Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-03-2011, n. 5848 Società

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Commissione Tributaria Provinciale di Roma con sentenza n. 579/02/2004 ha accolto il ricorso proposto da L.F., socio della Società La Fruttiera, avverso le cartelle di pagamento emesse per l’iscrizione a ruolo del reddito da partecipazione sociale, negli anni 1986 e 1987, sul rilievo che il reddito accertato in capo alla Società era stato dichiarato inesistente, con sentenza della CTR di Roma, passata in giudicato.

Con sentenza depositata l’11.4.2006, la CTR del Lazio, dopo aver premesso che, in tema di imposte dei redditi, gli atti di accertamento nei confronti di una Società di persone dovevano considerarsi distinti rispetto a quelli emessi nei confronti di un singolo socio, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, osservando che l’Amministrazione aveva titolo di riscuotere le somme portate dalle cartelle di pagamento, essendo ormai definitiva la sentenza con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dal predetto contribuente.

Per la cassazione di detta sentenza, ricorre il L.. l’Agenzia delle Entrate non ha svolto difese.
Motivi della decisione

Va, preliminarmente, rilevata l’inammissibilità del ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non è stato parte del pregresso grado di giudizio. A seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle Entrate, avvenuta con D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 e divenuta operativa dal 1 gennaio 2001 ( D.M. 28 dicembre 2000, ex art. 1), si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale deve ritenersi che la legittimazione "ad causam" e "ad processum" nei procedimenti introdotti dopo il 1 gennaio 2001 spetta all’Agenzia, e la proposizione dell’appello da parte o nei confronti della sola Agenzia, senza esplicita menzione dell’ufficio periferico che era parte originaria, si traduce nell’estromissione di quest’ultimo (cfr. S.U. n. 3116 e n. 3118 del 2006, n. 22641 del 2007). Nulla per le spese, dato il mancato svolgimento di difese da parte di tale intimato.

Col primo motivo, L.F., deducendo violazione dell’art. 330 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 afferma che la sentenza è nulla per inesistenza della notificazione del ricorso in appello.

Il ricorrente evidenzia che, in sede di notifica della sentenza di primo grado, aveva eletto domicilio presso l’Avv. De Giovanni, in Roma, Piazza Iris n. 18, sicchè l’appello avrebbe dovuto essergli notificato, ex art. 330 c.p.c. presso tale domicilio, mentre era stato notificato nel domicilio eletto in prime cure, con conseguente inesistenza della notifica ed inammissibilità dell’impugnazione.

Il motivo è parzialmente fondato e va accolto per quanto di ragione.

Va, anzitutto, rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. SU n. 29290/2008), cui si intende dare continuità, l’art. 330 c.p.c. invocato dal ricorrente, è applicabile al processo tributario in virtù del richiamo contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 49 in quanto la specifica previsione normativa in tema di notificazioni contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17 secondo la quale la notifica deve eseguirsi (salvo quella a mani proprie) nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della costituzione in giudizio, costituisce eccezione all’art. 170 c.p.c. (relativo alle sole notificazioni endoprocessuali), non costituendo ostacolo, all’introduzione della notifica dell’impugnazione presso il procuratore costituito, la non obbligatorietà, nel processo tributario, della rappresentanza processuale da parte del procuratore "ad litem", in quanto tale rappresentanza, non essendo vietata, è facoltativa.

Dalla lettura degli atti, consentita a questo giudice in relazione alla deduzione di un "error in procedendo" risulta, poi, accertata la circostanza denunciata, constando che, all’atto di notifica della sentenza, il L. ha, effettivamente, eletto domicilio nella Piazza Iris n. 18, presso l’Avv. De Giovanni, mentre l’atto d’appello gli è stato notificato presso il Dott. G.M., procuratore costituito nel giudizio di primo grado. Sussiste pertanto, la denunciata violazione del citato art. 330 c.p.c. posto che la notificazione dell’impugnazione, come rilevato, non risulta effettuata alla parte presso il domicilio da questa eletto in sede di notifica della sentenza, come prescritto dalla prima parte dell’art 330 c.p.c., comma 1 ma presso il precedente difensore.

Tale violazione comporta, tuttavia, la nullità e non l’inesistenza della notificazione, e ciò in quanto la notificazione di un atto del processo può dirsi giuridicamente inesistente solo nell’ipotesi in cui essa manchi del tutto, ovvero risulti compiuta in modo assolutamente difforme da quello previsto dal codice di rito, tale da escluderne la corrispondenza con l’atto tipico delineato dalla norma, risultando, per converso, soltanto nulla, con conseguente suscettibilità di sanatoria o rinnovabilità ex art. 291 c.p.c. quella effettuata in un luogo diverso da quello prescritto, che non sia privo di un astratto collegamento con il destinatario. In tale categoria va sussunta la notifica effettuata presso il precedente procuratore, proprio perchè eseguita nei confronti di persona avente un collegamento con il soggetto destinatario dell’atto (cfr. Cass. SU ord. n. 10817/2008).

Poichè il giudice del gravame non ha rilevato tale vizio e non ha ordinato la rinnovazione dell’atto ex art. 291 c.p.c., il successivo giudizio e la sentenza che lo ha concluso sono affetti da nullità:

ne deriva che, in accoglimento del primo motivo del ricorso, questa Corte deve dichiarare tale nullità, con rinvio ad altro giudice di pari grado – designato in diversa sezione della CTR del Lazio – perchè sia ripristinata la regolarità del contraddittorio, ex artt. 291 e 350 c.p.c. norme legittimamente, applicabili anche al rito tributario, per effetto del rinvio di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2 (cfr. Cass. n. 12381/2009).

Allo stesso giudice di rinvio è demandato anche di provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Restano, logicamente, assorbiti il secondo motivo, col quale il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, comma 1 e dell’art. 2909 c.p.c. deducendo che l’accertata inesistenza di redditi della Società doveva escludere, in virtù dell’efficacia riflessa del giudicato, la fondatezza della pretesa impositiva nei suoi confronti; ed il vizio di motivazione dedotto col terzo ed il quarto motivo.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e nulla spese; lo accoglie nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, dichiara la nullità del giudizio d’appello e della sentenza che lo ha concluso, cassa e rinvia ad altra sezione della CTR del Lazio, anche per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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