Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 28-10-2010) 09-02-2011, n. 4652

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Avverso il provvedimento indicato in epigrafe ricorre la difesa di R.E. deducendo come primo motivo la nullità del decreto di sequestro per difetto di motivazione, a nulla essendo valsa la integrazione fornita in sede di udienza dal P.M. sulla necessità dell’ablazione della documentazione al fine della prova, perchè tale requisito è uno dei presupposti generali del potere di ablazione e deve essere indicato fin da subito nel provvedimento. D’altra parte, a parere del ricorrente, il sequestro era del tutto inutile, visto che i documenti necessari a sostenere l’accusa erano già stati forniti dalla dipendente che aveva denunciato i fatti e la Procura era così in possesso di quanto serviva per inquadrare le problematiche degli ecoincentivi.

1.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che il sequestro non sarebbe stato disposto in relazione ad una precisa notizia di reato, già individuata ed acquisita, ma per acquisirne una: a parere del ricorrente, in tal modo, sarebbe venuta a mancare una condizione di procedibilità e, di conseguenza, il sequestro sarebbe stato autorizzato sulla base ad un semplice sospetto.
Motivi della decisione

2. Il ricorso è infondato.

2.1 In ordine al primo motivo va rilevato che il Tribunale del riesame ha precisato che il decreto di perquisizione è estremamente analitico nell’indicazione dei "documenti da apprendere che vengono così ampiamente descritti da rendere perfino auto-esplicante la ragione della loro ricerca e quindi della loro pertinenza al reato";

circa le ragioni della loro rilevanza probatoria, il Tribunale da atto della memoria integrativa del P.M. e "delle necessità investigative, in essa richiamate, circa le varie operazioni di acquisto delle autovetture". 2.2 Per contro il motivo di ricorso è meramente ripetitivo di quello prospettato in sede di riesame, non tiene conto di quanto, in termini assolutamente corretti, rileva il Tribunale ed omette di indicare, nello specifico, quali documenti, a suo parere, non sarebbero pertinenti alle indagini in corso, con ciò interdicendo a questa Corte un controllo più pregnante sulle doglianze prospettate.

2.2 Anche il secondo motivo è inammissibile. Il Tribunale, nel confermare il provvedimento ablativo, ha puntualmente osservato che lo stesso è pertinente all’ipotesi di cui all’art. 640 c.p. non assumendo alcun rilievo il fatto che non si riscontri in atti alcuna querela, vuoi perchè il delitto ipotizzabile sarebbe perseguibile d’ufficio vuoi perchè il problema della procedibilità non può essere delibato in sede di riesame il ricorrente, anche in questo caso, adombrando una inesistente ricerca della notizia di reato, perchè la stessa è già consacrata in atti, si limita a riproporre pedissequamente la stessa censura avanzata in appello e ciò rende la doglianza inammissibile.

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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