Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-12-2010) 08-02-2011, n. 4514 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Palermo, investito ex art. 310 c.p.p. dell’appello proposto nell’interesse di A. S., ha confermato l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari che in data 21.6.2010 aveva respinto la richiesta di revoca della misura custodiale degli arresti domiciliari, applicata per il reato di cui all’art. 416-bis c.p..

Richiesta di revoca e impugnazione avevano riguardo alla denunziata inutilizzabilità delle conversazioni intercettate a seguito di decreto d’urgenza del Pubblico ministero n. 1083/2008 del 4.4.2008.

Con l’appello la difesa aveva in particolare reiterato le eccezioni di violazione dell’art. 267 c.p.p. e art. 268 c.p.p., commi 1 e 3, in relazione (a) alla mancanza di adeguata motivazione dell’autorizzazione alla polizia ad avvalersi di impianti diversi rispetto a quelli installati presso la Procura, circa le ragioni (a1) di eccezionale urgenza, anche in considerazione del ritardo con il quale erano iniziate le operazioni, e (a2) di indisponibilità- inidoneità di detti impianti; in relazione (b) alla nomina della ditta privata Multicom s.r.l. quale ausiliario della polizia.

Il Tribunale a ragione della ritenuta infondatezza delle eccezioni osservava:

a) che la sollecitazione all’uso di impianti esterni effettuata dalla polizia nella richiesta di intercettazioni non incideva sull’autonoma determinazione del Pubblico ministero, e che questo: (a1) richiamando anche la nota di polizia del 31.3.2008 aveva adeguatamente spiegato che l’intercettazione appariva assolutamente necessaria in relazione alla natura dell’attività criminosa, al fatto che essa era in corso, ogni ritardo potendo pregiudicare l’acquisizione di determinanti elementi probatori; siffatta spiegazione, oltre a giustificare l’eccezionale urgenza di cui all’art. 268, comma 3, dava ragione anche delle particolari ragioni d’urgenza di cui all’art. 267 c.p.p., comma 1 e in ogni caso il decreto risultava convalidato dal Giudice per le indagini preliminari, tanto assorbendo ogni questione in proposito; (a2) aveva inoltre adeguatamente giustificato il ricorso ad impianti esterni, evidenziando che tutte le postazioni esistenti presso la Procura erano già impegnate in altre attività d’intercettazione;

b) che l’autorizzazione alla polizia giudiziaria di avvalersi di apparecchiature e di tecnici della ditta Multicom appariva legittima provenendo dal Pubblico ministero ed essendo state le intercettazioni effettuate sotto il diretto controllo degli organi di polizia (richiama cass. nn. 1595/2005 e 2744/2008).

2. – Ha proposto ricorso l’indagato a mezzo del proprio avvocato Girolamo D’Azzò, che chiede l’annullamento della ordinanza impugnata denunziando violazione dell’art. 267 c.p.p. e art. 268 c.p.p., commi 1 e 3 in relazione all’art. 271 c.p.p. e mancanza ovvero carenza della motivazione.

Dopo avere premesso che a carico dell’ A.S. stavano in particolare i contenuti della conversazione intercettata il 6.5.2008 in forza del Decreto 1083/08, apparendo insufficiente l’unico altro elemento a suo carico, costituito dall’esito dei servizi di osservazione del 26.2008, deduce:

1) che il decreto del Pubblico ministero (si fa riferimento al decreto d’urgenza) violava l’art. 268 c.p.p., comma 3 perchè non conteneva le necessarie argomentazioni che consentivano di ripercorrere l’iter logico seguito in ordine alla necessità di utilizzare impianti esterni, era affetto da motivazione carente, si limitava a ripetere pedissequamente la formula legislativa facendo riferimento alla insufficienza degli impianti della procura e non sottolineando la loro indisponibilità, che non poteva trovare supporto nell’attestazione del funzionario dell’ufficio intercettazione, a cui si faceva cenno nel corpo del decreto autorizzativo e che, non indicando l’ora in cui risultava emessa, poteva "addirittura" essere "precedente" il decreto stesso;

2) che tale vizio doveva ritenersi esteso al decreto di convalida del Giudice per le indagini preliminari e a tutte le successive proroghe, prive di motivazione "sulla persistenza e sulla attualità delle inidoneità degli impianti";

