T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 02-02-2011, n. 72 Decreto di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con il provvedimento impugnato il Dirigente del settore "lavori pubblici e ambiente" del comune di Fondi ha decretato l’espropriazione del suolo indicato in epigrafe in quanto occorrente alla realizzazione di un progetto di "adeguamento collettori fognari nonché realizzazione di impianto di depurazione".

2. Con il ricorso all’esame i signori C., proprietari del suolo, denunciano l’illegittimità del decreto, sostenendo, da un lato, che esso è stato emesso dopo che la dichiarazione di pubblica utilità ha perduto efficacia (primo motivo), e quindi in difetto del suo fondamentale presupposto, e, dall’altro, censurando sotto vari profili l’ammontare dell’indennità di espropriazione come provvisoriamente determinata (dalla determinazione dirigenziale n. 1771 del 19 ottobre 2005).

3. Il comune di Fondi si è costituito in giudizio e resiste al ricorso.

4. Con ordinanza n. 299 del 8 luglio 2010 la sezione ha respinto l’istanza di tutela cautelare.

5. Va premesso che la sezione ritiene che, a eccezione del primo, tutti gli altri motivi siano inammissibili: essi infatti investono la legittimità della determinazione dell’indennità provvisoria di espropriazione, cioè una questione su cui il giudice amministrativo è privo di giurisdizione spettando quest’ultima al giudice ordinario (innanzi al quale, peraltro, già pende il giudizio per la determinazione giudiziale dell’indennità).

6. Nel merito il primo motivo è fondato.

In sintesi i ricorrenti sostengono che la dichiarazione di pubblica utilità nel procedimento in contestazione è costituita dalla delibera G.M. n. 98 del 24 marzo 2004 con cui il comune ha approvato il progetto definitivo dell’intervento e dichiarato la pubblica utilità dell’opera fissando in 5 anni il termine entro il quale doveva essere emanato il decreto di espropriazione.

Poiché la delibera in questione è divenuta efficace in data 10 aprile 2004 ne discende che il decreto di espropriazione avrebbe dovuto essere pronunciato al più tardi il 10 aprile 2010 cosicchè l’atto impugnato è illegittimo recando data successiva.

L’assunto dei ricorrenti è fondato.

La delibera n. 98 del 24 marzo 2004, in punto di procedimento espropriativo, testualmente stabilisce che le "espropriazioni dovranno essere iniziate entro 12 mesi dalla data di esecutività della presente deliberazione e che i relativi lavori dovranno essere iniziati entro mesi 18 dalla data di esecutività della presente deliberazione e dovranno essere ultimati entro i successivi 5 anni".

Come si vede il provvedimento che ha dichiarato la pubblica utilità non ha stabilito il termine entro il quale il decreto di espropriazione avrebbe dovuto essere emanato cosicchè si applica, come dedotto in ricorso, il quarto comma dell’articolo 13 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 secondo cui "se manca l’espressa determinazione del termine di cui al comma 3 (cioè del termine entro il quale esso va emanato), il decreto di esproprio può essere emanato entro il termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui diventa efficace l’atto che dichiara la pubblica utilità dell’opera"; poiché la delibera n. 98 è divenuta esecutiva, ex articolo 134 d.lg. 17 agosto 2000, n. 267, in data 9 aprile 2004, il decreto di espropriazione risulta effettivamente illegittimo perché tardivamente emesso.

7. Il decreto di espropriazione deve quindi essere annullato.

8. I ricorrenti chiedono che il comune di Fondi sia condannato al risarcimento dei danni che essi quantificano in euro 69.810,00, cioè in misura pari al valore dei beni espropriandi come determinato ex articolo 21 del D.P.R. n. 327, facendo riferimento al cd. danno da ritardo ex articolo 2bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.

La domanda deve essere respinta.

Deve anzitutto rilevarsi che il riferimento all’articolo 2bis della legge n. 241 non è pertinente alla fattispecie in cui non viene in rilievo un danno derivante dal ritardo nella emanazione di un provvedimento (favorevole) ma piuttosto il danno derivante da un atto ablatorio illegittimo perché emanato in carenza di un presupposto (cioè una efficace dichiarazione di pubblica utilità). Ai ricorrenti, che ai fini della quantificazione, fanno riferimento al valore venale del suolo, d’altra parte, non spetta alcun risarcimento per la perdita della proprietà dato che, per effetto dell’annullamento del decreto di espropriazione, essi sono ancora proprietari dei beni in contestazione e possono pertanto chiederne la restituzione previa riduzione allo stato pristino; né è risarcibile il danno derivante dalla perdita di disponibilità dei beni dato che lo spossessamento si fonda sul decreto di occupazione d’urgenza del 12 maggio 2005 che non risulta essere stato impugnato.

In altri termini i ricorrenti possono chiedere – ma non l’hanno fatto con il ricorso all’esame – la restituzione, previa riduzione allo stato pristino, dei beni che ormai l’amministrazione, avendo perduto efficacia la dichiarazione di pubblica utilità (e di conseguenza anche il decreto di occupazione d’urgenza) detiene senza titolo; per il periodo di spossessamento legittimo (in pratica sino alla data del 9 aprile 2010 in cui, venuta meno l’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, è venuta meno anche l’efficacia del decreto di occupazione d’urgenza) spetta loro l’indennità di occupazione; per il periodo successivo e sino alla restituzione (ovvero sino al momento in cui l’amministrazione si procurerà legittimamente la proprietà dei suoli) spetta loro il danno derivante dalla mancata disponibilità dei suoli ma non sono queste le voci di danno di cui si chiede il ristoro con il ricorso.

Conclusivamente la domanda di risarcimento dei danni, così come formulata, deve essere respinta.

Le spese di giudizio sono poste a carico del comune e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, lo accoglie in parte e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Condanna il comune di Fondi al pagamento a favore dei ricorrenti della somma di euro duemilacinquecento a titolo di spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *