T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 04-02-2011, n. 355 Concorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 8 marzo 2010 e depositato il 18 marzo successivo, il ricorrente ha impugnato la determinazione dirigenziale n. 2261 del 30 dicembre 2009 con la quale sono stati approvati i seguenti Bandi: A) per la Progressione Verticale per la Categoria C1 – Posizione Economica C1 – a tempo pieno – Settore 5 politiche Sociali – Profilo di Istruttore Amministrativo Contabile; B) per la Progressione Verticale per la Categoria C – Posizione Economica C1 – a tempo pieno – Settore 4 Affari Culturali – Profilo di Istruttore Amministrativo Contabile; C) per la Progressione Verticale per la Categoria C – Posizione Economica C1 – a tempo pieno – Settore 2 Servizi al Cittadino – Profilo di Istruttore Amministrativo Contabile; ha impugnato altresì gli atti presupposti, in particolare, la delibera n. 249 del 29 dicembre 2009 della G.C. con la quale è stata disposta la ricognizione dei posti ricopribili nell’anno 2009 mediante progressione verticale interna e la delibera G.C. n. 250 del 29 dicembre 2009 con la quale è stata disposta l’indizione delle progressioni verticali dei tre posti di Istruttore Amministrativo Contabile contemplati dal piano di assunzione dell’anno 2009 e il vigente Regolamento delle procedure concorsuali e delle modalità di accesso approvato dalla G.C. del Comune di Lodi n. 438 del 17 ottobre 2000.

Avverso i predetti provvedimenti vengono dedotte le censure di violazione dell’art. 35, comma 1, lett. a, del D. Lgs. n. 165 del 2001, dell’art. 97 della Costituzione e dell’art. 4, comma 2, del C.C.N.L. del 31 marzo 1999.

Nelle procedure oggetto del presente contenzioso non sarebbe stato garantito un adeguato accesso dall’esterno, ad esempio non attingendo da graduatorie in corso di validità (in una delle quali il ricorrente risultava primo degli idonei). La progressione verticale per il posto di Istruttore amministrativocontabile non si giustificherebbe, giacché non si tratterebbe di professionalità reperibile esclusivamente all’interno dell’ente che la bandisce. Oltretutto, la stessa giurisprudenza costituzionale avrebbe ritenuto legittimi soltanto quei concorsi in cui fosse garantito un adeguato reclutamento dall’esterno, bocciando quelli interamente riservati ai soggetti già dipendenti.

Vengono altresì dedotte le censure di eccesso di potere sotto il profilo della illogicità ed ingiustizia manifesta, della disparità di trattamento, dell’irragionevolezza e del difetto di motivazione.

La scelta del Comune di riservare esclusivamente agli interni il passaggio di categoria non sarebbe ragionevole, atteso che il profilo professionale interessato non richiederebbe alcuna esperienza specifica che soggetti impiegati in altri enti dello stesso comparto non potrebbero aver acquisito. Nemmeno sarebbe stata motivata la necessità di ricorrere ad una progressione totalmente interna con ragioni particolari o eccezionali o sulla base di un prevalente interesse pubblico.

Vengono inoltre dedotte le censure di violazione dell’art. 24 del D. Lgs. n. 150 del 2009, di difetto di trasparenza amministrativa, di eccesso di potere per difetto di motivazione e motivazione incongrua.

L’obbligo, legislativamente introdotto, di riservare all’accesso dall’esterno una percentuale superiore al 50% dei posti vacanti messi a concorso sarebbe applicabile anche ai bandi di progressione verticale impugnati, pur essendo stati approvati il 29 dicembre 2009. Del resto, la pubblicazione degli stessi è avvenuta nell’anno 2010 e non emerge alcuna motivazione in grado di sostenere l’inapplicabilità della prescrizione anche ai concorsi di cui al presente ricorso.

