Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-12-2010) 08-02-2011, n. 4603 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza resa in data 11.6.2007 il GIP presso il Tribunale di Tortona ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere in relazione ad ipotesi di bancarotta fraudolenta impropria conseguente al fallimento di PROGETTI INDUSTRIALI Spa, dichiarato il 22.4.1995 e di IMMOBILIARE 90 Srl, dichiarato il 22.12.1995.

Il procedimento giungeva al GIP a seguito della richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal PM in data 27.6.2005: nel corso dell’udienza preliminare era disposta perizia contabile (essendo già stata disposta ad opera del PM. consulenza tecnica contabile, nella fase delle indagini preliminari).

Avverso la decisione interponeva appello il Procuratore Generale, ma la Corte d’Appello di Torino, in data 3.5.2010 restituiva gli atti al Tribunale di Tortona delegandolo alla trasmissione dell’incarto a questa Corte, in ragione della previsione di cui all’art. 428 c.p.p..

Il ricorso del PG. torinese si duole dell’erronea applicazione della legge penale:

– quanto all’estinzione del reato per R. e per S. con la formula del merito, anzichè quella dell’art. 150 c.p., per morte del reo, in considerazione del loro decesso;

– quanto all’estinzione del reato per prescrizione del reato afferente a INMMOBILIARE 90, mancando prova della ricorrenza dell’aggravante di cui alla L. Fall., art. 219, comma 1, ed essendo elisa la portata dell’aggravante ex art. 219, comma 1, n. 2 a seguito del riconoscimento delle attenuanti generiche, valutazione effettuata in ispregio all’art. 157 c.p., comma 3, come novellato;

– quanto alla ritenuta possibilità di applicare le attenuanti in ragione dell’art. 425 c.p.p., comma 2, così da pervenire alla dichiarazione di prescrizione;

– dell’illogicità della motivazione nella parte in cui, con riguardo al disavanzo di PROGETTI INDUSTRIALI Spa., si è ritenuta ingiustificabile la spesa di Lire 800 milioni se raffrontata all’oggetto sociale, trattandosi dell’onere di pubblicità sopportate da V., accollate alla fallita e perchè il disavanzo non trova spiegazione nelle precisazioni rese dagli amministratori;

– dell’erronea applicazione della legge penale nel ritenere esente da censura il mero accollo di debiti, quale quello per L. 2.750.000.000 pertinente all’obbligazionista MA., senza esborso di denaro non essendosi ancora integrata la fattispecie distrattiva;

– dell’illogicità della motivazione che ritiene inadeguate le giustificazioni rese da R., amministratore di PROGETTI INDUSTRIALI sull’incasso da parte della persona fisica dell’amministratore, di otto assegni spettanti – invece – alla fallita;

– dell’erronea applicazione della legge penale nell’avere escluso rilievo penale alle operazioni (contestata come dolosa L. Fall., ex art. 223, comma 2, n. 2) di aumento di capitale privo del versamento da parte dei soci (in un caso attuato mediante compensazione, nel secondo caso senza movimentazione effettiva finanziaria) e, dunque, senza liberazione delle azioni in emissione;

– dell’erronea applicazione della legge penale nell’avere escluso rilievo penale alla tenuta delle scritture contabili, a fronte dei rilievi del CT. del PM, che segnalavano la falsità di alcune importanti annotazioni;

– dell’erronea applicazione della legge penale nell’avere escluso rilievo penale alle contestate ipotesi di false comunicazioni sociali conseguenti al mancato versamento del capitale portato in aumento pur a fronte dei rilievi del CT. Del PM., nonchè sulla base del rilievo che le infedeltà non sono eziologicamente connesse al dissesto e perchè non si è ravvisata indebita valenza alla capitalizzazione delle spese di pubblicità, quando in realtà esse celavano un insanabile dissesto della società;

– dell’erronea applicazione della legge penale nell’avere escluso rilievo penale alle contestate ipotesi di false comunicazioni sociali di IMMOBILIARE 90, nella valutazione delle partecipazioni appostate al costo storico quando esse avevano perso il valore alla luce dell’art. 2425 c.c., n. 4.

