Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-03-2011, n. 5842 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza della CTR di Napoli sezione staccata di Salerno n. 155/5/2005 in data 27.5.2005 era dichiarato inammissibile, per difetto del requisito di specificità di motivi ex art. 342 c.p.c., l’appello proposto da I.A. avverso la sentenza della CTP di Avellino) n. 67 in data 25.9203 con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dal contribuente avverso l’atto di classamento n. 184409/02 (cat. D/3; rendita catastale L. 92.400.000) notificato dall’Agenzia del Territorio di Avellino e relativo ad immobile distinto al catasto di quel Comune al fg. 37 map. 153 sub 1.

La sentenza della CTR – dopo aver dato atto sinteticamente dei quattro motivi di appello proposti dal contribuente (con i quali venivano denunciati i seguenti vizi della sentenza di prime cure: 1 – errata indicazione della data di presentazione del ricorso, 2 – errata incitazione della misura della richiesta riduzione della rendita fondiaria, 3 – omessa valutazione della perizia stragiudiziale depositata in atti, 4 – errata classificazione dell’immobile nella categoria D che si attribuisce solo per stima diretta) -, motivava la pronuncia di inammissibilità rilevando che l’atto di appello, pur individuando i punti della sentenza di primo grado oggetto di critica, aveva tuttavia omesso di "indicare, almeno sommariamente, i motivi in fatto e/o diritto che si intendono contrastare".

Ricorre per la cassazione di tale sentenza lo I. denunciando vizi relativi ad "errores in judicando" ed "in procedendo", nonchè vizi motivazionali, articolati in cinque motivi.

Resiste con controricorso la Agenzia del Territorio.
Motivi della decisione

1. Questioni pregiudiziali e preliminari.

Preliminarmente va dichiarato inammissibile il controricorso della Agenzia del Territorio in quanto notificato soltanto in data 29.2.2008 ben oltre la scadenza del termine previsto dall’art. 370 c.p.c., comma 1 essendo stato notificato il ricorso principale in data 12.7.2006. 2. I motivi del ricorso principale.

Il ricorrente ha censurato la sentenza di appello deducendo i seguenti vizi di legittimità:

1 motivo: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

1.1. Sostiene il ricorrente che la statuizione di "rigetto dell’appello" contenuta nel dispositivo della sentenza impugnata, implicherebbe una valutazione di merito dei motivi di appello (atteso che la genericità dei motivi avrebbe dovuto comportare una statuizione di inammissibilità), con la conseguenza che la sentenza sarebbe del tutto priva di motivazione in ordine al giudizio sulla infondatezza dei motivi;

1.2. la motivazione della sentenza sarebbe inoltre contraddittoria in quanto, da un lato, afferma che nell’atto di appello sarebbe stata omessa del tutto la indicazione dei motivi in fatto e diritto, mentre in altra parte della motivazione riporta sia pure sinteticamente le censure prospettate nell’atto di appello (che dunque non potrebbero ritenersi inesistenti);

1.3. la sentenza della CTR non fornisce alcuna indicazione in ordine al criterio logico e giuridico adottato nel giudizio di genericità – inammissibilità dei motivi di impugnazione della sentenza di primo grado (trascritti dal ricorrente nel ricorso per cassazione: pag. 6 rie.) con i quali si lamentava che la sentenza della CTP faceva riferimento ad un ricorso e ad un avviso di classamento diversi da quelli oggetto del giudizio che la CTP aveva erroneamente affermato che il ricorrente non aveva prodotto prove contrarie, sebbene fosse stata depositata una perizia di parte; che la sentenza di primo grado aveva ritenuto legittima la attribuzione di rendita mediante applicazione "dei costi di costruzione elaborati dalle Province", non considerando che tale criterio non era applicabile all’immobile inserito in categoria "D" per il quale era invece prescritta la determinazione della rendita mediante "stima diretta" dal R.D.L. n. 639 del 1939, art. 10 conv. L. n. 1249 del 1939 e dall’art. 30 del regolamento n. 1142/1949_;

1.4. in ogni caso la CTR aveva erroneamente accomunato nel giudizio di genericità – inammissibilità dei motivi di appello anche il motivo di impugnazione con il quale veniva denunciata la violazione del criterio legale di determinazione della rendita catastale con specifico riferimento alle norme di legge e regolamentari violate e dettagliata descrizione delle caratteristiche della fattispecie concreta.