Infine vengono dedotti la violazione dell’art. 30, comma 2 bis, del D. Lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, l’eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, per omessa conclusione del procedimento, per contraddittorietà e per l’omessa valutazione dei parametri imposti dall’art. 97 della Costituzione.

Pur essendosi manifestata più volte l’esigenza di ricoprire dei posti in organico corrispondenti al profilo professionale del ricorrente, il Comune non avrebbe in alcun caso attivato il procedimento di mobilità volontaria e non avrebbe portato a compimento nemmeno il procedimento iniziato su richiesta dello stesso ricorrente e sospeso con la risposta interlocutoria del 9 settembre 2009. Ciò rappresenterebbe una violazione anche del principio di buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione.

Si è costituito in giudizio il Comune di Lodi, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 273/2010 è stata accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati.

Con memorie depositate in prossimità dell’udienza di discussione del merito della controversia, le parti hanno insistito per le rispettive conclusioni.

Alla pubblica udienza del 21 dicembre 2010, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

2. In via preliminare va scrutinata le quarta censura, in quanto avente carattere assorbente, con cui si sostiene che il Comune non avrebbe, con riferimento a nessuna procedura, attivato il procedimento di mobilità volontaria, secondo quanto previsto dall’art. 30, comma 2 bis, del D. Lgs. n. 165 del 2001 e non avrebbe portato a compimento nemmeno il procedimento iniziato su richiesta dello stesso ricorrente e sospeso con la risposta interlocutoria del 9 settembre 2009.

2.1. La doglianza è fondata.

L’art. 30, comma 2 bis, del D. Lgs. n. 165 del 2001 stabilisce, tra l’altro, che "le amministrazioni, prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1", al fine di assumere la posizione di cessionarie "del contratto di lavoro di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni" (comma 1).

"Il tenore letterale di tale previsione, di cui non è dubitabile in alcun modo l’applicazione anche agli enti locali (rientranti, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, nell’ambito delle disposizione del citato decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), è del tutto univoco nell’imporre alle pubbliche amministrazioni che devono coprire eventuali posti vacanti del proprio organico di avviare le procedure di mobilità prima di procedere all’espletamento delle procedure concorsuali" (Consiglio di Stato, V, 18 agosto 2010, n. 5380).

Nel caso di specie tale obbligatoria procedura non risulta essere stata effettuata.

Non pare, in senso contrario, condivisibile la posizione del Comune resistente che sostiene la maggiore onerosità della retribuzione di un dipendente assunto tramite procedura di mobilità, piuttosto che di quello che, già dipendente, modificherebbe la sua qualifica funzionale o categoria di appartenenza. In realtà, come evidenziato anche dal ricorrente nella memoria di replica, in seguito ad una progressione verticale, non solo bisognerà corrispondere al dipendente ricollocato la differenza stipendiale maturata in seguito al passaggio di categoria, ma si dovrà anche ricoprire, con un nuovo concorso, la posizione che lo stesso ha lasciato libera. Di conseguenza per l’ente non sussiste alcuna concreta differenza, mentre la necessità di attivare la procedura di mobilità "ben si coordina con le strategie volte a contemperare il prevalente interesse pubblico alla razionalità dell’organizzazione pubblica e alla funzionalità dei suoi uffici, con le esigenze di riduzione della spesa pubblica e le aspirazioni dei pubblici dipendenti di poter espletare la propria attività in uffici quanto più possibili vicino alle proprie abitazioni" (Consiglio di Stato, V, 18 agosto 2010, n. 5380).

2.2. La fondatezza di questa doglianza determina, previo assorbimento delle restanti, l’accoglimento del ricorso, cui consegue l’annullamento degli atti impugnati con lo stesso ricorso.

3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla i provvedimenti con lo stesso ricorso impugnati.

Condanna il Comune di Lodi al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente nella misura di Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge. Dispone, altresì, la rifusione del contributo unificato a carico del Comune di Lodi e a favore della parte ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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