Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 04-11-2010) 09-02-2011, n. 4663 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Napoli, con ordinanza in data 27 maggio 2010, confermava il provvedimento del G.I.P. dello stesso Tribunale del 19 aprile 2010 di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di S.F., per i seguenti reati:

1) art. 416 bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 8, e L. 6 febbraio 1980, n. 15, art. 1, per avere promosso, diretto ed organizzato un’associazione di tipo mafioso denominata "clan dei Casalesi", in particolare, quella componente del sodalizio che faceva capo alla famiglia Schiavone, che controllava militarmente la provincia casertana e, monopolisticamente, diverse attività economiche, conseguendo e mantenendo, attraverso la società "paganese Trasporti & c. snc" la gestione monopolistica e il controllo del trasporto su gomma da e per i mercati ortofrutticoli di (OMISSIS) e da questi mercati verso il sud Italia ed in particolare verso i mercati siciliani di (OMISSIS).

2) artt. 110 e 81 cpv. c.p., art. 61 c.p., n. 2, L. n. 306 del 1992, art. 12 quinquies, e D.L. n. 152 del 1991, art. 7, per intestazione fittizia di quote di società e fittizia attribuzione dei relativi utili, al fine di consentire a S.F. e ad altri appartenenti al clan dei casalesi di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali e la normativa penale sul riciclaggio.

3) art. 110 c.p., art. 112 c.p., n. 1, art. 513 bis c.p. e D.L. n. 152 del 1991, art. 7, perchè, inserito nella più vasta organizzazione camorristica denominata clan dei casalesi e della conseguente forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, compiva atti di illecita concorrenza a vantaggio dell’impresa "La Paganese Trasporti", a lui, tra gli altri, facente capo di fatto, escludendo tutte le ditte operanti nel settore del trasporto su gomma da e per i mercati ortofrutticoli della Sicilia, della Calabria, della Campania e da e per il mercato di (OMISSIS).

In via preliminare il Tribunale aderiva alla prospettazione difensiva che invocava l’applicazione dell’art. 14 della Convenzione Europea di estradizione e dichiarava di limitare l’esame delle condotte contestate a S.F. al periodo successivo all’estradizione dell’indagato, avvenuta in data 8 giugno 2004, mentre in relazione alla condotta anteriore alla consegna dello stesso, in difetto della condizione di procedibilità, la misura cautelare emessa non poteva trovare applicazione.

Il Tribunale procedeva, in primo luogo, ad una ricostruzione delle attività del "clan dei casalesi", con particolare riferimento al controllo della commercializzazione dei prodotti agroalimentari e al loro trasporto su gomma da e per i principali mercati del centro e sud Italia, realizzato attraverso la società di autotrasporti "La Paganese Trasporti & c. snc" di Pa.Co., quale referente della suddetta organizzazione criminale e, in particolare, di S.F., alias "(OMISSIS)" e di suo nipote D. V.C..

I gravi indizi di colpevolezza erano ravvisati dal Tribunale, che rinviava per una compiuta disamina all’ordinanza del G.I.P., nelle dichiarazioni del collaboratore G.F., riscontrate dalle risultanze dell’attività di intercettazione e dagli esiti dell’attività di P.G., nonchè dalle dichiarazioni di Pa.

A., autotrasportatore di Giugliano collegato al clan Mallardo, che indicava lo S. quale effettivo titolare della ditta Pagano e il Pa. quale loro prestanome. Da tale compendio indiziario, analiticamente esaminato, il Tribunale evinceva la riconducibilità all’indagato delle direttive programmatiche dell’organizzazione, necessarie in momenti critici e/o di contrasto con i clan concorrenti, trasmesse dal carcere attraverso altri affiliati o avvalendosi del figlio p.. Propone ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato, deducendo:

1) mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 721 c.p.p. e all’art. 14 della Convenzione Europea di Estradizione.

