Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-03-2011, n. 5850 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nel dicembre 2002 l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Cantù, notificava ai soci della società Uraghi Arredamenti srl – sigg.ri G.N., U.M. e U.P.L. – separati avvisi di accertamento IRPEF aventi ad oggetto redditi per utili non dichiarati; tali avvisi di accertamento conseguivano alla rettifica del reddito imponibile per Tanno di imposta 1997 accertato nei confronti della società Uraghi Arredamenti srl con separato avviso di accertamento.

Tutti i soci impugnavano gli avvisi di accertamento loro rispettivamente notificati davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Como, la quale, riuniti i ricorsi, annullava gli atti impugnati per difetto di motivazione. Il primo giudice rilevava che gli avvisi notificati ai soci erano motivati per relationem all’avviso di accertamento "in corso di notifica" alla società e argomentava che detto avviso di accertamento non era stato allegato agli avvisi notificati ai soci nè poteva ritenersi da costoro conosciuto o conoscibile, in quanto non risultava ancora notificato nemmeno alla società, ma, appunto, "in corso di notifica" alla stessa.

La sentenza della Commissione Tributaria Provinciale veniva appellata dall’Agenzia delle Entrate e la Commissione Tributaria Regionale di Milano, con sentenza depositata il 12.4.06, accoglieva l’appello e, in totale riforma della sentenza di primo grado, respingeva i ricorsi dei contribuenti.

A fondamento della propria decisione la Commissione Tributaria Regionale argomentava che – contrariamente a quanto sostenuto dai contribuenti e ritenuto dal primo giudice – non poteva ravvisarsi alcun vizio negli avvisi di accertamento notificati ai contribuenti per il fatto che essi rinviassero per relationem all’avviso emesso nei confronti della società. Sul punto è opportuno riprodurre testualmente i passaggi della sentenza impugnata su cui si incentrano le censure dei ricorrenti. La Commissione Tributaria Regionale così scrive: "Quanto all’eccezione, secondo cui vi sarebbe stata contemporaneità fra gli avvisi di accertamento notificati alla società e ai soci, essa non può essere presa in esame, perchè formulata per la prima volta in appello. Nel merito, quest’ultimo appare fondato. Nella sentenza di primo grado, si legge che gli avvisi di accertamento sarebbero nulli in quanto richiamano altro avviso, emesso a carico di soggetto diverso. La Cassazione (Cass. 13 giugno 2002, n. 8407) ha invece affermato la piena legittimità dell’avviso di accertamento a carico del socio, che rinvii a quello a carico della società, in quanto il socio ha. in tale sua veste, il potere di prenderne visione".

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale G. N., U.M. e U.P.L. propongono separati ma identici ricorsi per cassazione, che sono stati iscritti nei Registro Generale di questa Corte con i nn. 29855/06, 29857/06 e 29860/06.

L’Agenzia delle Entrate si è costituta solo nei procedimenti 29855/06 RG e 29860/06 RG. depositando controricorso.

I ricorsi sono stati discusso alla pubblica udienza del 2.2.2011, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.
Motivi della decisione

Preliminarmente va disposta la riunione ex art. 335 c.p.c., dei ricorsi sopra menzionati, tutti proposti contro la medesima sentenza n. 42/43/06 della Commissione Tributaria Regionale di Milano.

Sempre in via preliminare si precisa che nel presente giudizio di legittimità trova applicazione l’art. 366 bis c.p.c., perchè i ricorsi hanno ad oggetto una sentenza depositata il 12.4.06 e, dunque, nel periodo di vigenza della suddetta disposizione ( dal 2 marzo 2006 al 4 luglio 2009).

I ricorsi riuniti sono sorretti dai seguenti due motivi, identici, come già sopra evidenziato, in tutti e tre i ricorsi:

1) Omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, consistente nel rinvio, contenuto nella motivazione dell’accertamento notificato al ricorrente, a un atto in corso di notificazione a terzi, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Contale motivo i ricorrenti censurano la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per aver erroneamente assunto come sollevata per la prima volta in appello la questione della contemporaneità delle noti fiche degli avvisi di accertamento alla società ed ai soci mentre tale argomento sarebbe stato trattato già nel corso del giudizio di prime cure ed anzi sarebbe stato espressamente richiamato nella sentenza appellata a fondamento del giudizio di carenza di motivazione degli avvisi di accertamento notificati ai soci.

