Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 04-11-2010) 09-02-2011, n. 4664 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Napoli, con ordinanza in data 25 maggio 2010, confermava l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere disposta dal G.I.P. dello stesso Tribunale il 19 aprile 2010 nei confronti di S.A. e S.G., con riferimento ai seguenti delitti:

1) art. 110 c.p., art. 112 c.p., n. 1, art. 513 bis c.p. ed D.L. n. 152 del 1991, art. 7, perchè, in concorso tra loro, in numero superiore a cinque persone, avvantaggiandosi della notoria appartenenza al sodalizio denominato Alleanza di Secondigliano di cui S.A. e S.G. ne rappresentano i vertici, e della conseguente forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, compivano atti di illecita concorrenza a vantaggio dell’impresa denominata "Junior Trasporti", escludendo tutte le ditte operanti nel settore del trasporto su gomma da e per i mercati ortofrutticoli della Sicilia, della Calabria, della Campania e da e per il mercato di (OMISSIS) ed imponendo agli imprenditori operanti nel citato settore di rivolgersi esclusivamente alla loro ditta; con l’aggravante di avere commesso il fatto avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne derivano ex art. 416 bis c.p. e per il conseguimento delle finalità dell’associazione di stampo camorristico dei Licciardi.

2) art. 110 c.p., artt. 112 e 81 cpv. c.p., art. 629 c.p., commi 1 e 2, in relazione all’art. 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3 ed L. n. 203 del 1991, art. 7, perchè, in concorso con altre persone, S. A., titolare di fatto della Junior Trasporti, con minaccia e con violenza, costringeva la ditta "La Paganese" a rinunciare ai trasporti dei prodotti ortofrutticoli delle ditte "De Feo" e "Lo Bue", che erano costrette ad utilizzare per il trasporto la ditta Junior Trasporti.

3) artt. 110, 112 e 81 cpv. c.p., art. 629 c.p., commi 1 e 2, in relazione all’art. 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3 ed L. n. 203 del 1991, art. 7, perchè, in concorso con altre persone, S. A. e S.G., ponevano in essere atti di violenza e minaccia analoghi a quelli di cui alla precedente contestazione.

3) art. 110 c.p., art. 61 c.p., n. 2, art. 81 cpv. c.p. ed L. n. 497 del 1974, art. 10, 12 e 14 ed L. n. 203 del 1991, art. 7, perchè, in concorso tra loro e con altri soggetti non identificati, al fine di eseguire i delitti di cui alle precedenti contestazioni, illegalmente detenevano e portavano in luogo pubblico una pistola.

4) artt. 110 e 81 cpv. c.p., art. 56 c.p., art. 629 c.p., commi 1 e 3, in relazione all’art. 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3 ed L. n. 203 del 1991, art. 7, perchè, in concorso tra loro, i Cataldo, quali titolari della ditta "Junior Trasporti srl", di fatto gestita dalla famiglia camorristica di S.A., con violenza e minaccia compivano atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere gli autisti della società "La Paganese Trasporti" a non caricare merci nel mercato di (OMISSIS) e in quello di (OMISSIS), al fine di procurarsi l’ingiusto profitto rappresentato dall’utile derivante dal trasporto sottratto alla ditta concorrente e dall’esercizio dei trasporti in regime di monopolio. Il Tribunale, dopo avere delineato il quadro complessivo dei rapporti tra organizzazioni criminali per gestire il trasporto su gomma dei prodotti ortofrutticoli da e per i principali mercati del centro e sud Italia, nel quale si inseriscono i fatti reato sopra indicati, esamina il compendio indiziario a carico degli indagati costituito, oltre che dalle informative di P.G.; da molteplici intercettazioni, analiticamente esaminate, con rinvio all’ordinanza del G.I.P. circa la ascrivibilità delle singole condotte contestate e la indicazione dei criteri seguiti per la corretta identificazione degli interlocutori. Propone ricorso per Cassazione, con un unico atto, il difensore degli indagati, deducendo: 1) violazione dell’art. 275 c.p.p. (rectius: art. 273 c.p.p.); insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Il ricorrente, dopo avere rilevato che il quadro indiziario è costituito prevalentemente da dichiarazioni rese da soggetti terzi, coinvolti anch’essi nelle vicende di cui alle imputazioni, nel corso di conversazioni telefoniche e/o ambientali, afferma cha tali dichiarazioni non rientrano nella nozione di grave indizio di colpevolezza di cui all’art. 273 c.p.p., essendo assimilabili alle chiamate in correità, dovendo, quindi, promanare da un soggetto attendibile ed essere intrinsecamente attendibili e sostenute da riscontri estrinseci. Inoltre, non sarebbe assolutamente certo che le vicende narrate nelle conversazioni intercettate siano da ricondurre ai S., in particolare, gli interlocutori parlano di tale " (OMISSIS)" che solo arbitrariamente sarebbe identificato in S. A..

2) mancanza di motivazione, in quanto l’ordinanza impugnata si limiterebbe a richiamare il provvedimento restrittivo della libertà personale, mancando ogni argomentazione logica che giustifichi l’adesione del giudice del riesame.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e devono essere dichiarati inammissibili. E’ manifestamente infondata l’affermazione che le dichiarazioni rese da soggetti terzi nel corso di conversazioni intercettate sono assimilabili alle chiamate in correità. Infatti, la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte ha formulato il seguente principio di diritto: "il contenuto di un’intercettazione, anche quando si risolva in una precisa accusa in danno di terza persona, indicata come concorrente in un reato alla cui consumazione anche uno degli interlocutori dichiari di aver partecipato, non è equiparabile alla chiamata in correità e pertanto, se anch’esso deve essere attentamente interpretato sul piano logico e valutato su quello probatorio, non è però soggetto, in tale valutazione, ai canoni di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3" (Sez. 5, 26 marzo 2010, n. 21878, Cavallaro, rv. 247447; Sez. 4, 28 settembre 2006, n. 35860, Della Ventura, rv. 235020; Sez. 5, 14 ottobre 2003, n. 603, Grande Aracri, rv. 227815; Sez. 5, 19 gennaio 2001, n. 13614, Primerano, rv.

218392).

Per quanto concerne l’interpretazione del contenuto delle intercettazione e l’esatta individuazione degli interlocutori, l’ordinanza impugnata motiva ampiamente e in modo corretto dal punto di vista logico e giuridico, anche con riferimento a riscontri in esito ad indagini di P.G. e qualsiasi diversa valutazione è preclusa a questo giudice di legittimità.

Ugualmente manifestamente infondata, poichè non trova alcun riscontro nella estesa motivazione dell’ordinanza impugnata, è la censura secondo la quale il Tribunale di sarebbe limitato a richiamare il provvedimento restrittivo della libertà personale.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso, ciascuno al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende.

Copia del presente provvedimento deve essere trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario, affinchè provveda a quanto previsto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1000,00 alla cassa delle ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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