2 motivo: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e dell’art. 342 c.p.c. ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

2.1. Sostiene il ricorrente che il giudizio di inammissibilità dei motivi di appello si pone in palese contrasto con la interpretazione dell’art. 342 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 – in materia di giudizio tributario -, fornita dalla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale , per integrare il requisito di specificità dei motivi di impugnazione, non è richiesta una formalistica e rigorosa enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, nè il preciso richiamo delle norme applicabili, essendo sufficiente la esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, della domanda rivolta al giudice del gravame e delle ragioni della doglianza, rimanendo escluso il requisito del specificità dei motivi soltanto nel caso in cui questi rimangano assolutamente incerti nonostante la interpretazione del complessivo tenore dell’atto: tale assoluta incertezza doveva certamente escludersi almeno in relazione alla censura concernente la erronea applicazione del criterio legale di determinazione della rendita catastale.

3 motivo: nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c. ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

3.1. La sentenza della CTR sarebbe incorsa nello stesso errore commesso dalla CTP venendo a giudicare su un ricorso (proposto in data 7.2.2001) diverso da quello (n. 2640/02) oggetto del giudizio e proposto avverso la notifica di atto di classamento n. 184409/02. 4 motivo: nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c. ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

4.1. Il ricorrente censura la sentenza della CTR per omessa pronuncia sul ricorso n. 2640/02 effettivamente proposto avverso l’atto di catastale, nonchè sul motivo di appello concernente la denunciata violazione dei criteri legali di determinazione della rendita, ed ancora sul motivo di appello concernente la omessa considerazione da parte del Giudice di prime cure delle risultanze della perizia di parte depositata in primo grado.

5 motivo: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

5.1. Si censura la sentenza di primo grado in quanto avrebbe omesso di valutare le risultanze della perizia di parte e di motivare le eventuali ragioni di inattendibilità delle stesse.

3. L’esame dei motivi e la valulazione della Corte.

Il primo motivo ed il secondo motivo, che possono esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati e trovando accoglimento il ricorso nei limiti di seguito esposti.

La sentenza della CTR di Napoli sez. staccata di Salerno n. 155/2005 ha ritenuto che i motivi di appello fossero privi del requisito di specificità prescritto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1 (richiesto a pena di inammissibilità: comma 1, ultima parte), come inequivocamente statuito in motivazione dalla quale non può prescindersi ai fini della esatta individuazione del contenuto del "dictum" della sentenza.

Ne consegue che dalla mera imprecisione della formula terminativa del giudizio concluso con pronuncia di rigetto (anzichè di inammissibilità) non è dato logicamente trarre la conseguenza della esistenza del denunciato vizio motivazionale (sub 1.1.) dedotto dal ricorrente sull’assunto – meramente teorico e del tutto avulso dal contenuto motivazionale della sentenza impugnata – che il giudice di appello avrebbe inteso pronunciare "nel merito" e dunque la sentenza sarebbe carente di motivazione sulla pretesa infondatezza dei motivi di appello.

Del pari infondata è la censura prospettata sub 1.2. in quanto la elencazione succinta dei motivi di appello, contenuta nella sentenza impugnata, non incide affatto sulla coerenza logica della motivazione posta a fondamento della decisione di inammissibilità dell’appello, interamente argomentata sulla genericità -e non sulla materiale carenza nell’atto di appello- dei motivi di impugnazione.

Fondata e invece la censura mossa con il primo motivo alla sentenza di appello sotto il profilo (sub 1.3. ed 1.4.) della insufficienza di motivazione in ordine alla "genericità" del motivo di appello concernente la violazione del criterio legale di determinazione della rendita catastale, così come fondata è la censura di violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, che estende al giudizio tributario il requisito della specificità dei motivi di appello previsto dall’art. 342 c.p.c. per il giudizio civile (la erronea prospettazione nella rubrica del motivo di ricorso dell’indicato vizio di legittimità con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, anzichè all’art. 360 c.p.c., n. 4 – Corte cass. 1^ sez. 20.9.2006 n. 20405; id. 15.1.2009 n. 806 – non comporta preclusioni all’accesso del motivo di ricorso al sindacato di legittimità essendo riservata alla Corte la corretta qualificazione giuridica del motivo di ricorso, ove chiaramente ed inequivocamente desumibile dalla esposizione in fatto e dalle argomentazioni in diritto svolte a sostegno della censura: cfr. Corte cass. 1^ sez. 13.9.2006 n. 19661), avendo il ricorrente correttamente evidenziato come la sentenza impugnata si sia discostata, in relazione al motivo di appello concernente la dedotta violazione del criterio di determinazione della rendita, dalla portata precettiva della norma processuale come definita dall’uniforme orientamento giurisprudenziale di questa Corte.