E’ stata depositata il 9.12.2010 Memoria, a firma dell’Avv. Maniaci, nell’interesse di G.L..
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Contrariamente all’assunto del provvedimento impugnato, i reati contestati agli imputati – salvo quelli indicati dal ricorrente – non sono ancora estinti. Infatti, considerate le contestazioni mosse agli imputati, il periodo prescrizionale, per il delitto di bancarotta fraudolenta, assomma ad anni 18 e mesi 9. Nel computo rileva l’interruzione del corso della prescrizione ai sensi dell’art. 160 c.p., conseguente alla richiesta di rinvio a giudizio (dovendosi escludere che la causa estintiva sia maturata prima di questo atto).

Sicchè il termine, relativo all’imputazione più risalente nel tempo (dichiarazione di fallimento di PROGETTI INDUSTRIALI Spa, 22.4.1995), verrà a scadenza non prima del 22 gennaio 2014.

A questa conclusione si perviene rettificando alcuni passaggi della sentenza oggetto di ricorso:

– l’art. 157 c.p. – nella sua formulazione, uscita dalla riforma della L. n. 251 del 2005 (applicabile al caso in esame non essendo intervenuta pregressa decisione rilevante ai fini della disciplina transitoria) – stabilisce il periodo nella pena massima edittale, mediante il computo anche delle circostanze aggravanti addebitate agli imputati. Queste dispiegano un aggravamento della sanzione in guisa speciale (aumento della pena sino alla metà, L. Fall., art. 219, comma 1), conseguentemente – alla luce dal "nuovo" art. 157 c.p. – non possono (a questi fini) essere elise dal contemporaneo riconoscimento di circostanze attenuanti (cfr. Cass., Sez. 5,18.2.2009, PG. in proc. Zaretti, CED Cass., 243616);

– in tema di disciplina della prescrizione del reato, deve ritenersi errata la convinzione, fatta propria dalla pronuncia impugnata, che ritiene vigente attualmente la disposizione dettata dall’art. 425 c.p.p., comma 2 ("ai fini della pronuncia della sentenza… il giudice tiene conto delle circostanze attenuanti… si applicano le disposizioni dell’art. 69 c.p.") eppertanto lecito il giudizio di bilanciamento tra le varie circostanze. Invero, l’art. 157 c.p. è stato introdotto nel nostro ordinamento in epoca successiva (mediante la L. 5 dicembre 2005, n. 251) alla formulazione della norma processuale ed evidente, quindi, è l’abrogazione di quest’ultima in forza della regola per cui lex posterior derogat legi anteriori.

Osservazione tanto più pertinente, se si considera che la previsione contenuta in seno all’art. 425 c.p.p., comma 2 altra applicazione non avrebbe potuto disporre, se non in tema di estinzione del reato, come anche osservato dal GIP (cfr. Sent. pag. 25); – in ogni caso, anche a voler prescindere dalla riforma della prescrizione, sarebbe comunque errato il calcolo del periodo prescrittivo, formulato a pag. 26, poichè la diminuzione conseguente deve essere calcolata nel minimo e cioè in un solo giorno di reclusione, non già nell’estensione di un terzo della pena (cfr. Cass. Sez. Un., 29.5.1992, PM/Barozzi, CED Cass. 191160).

In secondo luogo deve rammentarsi che, anche dopo le modifiche apportate all’art. 425 c.p.p. dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479, art. 23, l’udienza preliminare ha conservato la sua natura processuale.

Il giudice non può dunque pronunziare sentenza di non luogo a procedere quando l’eventuale insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti appaiano ragionevolmente superabili nel dibattimento, non dovendo egli accertare l’innocenza o la colpevolezza dell’imputato, bensì la sostenibilità dell’accusa nel giudizio (cfr. Cass., sez. 4, 19.4.2007, Giganti, Ced Cass., rv.

236800). Allo stesso modo il giudice non può pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei casi di carenza, insufficienza o contraddittorietà della prova di cui all’art. 530 c.p.p., comma 2, e non può quindi far prevalere tale formula su quella di estinzione del reato ove sussista appunto una causa estintiva del reato.

Ove la congruenza con il giudizio prognostico della sostenibilità della prova in giudizio manchi, come nella specie, la sentenza di non luogo a procedere è illegittima e deve essere annullata con rinvio.