Lamentano quindi i ricorrenti che la sentenza di appello avrebbe omesso di valutare un fatto decisivo per il giudizio e, inoltre, sarebbe contraddittoria laddove, da un lato, afferma la novità della eccezione in questione e, dall’altro, riproduce il passo della sentenza di primo grado che proprio alla contemporaneità della notifiche fa riferimento. A conclusione del motivo, i ricorrenti formulano la seguente "INDICAZIONE" ex art. 366 bis c.p.c.:

"Consideri l’Ecc.ma Corte che l’avviso di accertamento impugnato era così motivato: "(la braghi Arredamenti s.r.l.) è stata sottoposta a verifica del Nucleo Misto (IVA-IIDD) del Dipartimento delle Entrate, a seguito della quale l’Ufficio ha emesso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) (in corso di notifica) con cui si rettifica l’imponibile dichiarato dalla società per l’anno d’imposta 1997". 2) Violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ai sensi dell’art.360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 comma 1, e D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, con riferimento alla motivazione dell’accertamento compiuta mediante rinvio ad atto in corso di notifica.

Con tale motivo i ricorrenti censurano la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per aver ritenuto legittima, in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, la motivazione di un avviso di accertamento effettuata mediante rinvio per relationem ad un atto ancora in corso di notifica, come tale non conosciuto nè ricevuto da parte del contribuente, nè, peraltro, da quest’ultimo conoscibile senza che il tempo necessario ad acquisirne conoscenza riduca lo spazio di tempo concesso dalla legge per impugnare l’avviso di accertamento. A conclusione del motivo, i ricorrenti formulano il seguente quesito di diritto: dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se l’avviso di accertamento sia validamente motivato, secondo il disposto della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, e D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, quando rinvii ad altro atto in corso di notificazione non ancora pervenuto al destinatario".

Prima di passare alla trattazione separata dei due motivi di ricorso, è opportuno procedere ad un inquadramento complessivo della fattispecie.

L’ultimo periodo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2, (nel testo modificato dal D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 1) recita: "Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale". Tale disposizione consente dunque che l’avviso di accertamento sia motivato con riferimento ad altro atto non allegato nè riprodotto nel suo contenuto essenziale, purchè si tratti di atto conosciuto o ricevuto dal contribuente.

La sentenza impugnata ha ritenuto validi gli avvisi di accertamento notificati agli odierni ricorrenti sull’assunto della "legittimità dell’avviso di accertamento a carico del socio, che rinvii a quello a carico della società, in quanto il socio ha, in tale sua veste, il potere di prenderne visione".

I ricorrenti non censurano la sentenza di merito per la suddetta ratio decidendi, ma, col primo motivo, per aver omesso di valutare (sull’erroneo presupposto che la relativa deduzione sia stata effettuata per la prima volta in appello) il fatto decisivo rappresentato dalla, asserita contemporaneità tra la notifica degli avvisi di accertamento e la notifica dell’atto di riferimento e, col secondo motivo, per aver falsamente applicato il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, (e la L. n. 212 del 2000, art. 7) ritenendo conosciuto un atto che tale non poteva essere in quanto "in corso di notificà".

Il presupposto comune ad entrambi i motivi di ricorso per cassazione è dunque il fatto che nel momento in cui i ricorrenti ricevettero la notifica degli avvisi di accertamento impugnati, non si era ancora compiuta la notifica dell’atto a cui la motivazione di tale avvisi faceva riferimento, ossia l’avviso di accertamento destinato alla società Uraghi Arredamenti srl.

Il suddetto presupposto fattuale, tuttavia, non è stato indicato nel ricorso per cassazione, perche in tale ricorso non si fa menzione – ne, tanto meno, si indica in quale sede di merito sarebbe stata fatta menzione – delle date in cui vennero notificati l’avviso di accertamento alla società e gli avvisi di accertamento ai ricorrenti.