Il ricorrente lamenta che il Tribunale, pur avendo recepito l’eccezione difensiva in merito alla limitazione della valutazione delle condotte dell’indagato al periodo successivo all’8 giugno 2004, non ne traeva le dovute conseguenze, poichè, mediante il ricorso alla c.d. motivazione per relationem, si riportava integralmente alla lettura dell’ordinanza cautelare le cui valutazioni sono estese anche al periodo anteriore alla suddetta data. L’errore risulterebbe anche dal dispositivo, con il quale si conferma l’ordinanza cautelare, mentre avrebbe dovuto riformarla, annullandola parzialmente in riferimento alle condotte antecedenti alla estradizione dello S.. 2) mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 273 c.p.p., con riferimento al delitto di cui all’art. 416 bis c.p. Il ricorrente lamenta che l’ordinanza impugnata, nel sostenere che lo S., dopo il suo arresto risalente al marzo 2004, avesse continuato a gestire l’azienda "La Paganese" attraverso il figlio p., si fonderebbe su un dato ipotetico e congetturale, in mancanza di qualsiasi accertamento in merito alla effettiva partecipazione dello S.P. ai colloqui presso la Casa Circondariale di (OMISSIS); afferma che non è convincente la stessa individuazione dello S. nel "(OMISSIS)" o "(OMISSIS)" più volte nominato da Pa.Co. nelle conversazioni captate; sostiene che le intercettazioni ambientali sono state valutate in maniera non corrispondente agli atti processuali; si duole che non sia stata data risposta ai rilievi difensivi sulla inattendibilità delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia G.F.; evidenzia che nessuno dei molteplici collaboratori di giustizia provenienti dal clan dei casalesi aveva mai riferito in merito all’interesse del clan nel settore del trasporto di merci nei mercati ortofrutticoli.

3) mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 273 c.p.p. con riferimento al delitto di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12 quinques.

La disponibilità di fatto della compagine societaria della ditta "La Paganese" in capo al ricorrente veniva affermata, secondo il ricorrente, senza alcuna verifica istruttoria rispetto ai singoli atti di cessione delle quote societarie, e sulla base di una interpretazione soggettiva di alcune conversazioni ambientali, che, invece, si presterebbero ad una diversa lettura sulla base di elementi certi rinvenibili agli atti del fascicolo del p.m., diversa lettura che il ricorrente fornisce esaminando le singole conversazioni intercettate.

4) mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 273 c.p.p. con riferimento al delitto di cui all’art. 513 bis c.p. Il ricorrente ribadisce la denuncia dei vizi motivazionali che sarebbero riscontrabili nella valutazione del contenuto delle intercettazioni ambientali già esaminate e in altre che vengono analiticamente prese in esame.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e devono essere dichiarati inammissibili.

Il motivo di ricorso con il quale si deduce mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 721 c.p.p. e all’art. 14 della Convenzione Europea di Estradizione è manifestamente infondato. Infatti, deve osservarsi che la motivazione dell’ordinanza impugnata (pag. 4) aderisce pienamente alla prospettazione difensiva di limitare l’esame delle condotte contestate a S.F. al periodo successivo all’estradizione, avvenuta in data 8 giugno 2004, ulteriormente precisando che l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 416 bis c.p. è "contestata per il lasso temporale di interesse (dall’estradizione dell’indagato in data 8.6.2004 al 2009)" (così a pag. 11). Pertanto, atteso che la motivazione conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni per cui il giudice è pervenuto alla decisione e, pertanto, ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso, considerato, altresì, che, nel caso di specie, non si tratta di ritenere errato il dispositivo nel suo contenuto di conferma dell’ordinanza applicativa di misura cautelare e, quindi, nella sua parte essenziale, ma solo nella parte in cui non specifica che tale conferma deve intendersi limitata al periodo successivo all’8 giugno 2004, può procedersi con la procedura delle semplice correzione di errore materiale ( art. 130 c.p.p.), corrispondente, per di più, tale correzione all’accoglimento da parte del Tribunale di una specifica richiesta difensiva.

Tutti gli altri motivi di ricorso sono manifestamente infondati per la parte in cui contestano l’esistenza o la logicità di un apparato giustificativo della decisione, che invece esiste e non è manifestamente illogico; non consentiti per la parte in cui pretendono di valutare, o rivalutare, gli elementi indiziari al fine di trarre proprie conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di fatto che non le compete.

Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte esula, infatti, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944).

Inoltre, la pronuncia cautelare non è fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza, e il giudizio di legittimità deve limitarsi a verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, senza possibilità di "rilettura" degli elementi probatori (per tutte, Sez. Un. 22/3/2000-2/5/2000, n. 11, Audino, riv. 215828).

La circostanza che il ricorrente chieda proprio tale inammissibile "rilettura" risulta evidente da espressioni quali "le intercettazioni ambientali sono state valutate in maniera non corrispondente agli atti processuali" o da affermazioni secondo cui il Tribunale avrebbe effettuato "una interpretazione soggettiva di alcune conversazioni ambientali, che, invece, si presterebbero ad una diversa lettura".

I motivi proposti tendono, pertanto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione ampia ed esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso, al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende.

Copia del presente provvedimento deve essere trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario, affinchè provveda a quanto previsto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla cassa delle ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Provvede alla correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo dell’impugnata ordinanza nel senso che ove scritto "conferma l’impugnata ordinanza" deve leggersi ed intendersi "conferma l’impugnata ordinanza limitatamente al periodo successivo all’8 giugno 2004". Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza.

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