Del resto il percorso argomentativo a cui giunge il provvedimento in discorso è ulteriormente segnato da passaggi non giuridicamente corretti.

Quanto al gratuito accollo di debiti di altra società (cfr. Sent. pag. relativamente all’accollo del costo delle spese di pubblicità sostenute da V. per L. 800.000.000), la giustificazione giudiziale non si presenta soddisfacente, alla luce dell’insegnamento del giudice di legittimità per cui "la presenza di un gruppo societario non legittima per ciò solo qualsivoglia condotta di asservimento di una società all’interesse delle altre società del gruppo, dovendosi, per contro, ritenere che l’autonomia soggettiva e patrimoniale che contraddistingue ogni singola società imponga all’amministratore di perseguire prioritariamente l’interesse della specifica società cui sia preposto e, pertanto, di non sacrificarne l’interesse in nome di un diverso interesse, ancorchè riconducibile a quello di chi sia collocato al vertice del gruppo, che non procurerebbe alcun effetto a favore dei terzi creditori dell’organismo impoverito" (Cass. sez. 5, 8.11.2007, Belleri, Ced Cass., rv. 239108).

Nulla il provvedimento argomenta circa l’interesse della fallita al cospicuo impegno assunto.

Alla luce di questa considerazione diviene del tutto rilevante l’assenza di motivazione circa la ritenuta esclusione della ricorrenza dell’aggravante di cui alla L. Fall., art. 219, comma 1, (elemento pregiudiziale e condizionante per l’argomentazione giudiziale), sicchè – anche per questo verso – la decisione palesa profilo di illegittimità.

Al contempo è parimenti del tutto inadeguata la motivazione che si accontenta di "vaghe" giustificazioni a spiegazione della girata a proprio personale favore apposta su titoli destinati (ed intestati) alla società (cfr. Sent. pag. 13), poichè la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita dipende (anche) dalla mancata o insufficiente dimostrazione, ad opera dell’amministratore, della destinazione dei beni. Pertanto, l’osservazione secondo cui le indicazioni fornite dagli amministratori non consentono di "dimostrare l’assoluta ingiustificatezza dell’operazione di girata" è commento del tutto improprio. Se la dimostrazione difetta ovvero non è specifica e puntuale, l’amministratore non adempie all’onere dimostrativo a cui è tenuto, derivante dalla sua posizione di garanzia verso i debitori e dalla configurazione che connota l’interpello del curatore in sede di inventario.

Errata, ancora, la convinzione – assunta in via del tutto astratta e generale (cfr. Sent. pag. 12) che l’assunzione di impegno obbligatorio non concreti il reato di fraudolenta distrazione, sulla scorta dell’osservazione che non si riscontrerebbe al fattispecie mancando uscita di denaro dal patrimonio del fallito.

Al contrario, anche l’assunzione di obbligazione, senza corrispondente uscita di denaro, può integrare la condotta di fraudolenza, ai sensi della L. Fall., art. 216, comma 1, n. 1, quando il vincolo obbligatorio sia suscettibile di istanza al giudice fallimentare e possa, quindi, essere insinuato al passivo dell’ente fallito, così concorrendo al riparto con gli altri creditori nella liquidazione dell’attivo.

E’ concreto, invero, ed apprezzabile il depauperamento del patrimonio se il rapporto avviato non rinvenga causa nell’interesse dell’impresa (ed è questo il paradigma per vagliare la ricorrenza dell’illecito, non la tipologia dell’oggetto materiale).

Questi rilievi portano a ritenere errata anche al formula di proscioglimento per gli imputati deceduti. In presenza di una causa estintiva del reato, la formula di proscioglimento nel merito può essere adottata soltanto quando dagli atti risulti evidente la prova dell’innocenza dell’imputato e non nel caso di insufficienza o contraddittorietà della prova di responsabilità. Nel caso in esame gli elementi di accusa raccolti nei confronti di R.G. e di S.S. non consentono di qualificare "evidente" la prova di innocenza: in tal senso prevale la causa estintiva del reato.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di R. G. e di S.S. per essere i reati loro ascritti per morte degli imputati. Annulla la sentenza impugnata limitatamente ai capi A, A1, A2, B, C, D, D1, D3 ultima parte, F, G, ed H, con rinvio al Tribunale di Tortona per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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