I ricorrenti fondano infatti le loro censure alla sentenza di merito sul rilievo che nella motivazione degli avvisi di accertamento impugnati è scritto che l’atto di riferimento (l’avviso di accertamento alla società) è "in corso di notifica"; ma tale rilievo non è concludente, in quanto, perchè un atto possa considerarsi conosciuto dal contribuente, ai sensi e per gli effetti dell’ultimo periodo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2, ciò che rileva è che esso sia già pervenuto al destinatario al momento della notìfica, non al momento della redazione. dell’avviso di accertamento che a tale atto fa riferimento (impregiudicata restando, perchè non dedotta tra i motivi di ricorso, la questione se la notifica di un atto ad una società sia sufficiente per far ritenere l’atto medesimo conosciuto al socio).

E’ pertanto irrilevante, ai fini del giudizio sulla validità della motivazione degli avvisi di accertamento impugnati dagli, odierni ricorrenti, che nella motivazione di detti avvisi non si indichi la data di notifica dell’atto di riferimento, ma si affermi che il medesimo è "in corso di notifica". La circostanza di fatto su cui si fonda la critica dei ricorrenti alla sentenza di merito è infatti la contemporaneità tra la notifica degli atti impugnati e la notifica dell’atto di riferimento e tale contemporaneità non si desume da quanto è scritto nella motivazione degli avvisi impugnati, ma avrebbe dovuto essere rappresentata alla Corte mediante l’indicazione delle date delle notifiche degli atti impugnati e dell’atto di riferimento.

Il ricorso difetta quindi di autosufficienza, in relazione ad entrambi i motivi su cui si fonda, perchè non espone le circostanze di fatto che, se valutate dalla Commissione Tributaria Regionale, avrebbero potuto portare alla decisione favorevole ai ricorrenti, ossia non indica le date delle notifiche degli atti impugnati e della notifica dell’atto di riferimento, precludendo quindi alla Corte di apprezzarne la asserita contemporaneità (contemporaneità, peraltro, contesta dall’Agenzia delle Entrate in sede di merito: si veda la pagina 2, penultimo periodo, della sentenza impugnata: "Propone appello l’Agenzia delle Entrate, censurando la sentenza di primo grado, in quanto all’epoca della notifica degli avvisi impugnati, l’avviso a carico della società era stato già notificato"; nei controricorsi depositati nei procedimenti 29855/06 RG e 29860/06 RG l’Agenzia afferma che l’avviso di accertamento alla società fu notificato il 2.12.02 e gli avvisi di accertamento ai soci furono notificati il 4.12.02). Per tale ragione entrambi i motivi di ricorso vanno dichiarati inammissibili (vedi Cass. 26692/2006: "Non rispetta il principio di autosufficienza il ricorso per cassazione che, denunciando l’omessa pronuncia da parte del giudice di secondo grado, sulle doglianze mosse in appello "per relationem" alle ragioni esposte davanti al Tribunale, non espone quelle specifiche circostanze di merito che avrebbero portato all’accoglimento de gravame, e così impedisce al giudice di legittimità una completa cognizione dell’oggetto, sul quale, peraltro, ove non fossero necessari ulteriori accertamenti, potrebbe decidere nel merito, pur trattandosi di "errar in procedendo"; nè al principio di autosufficienza può ottemperarsi "per relationem", mediante il richiamo ad altri atti o scritti difensivi presentati nei precedenti gradi di giudizio).

Vanno peraltro rilevate ulteriori ragioni di inammissibilità, specifiche in relazione a ciascuno dei due motivi proposti.

Quanto al primo motivo, va in primo luogo evidenziato che i ricorrenti, dolendosi dell’omessa pronuncia della Commissione Tributaria Regionale sulla asserita contemporaneità tra la notifica degli avvisi di accertamento e la notifica dell’alto di riferimento, censurano in sostanza un errar in procedendo del giudice di merito, consistente nell’avere giudicato inammissibile (in quanto erroneamente ritenuta dedotta per la prima volta in grado di appello) la deduzione di detta contemporaneità. Il motivo di ricorso per cassazione doveva dunque essere proposto con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, e non come vizio della motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, e perciò va giudicato inammissibile (si veda la sentenza di questa Corte n. 1701/06: "L’omessa pronuncia su una domanda, ovvero su specifiche eccezioni fatte valere dalla parte, integra una violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4, e, conseguentemente, è inammissibile il motivo di ricorso con il quale la relativa censura sia proposta sotto il profilo della violazione di norme di diritto, ovvero come vizio della motivazione";

giurisprudenza costante, vedi le sentenze nn. 3190/06, 24856/06, 12952/07, 26598/09).