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1 in materia di processo tributario dispone, per quanto interessa la presente causa, che l’atto di appello deve contenere, a pena di inammissibilità, la esposizione sommaria dei fatti, l’oggetto della domanda ed "i motivi specifici della impugnazione".

In assenza di puntuali definizioni del grado di specificità dei motivi desumibili dalla speciale disciplina normativa del rito tributario, che si limita a recepire lo stesso requisito previsto per l’atto di appello dalla disciplina del processo civile (cfr. art. 342 c.p.c.), occorre richiamare i principi enucleabili dalla consolidata giurisprudenza formatasi in materia:

il "thema decidendi" nel giudizio di secondo grado è delimitato dai motivi di impugnazione, la cui specifica indicazione è richiesta, ex artt. 342 e 434 cod. proc. civ. per l’individuazione dell’oggetto della domanda d’appello e per stabilire l’ambito entro il quale deve essere effettuato il riesame della sentenza impugnata (Corte cass. 3^ sez. 16.5.2006 n. 11372);

il requisito di specificità della critica rivolta alla decisione impugnata non può, pertanto, che essere correlato alle argomentazioni addotte dal giudice di primo grado, poichè non è possibile una contestazione specifica di conclusioni non fondate su basi specifiche (Corte cass. 3^ sez. 31.3.2010 n. 7786), con la conseguenza che se, da un lato, il grado di specificità dei motivi non può essere stabilito in via generale ed assoluta, dall’altro lato, esso esige pur sempre che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime (Corte cass. 3^ sez. 18.4.207 n. 9244; sez. lav. 19.2.2009 n. 4068). E’ stato pertanto affermato che il principio di necessaria specificità dei motivi d’appello richiede che la manifestazione volitiva dell’appellante, indirizzata ad ottenere la riforma della sentenza impugnata, debba necessariamente essere sorretta da una parte argomentativa, idonea a contrastare la motivazione di quest’ultima e proporzionata alla sua maggiore o minore specificità (Corte cass. sez. lav. 25.3.2010 n. 7190); attraverso i motivi di appello il giudice del gravame deve, quindi, essere posto in grado non solo di identificare i punti impugnati, ma anche le ragioni di fatto e di diritto in base alle quali viene richiesta la riforma della pronuncia di primo grado (Corte cass. 2^ sez. 19.10.2009 n. 22123): tali ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno dell’appello, possono sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purchè ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Corte cass. SU 25.11.2008 n. 28057), con la conseguenza che il mero richiamo alle argomentazioni in fatto e diritto svolte negli atti difensivi in primo grado risponde al grado di specificità richiesto soltanto nel caso in cui la sentenza impugnata non abbia esplicitamente confutato le predette argomentazioni. Ove invece il giudice di primo grado abbia esaminato tali questioni sviluppando la propria argomentazione logica sui singoli punti, l’appello deve confutare esplicitamente la relativa motivazione e non limitarsi al semplice rinvio ad istanze e difese sviluppate in precedenza (Corte Cass. Sez. Trib. 9.10.2007 n. 22692);

– non sono prescritti, peraltro, rigorosi formalismi nella esposizione dei motivi specifici, purchè gli stessi rispondano alle caratteristiche di chiarezza ed univocità: risulta perciò irrilevante che i motivi siano enunciati nella parte espositiva dell’atto e separatamente posto che, in assenza di una specifica disciplina richiedente il rispetto di rigidi formalismi, gli elementi idonei a rendere "specifici" i motivi d’appello possono essere ricavati (anche per implicito, purchè in maniera univoca) da tutto l’atto d’impugnazione considerato nel sue complesso, ivi comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni (Corte Cass., Sez. Trib. 6.8.2009 n. 18034 con specifico riferimento al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53);

– oltre alle ipotesi in cui i motivi manchino del tutto nell’atto di appello o risultino "assolutamente incerti", sono stati ritenuti inidonei a raggiungere il grado sufficiente di specificità quei motivi risolventisi in una mera enunciazione che "si presenti tale da non consentire l’individuazione del nucleo della censura rivolta contro la decisione impugnata, e quindi da non far comprendere quali siano i punti di essa che si intendono sottopone a nuova valutazione del giudice dell’appello e quali siano le ragioni per le quali non si condivide la motivazione adottata su di essi dalla stessa decisione" (Corte Cass. Sez. Trib. 20.12.2007 n. 2682).

