era stato condannato, dopo rito abbreviato, alla pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 100,00 di multa per il delitto di furto aggravato.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore lamentando, sotto il profilo delle manifesta illogicità e la carenza della motivazione nonchè violazione di legge e travisamento di atti processuali, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b), c) ed e), l’affermata sussistenza dell’aggravante della effrazione e viceversa la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 625 bis c.p..
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile per un duplice ordine di motivi.

2. In primo luogo, perchè nel ricorso avanti questa Corte si prospettano le medesime questioni che hanno formato oggetto del giudizio di appello (v. primo e secondo motivo dell’impugnazione avanti la Corte territoriale) e sulle quali è stata data concreta risposta (v. pagina 2 della decisione impugnata).

Secondariamente, perchè per ciò che attiene all’affermazione della sussistenza della contestata aggravante nonchè, viceversa, all’omesso riconoscimento della chiesta circostanza attenuante, va rilevato che il ragionamento nella motivazione, in punto di determinazione della sanzione ed omesso riconoscimento della suddetta circostanza attenuante, risulta essere stato analiticamente proposto nel rispetto delle regole tecniche dell’argomentare giuridico, con un esame completo di tutti gli elementi processualmente disponibili, i quali risultano correttamente interpretati con risposte esaustive alle deduzioni della parte.

Invero, nella quantificazione della sanzione i giudici di merito (fermo il principio dell’integrazione sul punto delle motivazioni delle sentenze di primo e di secondo grado) hanno pienamente adempiuto all’obbligo di giustificazione in ordine alla determinazione della pena, enunciando in modo analitico gli elementi che fondano sia la scelta quantitativa, sia il diniego della circostanza di cui all’art. 625 bis c.p. (sulla base della mera parziale ammissione dei fatti da parte dell’imputato e senza alcuna specifica e concreta attività per l’individuazione dei correi), senza incorrere nei segnalati vizi argomentativi.

Inoltre, in diritto si osserva pacificamente da questa Corte come in genere le statuizioni relative alla concessione o meno delle circostanze attenuanti generiche ovvero il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti o, infine, la quantificazione della pena siano censurabili in Cassazione soltanto nell’ipotesi in cui siano frutto di un mero arbitrio o di ragionamento illogico, essendo sufficiente a giustificare la soluzione adottata l’avere ritenuto tale soluzione la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (v. a partire da Cass. Sez. 1, 18 marzo 1994 n. 3232 e Sez. 1, 26 gennaio 1994 n. 758 fino di recente a Sez. 6, 25 novembre 2009 n. 6866).

3. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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