3) che dal verbale di avvenuta intercettazione ambientale datato 8.1.2009, acquisito agli atti del fascicolo processuale soltanto il 23.11.2009, risultava che le operazioni di intercettazione relative al decreto in questione, emesso il 4.4.2008, erano iniziate soltanto il 19.8.2008; che tale circostanza dimostrava che non sussistevano le ragioni di urgenza poste a fondamento del decreto medesimo;

4) che, inoltre, dalla nota dei Carabinieri in data 26.5.2008, con la quale si chiedeva la prima proroga delle intercettazioni riportandosi stralcio della conversazione intercettata il 6 maggio 2008, risultava che l’attività captativa era iniziata assai prima del giorno 19.8.2008, indicato nel predetto verbale, nel quale non risultavano d’altra parte indicate le operazioni effettuate il 6 maggio nè quelle del 6 e 27 giugno successive; che, essendo detto verbale l’unico redatto ai sensi dell’art. 268 c.p.p., comma 1 e art. 98 disp. att. esistente agli atti, le attività d’intercettazioni in precedenza svolte erano da ritenere assolutamente inutilizzabili, anche perchè non risultava consentito alla difesa il controllo sulla tempestività delle intercettazioni a fronte del decreto autorizzativo e delle successive proroghe (10);

5) che in ogni caso il decreto d’urgenza violava l’art. 267 c.p.p., comma 2 perchè mancava della indicazione circa l’urgenza e il pregiudizio delle indagini;

6) che il provvedimento impugnato era carente assolutamente di motivazione in ordine alla censura afferente l’art. 267 c.p.p., comma 4 e la delega, illegittima, a soggetti privati quali gli operatori della Multicom.
Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il ricorso appare per ogni verso inammissibile.

2. Alle deduzioni svolte in ricorso riportate in fatto ai punti 1, 2, 3, 5, 6, ha già ampiamente risposto il Tribunale con motivazioni ineccepibili in diritto e non specificamente contestate quanto a presupposti processuali di fatto.

In proposito può solo aggiungersi: (a) che deduzioni del tutto analoghe, riferite al menzionato Decreto 1083/08 sono state già dichiarate infondate da questa Corte con la sentenza n. 23894 del 26/05/2010 relativa al ricorso proposto da A.G., che non è certamente vincolante in relazione alla posizione del coimputato, ma alla cui motivazione, condivisa dal Collegio, può farsi richiamo; (b) che la necessità di interrompere attività criminale in corso integra ragioni di eccezionale urgenza e che il differimento per ragioni tecniche o legate ad esigenze di coordinamento investigativo dell’inizio effettivo delle operazioni non è sufficiente a invalidare, ex post, detto presupposto; (c) che la motivazione circa le ragioni di insufficienza o di indisponibilità delle impianti ben potevano essere richiamate mediante rinvio per relationem ad attestazione di segreteria allegata agli atti precedente al decreto e da esso puntualmente richiamata;

(c) che non è vero che il provvedimento impugnato non ha risposto alle censure relative alla delega a tecnici della Multicom, avendo al contrario richiamato per sostenerne la legittimità i principi ripetutamente affermati da questa Corte secondo cui, per l’effettuazione di intercettazioni – tanto più se richiedenti attrezzature particolari delle quali la polizia giudiziaria non è in possesso – è legittima l’utilizzazione di apparecchiature appartenenti a privati ed è logica conseguenza il ricorso in tal caso all’ausilio di tecnici, di polizia o privati, esperti nell’uso di detti particolari apparati, purchè, ovviamente, le operazioni siano autorizzate con decreto motivato del Pubblico ministero e avvengano sotto il diretto controllo degli ufficiali da questo delegati, di guisa che i tecnici vengano ad agire come longa manus o ausiliari di quelli e dello stesso Pubblico ministero (tra moltissime: Sez. 1, n. 797 del 29/09/2000, Bayan; Sez. 6, n. 2744 del 09/12/2008, dep. 2009, Filareti).

3. Le censure riferite al punto 4 non corrispondono ad alcuna delle deduzioni articolate in sede di riesame. Le stesse, persupponendo una ricognizione di dati fattuali e investigativi non risultanti dagli atti, sono dunque improponibili per la prima volta in sede di legittimità. 4. E’ da aggiungere che in sede di discussione la difesa ha chiarito che il ricorrente è stato nel frattempo già condannato in primo grado.

La circostanza rende, come è noto improponibili in sede di incidente cautelare censure in punto di gravità indiziaria. E quelle proposte, riferite alla utilizzabilità delle intercettazioni sono appunto deduzioni che afferiscono alla piattaforma indiziaria.

5. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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