In secondo luogo, sempre con riferimento a primo motivo, va ancora rilevato che un ulteriore profilo di inammissibilità del medesimo discende dal fatto che ì ricorrenti non hanno assolto all’onere imposto dall’art. 366 bis c.p.c., di offrire "la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione": tale indicazione infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, deve emergere da un momento di sintesi (omologo al quesito di diritto) esposto in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, che circoscriva puntualmente i limiti della censura, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità, (per tutte, SS.UU. 20603/2007: sulla manifesta infondatezza di dubbi di legittimità costituzionale dell’articolo 366 bis epe. si veda l’ordinanza n. 27680/2009). Nella specie i ricorrenti hanno effettivamente destinato la parte finale del primo motivo di ricorso alla indicazione del fatto controverso, dando a tale parte autonoma evidenza mediante l’intitolazione "INDICAZIONE"; ma, come fatto palese dalla trascrizione che precede, sotto detta intitolazione si legge solo uno stralcio della motivazione degli avvisi di accertamento impugnati, senza la formulazione di alcuna indicazione riassuntiva e sintetica (che costituisca un "quid pluris" rispetto all’illustrazione del motivo e pertanto consenta alla Corte di legittimità di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso) delle ragioni per le quali la motivazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale sarebbe omessa o insufficiente.

Quanto al secondo motivo, pur esso va giudicato inammissibile perchè il quesito di diritto formulato a conclusione della illustrazione de motivo – trascritto sopra – risulta non conforme al paradigma fissato dall’art. 366 bis c.p.c..

Al riguardo si osserva che le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato che il quesito deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e deve quindi porre la Corte di cassazione in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regula juris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata; ciò vale a dire che la Corte di legittimità deve poter comprendere dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico – giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare: in conclusione, l’ammissibilità del motivo è condizionata alla formulazione di un quesito, compiuta e autosufficiente, dalla cui risoluzione scaturisca necessariamente il segno della decisione (cfr. Cass., sez. un., n. 28054 de 2008, cit.;

n. 26020 del 2008; n. 18759 del 2008; n. 3519 del 2008; n. 7197 del 2009).

I principi espressi dalle Sezioni Unite sono poi stati ulteriormente dettagliati con la precisazione che è inammissibile il motivo di impugnazione in cui il quesito di diritto non indichi le due opzioni interpretative alternative, quella adottata nel provvedimento impugnato e quella proposta dal ricorrente (vedi la sentenze n. 24339/08: "il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nei provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo. La mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile"; nello stesso senso, Ord. 4044/09).

Nel caso di specie, la parte ricorrente non ha adempiuto all’onere, dai contenuti sopra precisati, della proposizione di una valida impugnazione, in quanto il quesito proposto a conclusione del motivo risulta disancorato dalla concreta fattispecie all’esame della Corte e non è formulato in modo che dalla relativa risoluzione scaturisca necessariamente il segno della decisione. Infatti il quesito "se l’avviso di accertamento sia validamente motivato… quando rinvii ad altro atto in corso ili notificazione non ancora pervenuto al destinatario" è inconcludente, perchè non precisa se si riferisca al caso in cui l’atto di riferimento non sia ancora pervenuto al destinatario nel momento della notificazione dell’avviso di accertamento o si riferisca al caso in cui l’atto di riferimento non sia ancora pervenuto al destinatario nel momento della redazione dell’avviso di accertamento (cosicchè nella motivazione di quest’ultimo si faccia necessariamente rinvio ad un atto in corso di notificazione, indipendentemente dal fatto che tale notificazione si perfezioni prima, contemporaneamente o dopo la notificazione dell’avviso di accertamento).

In conclusione, tutti e tre i ricorsi riuniti vanno rigettati per l’inammissibilità dei relativi motivi.

Le spese si compensano, in quanto la giurisprudenza di legittimità sull’esegesi dell’art. 366 c.p.c., si è formata dopo il deposito dei ricorsi.
P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi 29855/06, 29857/06, 29860/06, rigetta i ricorsi.

Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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