Il Giudice del secondo grado, dopo aver richiamato in parte i principi di diritto sopra indicati, si è limitato ad affermare in modo apodittico e generico (senza alcun riferimento puntuale ai singoli motivi dedotti dall’appellante) che l’appellante non avrebbe neppure sommariamente indicato con riferimento alla sentenza impugnata "i motivi in fatto e/o di diritto che si intendono contrastare". Ne consegue, da un lato, che omettendo di individuare in concreto nei singoli motivi di appello il difetto di relazione ai punti ed alle questioni della sentenza di primo grado impugnata, la motivazione della sentenza della CTR appare carente in quanto evidenzia soltanto il parametro giuridico di riferimento per la valutazione ma non da conto della ragione per cui ciascun singolo motivo dedotto dall’appellante, nel caso concreto, non risponda al requisito di ammissibilità; dall’altro la sentenza della CTR si palesa violativa proprio dei principi di diritto ai quali intende richiamarsi, avendo dichiarato la inammissibilità anche di un motivo (relativo alla censura della sentenza prime cure sotto il profilo della errata applicazione delle norme che prescrivono il criterio di determinazione della rendita catastale) che, viceversa, risponde pienamente al requisito di specificità del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1 in quanto: a) individua l’errore compiuto dal Giudice di primo grado indicando il punto della sentenza cui viene rivolta la critica (il primo giudice ha ritenuto legittimo l’atto in quanto la rendita era stata determinata in relazione "ai costi di costruzione elaborati dalle Province); b) individua senza incertezza il parametro normativo violato dal Giudice di primo grado specificando la conseguente censura rivolta alla sentenza; b) evidenzia in modo inequivoco la rilevanza che tale violazione ha assunto sulla decisione della causa in quanto la corretta applicazione della norma avrebbe condotto ad una decisione favorevole al contribuente (annullamento dell’atto catastale impugnato).

Pertanto l’indicato motivo di gravame risulta "formulato in modo da consentire d’individuare con chiarezza le statuizioni investite dal gravame e le specifiche critiche indirizzate alla motivazione, e deve quindi contenere l’indicazione, sia pure in forma succinta, degli "errores" attribuiti alla sentenza censurata, i quali vanno correlati alla motivazione di quest’ultima, in modo da incrinarne il fondamento logico – giuridico" (cfr. Corte cass. 1^ sez. 19.9.2006 n. 20261).

Lo stesso requisito di specificità deve essere riconosciuto anche agli altri motivi dedotti dell’appellante (ricorso pag. 5-6) con i quali la sentenza di primo grado veniva investita da censure con le quali l’appellante denunciava il vizio di mancanza di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in quanto il Giudice di prime cure avrebbe esaminato e deciso su di "un ricorso presentato il 7.2.2001 diverso da quello proposto il 12.11.2002 avverso la notifica di classamento n. 184409/02".

Non raggiunge invece il grado minimo di sufficienza previsto per l’ammissibilità D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 53, comma 1 il motivo di gravame con il quale veniva dedotta la errata affermazione contenuta nella sentenza della CTP secondo cui il ricorrente non aveva prodotto "prove contrarie", atteso che la censura, come formulata, viene a rilevare un mero errore percettivo e comunque non fornisce alcuna argomentazione logico-giuridica da contrapporre a quella posta a fondamento della decisione impugnata.

4. La decisione sui motivi e sulle spese di lite.

Il ricorso, pertanto, trova accoglimento in relazione al primo motivo (sub. 1.3 ed 1.4) ed al secondo motivo, rimanendo assorbiti gli altri motivi dedotti dal ricorrente.

La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale di Napoli che attenendosi agli enunciati principi, procederà al necessario nuovo esame, liquidando, all’esito, anche le spese del presente grado.
P.Q.M.

LA CORTE – dichiara inammissibile il controricorso proposto dalla Agenzia del Territorio;

– accoglie il ricorso, per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale di Napoli, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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