Cass. civ. Sez. I, Sent., 11-03-2011, n. 5868 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il sig. I.G., con ricorso alla Corte d’appello di Napoli chiedeva, ai sensi della L. n. 89 del 2001 la liquidazione dell’equa riparazione per il danno non patrimoniale, nella misura di Euro 29.500,00 derivatogli dall’eccessiva durata di un processo promosso dinanzi al TAR della Campania in data 29 gennaio 1990, ancora pendente al momento della proposizione del ricorso alla Corte d’appello. Questa, con decreto depositato il 28 novembre 2008, rilevato che non era stata presentata istanza di prelievo, così dimostrandosi uno scarso interesse al giudizio (riguardante la richiesta di compensi di lavoro aggiuntivi); quantificata in tre anni la giusta durata del processo e in quindici anni e nove mesi la sua eccessiva durata, determinava l’indennizzo complessivamente in Euro 8.600,00, pari ad Euro 800,00 per ogni anno di eccessiva durata.

Avverso tale decreto l’attore ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato al Ministero dell’Economia e delle Finanze il 9 luglio 2009, formulando otto motivi. La parte intimata non ha depositato difese.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 6 della CEDU, della L. n. 89 del 2001 e della regola secondo la quale la normativa della CEDU prevale su quella nazionale. Si formula il seguente quesito: "La L. n. 89 del 2001 e specificamente l’art. 2 costituisce applicazione dell’art. 6, par. 1 della CEDU e in ipotesi di contrasto tra la L. Pinto e la CEDU o di lacuna della legge nazionale si deve disapplicare la legge nazionale e applicare la CEDU"? Il motivo va dichiarato inammissibile per l’inadeguatezza del quesito formulato, in quanto del tutto astratto e privo di riferimento alla decisione ed alla fattispecie concreta.

2. Con il secondo motivo si formula il seguente quesito: "Il periodo da considerarsi ai fini dell’equo indennizzo di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 va considerato in relazione al tempo eccedente la ragionevole durata e quindi solo il ritardo (in applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, n. 3, lett. A) avvero all’intera durata del processo (come sancito dalla giurisprudenza CEDU) dovendosi integrare ed applicare la normativa CEDU?" Il motivo – da esaminarsi nei termini di cui al quesito – è infondato poichè, come costantemente statuito da questa Corte (ex multis Cass. 14 febbraio 2008, n. 3716; 14 febbraio 2008, n. 3716) in tema di equa riparazione, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 la legge nazionale impone di correlare il ristoro al solo periodo di durata irragionevole del processo e non all’intera durata dello stesso; e tale modalità di calcolo non tocca la complessiva attitudine della legge citata ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo e, pertanto, non autorizza dubbi sulla compatibilità di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla Repubblica italiana con la ratifica della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

Il terzo motivo, con il quale si allega la mancanza di motivazione in proposito è inammissibile, non potendo dedursi vizi motivazionali in relazione a violazioni di legge, quale è quella alla quale si riferisce il motivo.

Il quarto motivo è di contenuto analogo al secondo e va rigettato per le medesime ragioni.

3. Con il quinto motivo si formula il seguente quesito:"Una volta accertato il diritto all’equo indennizzo lo stesso va liquidato nella misura annua si Euro 1.000,00 – 1.500,00"? Con il sesto si formula il seguente quesito: "La Corte ha omesso di motivare le ragioni per le quali andava derogato il principio secondo cui spetta un’equa riparazione nella misura di Euro 1.000,00 – 1.500,00 per anno di ritardo, dovendo viceversa attenersi, in mancanza di prova diversa, ai parametri europei di 1.000,00 – 1.500,00"? Tali motivi sono inammissibili concludendosi con quesiti del tutto astratti, non collegati con il contenuto della decisione impugnata e la fattispecie concreta e non rapportati alla motivazione del decreto impugnato, che ha specificamente motivato sulle ragioni della misura dell’indennizzo liquidato.

4. Con il settimo e l’ottavo motivo si censura la mancata concessione del "bonus" di 2000,00 Euro, che si asserisce dovuto trattandosi di causa di lavoro. I motivi vanno esaminati congiuntamente e dichiarati inammissibili in quanto come già statuito da questa Corte, (ex multis Cass. 6 settembre 2010, n. 19064; 28 gennaio 2010, n. 1893; 28 ottobre 2009, n. 22869), in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2 ai fini della determinazione dell’indennizzo dovuto per il danno non patrimoniale, la durata della ingiustificata protrazione del processo è un elemento obiettivo che si presta a misurare e a riparare un pregiudizio normalmente sempre presente ed uguale, mentre l’attribuzione di una somma ulteriore (cosiddetto "bonus") postula che nel caso concreto quel pregiudizio, a causa di particolari circostanze specifiche, sia stato maggiore;

conseguentemente, nel caso in cui il giudice di merito abbia negato il riconoscimento di tale pregiudizio, la critica della decisione sul punto non può fondarsi sulla circostanza che il "bonus" spetta "ratione materiae", era stato richiesto e la decisione negativa non è stata motivata, ma deve avere riguardo alle concrete allegazioni ed alle prove addotte nel giudizio di merito, che non sono allegate nei motivi e quesiti formulati al riguardo.

Il ricorso pertanto deve essere rigettato. Nulla per le spese.
P.Q.M.

LA CORRE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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