T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 04-02-2011, n. 237 Monopoli pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il sig. F.C., titolare della rivendita di prodotti di monopolio n. 1 e dell’annessa ricevitoria del lotto n. AR3770, poste in Sansepolcro, via XX settembre n. 6, espone che il 4 aprile 2008 la Brigata di Sansepolcro della Guardia di Finanza eseguiva un’ispezione presso i locali della rivendita finalizzata al controllo della regolarità della gestione, con particolare riguardo alla tenuta dei valori bollati.

1.1. L’esponente evidenzia che il verbale di constatazione, redatto in detta occasione, riferiva come non fossero state accertate irregolarità in materia di valori bollati. Tuttavia, la Guardia di Finanza lo denunciava all’Autorità giudiziaria per il delitto di commercio di marche da bollo contraffatte ( art. 459 c.p.) e con comunicazione del 13 maggio 2008 segnalava tale circostanza all’Amministrazione (poi Azienda) Autonoma dei Monopoli di Stato (d’ora in avanti: A.A.M.S.). Quest’ultima, pertanto, con provvedimento dell’Ufficio Regionale Toscana UmbriaSezione Distaccata di Perugia, prot. n. 5712 del 14 maggio 2008, disponeva la sospensione cautelare del sig. C. dalla gestione della rivendita n. 1 e della ricevitoria del lotto annessa, fino alla conclusione, con sentenza irrevocabile, del procedimento penale pendente a carico dell’interessato. Il provvedimento stabiliva, inoltre, che la vendita dei tabacchi e la raccolta del gioco del lotto restassero sospese fino a diversa disposizione dell’Ufficio Regionale

2. Avverso la menzionata sospensione cautelare, emanata dall’A.A.M.S., è insorto il sig. C., impugnandola con il ricorso indicato in epigrafe e chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione. A supporto del gravame, ha dedotto i seguenti motivi:

– violazione e/o falsa e/o errata interpretazione e/o applicazione dell’art. 94 del d.P.R. n. 1074/1958, eccesso di potere per sviamento, ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria, poiché essendo mancata la preventiva contestazione degli addebiti, sarebbe stato compresso il diritto di difesa del ricorrente e la P.A. non avrebbe potuto valutare le argomentazioni di quest’ultimo;

– violazione e/o falsa e/o errata interpretazione e/o applicazione degli artt. 7, 8, 9 e 10 della l. n. 241/1990, nonché eccesso di potere per sviamento, violazione del giusto procedimento, ingiustizia manifesta, difetto di motivazione e di istruttoria, in quanto il provvedimento impugnato non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento e ciò avrebbe impedito al ricorrente di prendere visione degli atti della P.A. e di presentare memorie e documenti;

– violazione e/o falsa e/o errata interpretazione e/o applicazione degli artt. 6, 12 e 18 della l. n. 1293/1957 e dell’art. 3 della l. n. 241/1990 ed eccesso di potere per insussistenza dei presupposti, sviamento, illogicità ed ingiustizia manifeste, contraddittorietà, abnormità, sproporzione, difetto di istruttoria e, comunque, insufficiente motivazione, giacché, da un lato, il sig. C. non avrebbe commesso il reato per cui è stato denunciato e comunque la sospensione non avrebbe potuto essere disposta sulla base di una semplice denuncia, per di più a seguito di un’ispezione conclusasi con un esito favorevole per il ricorrente, donde anche i vizi di sproporzione ed abnormità della sospensione impugnata; in secondo luogo, non sarebbe comunque configurabile l’ipotesi di cui al richiamato art. 6, n. 6, lett. c), della l. n. 1293/1957, perché in sede penale l’odierno ricorrente potrebbe beneficiare della sospensione condizionale della pena, fuoriuscendo dalla sfera applicativa dell’art. 6, n. 6, lett. c), cit.; infine, perché il provvedimento gravato sarebbe sfornito di una sufficiente motivazione, non avendo la P.A. specificato nemmeno a quale delle ipotesi di reato previste dall’art. 459 c.p. sarebbe riconducibile il presunto comportamento delittuoso del ricorrente;

2.1. Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, depositando una relazione difensiva con documentazione allegata ed opponendosi all’accoglimento del gravame.

2.2. Con ordinanza n. 598/2008, depositata il 26 giugno 2008, è stata accolta l’istanza incidentale di sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato.

2.3. In vista dell’udienza pubblica ambedue le parti hanno depositato memorie difensive, insistendo nelle conclusioni già rassegnate.

2.4. Alla pubblica udienza del 23 novembre 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

3. Il ricorso è meritevole di accoglimento, nei limiti di seguito precisati.

3.1. Sull’identica questione oggetto del contenzioso questa Sezione ha già avuto modo di esprimersi con una decisione (T.A.R. Toscana, Sez. II, 2 aprile 2010, n. 912), dalle cui conclusioni il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, non essendo convincenti le contrarie argomentazioni esposte sul punto dall’Amministrazione intimata nelle proprie difese.

3.2. Ciò premesso, va quindi respinta, anzitutto, la doglianza di violazione dell’art. 94 del d.P.R. n. 1074/1958, dedotta con il primo motivo di ricorso, per l’omessa previa contestazione degli addebiti al sig. C.. Osserva sul punto il Collegio che il d.P.R. n. 1074/1958 contiene il regolamento di esecuzione della l. n. 1293/1957 sull’organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio: il relativo art. 9, al primo comma, dispone che i provvedimenti di cui agli artt. 18, 34 e 35 della legge – sospensione, decadenza, revoca della gestione della rivendita o pene pecuniarie – debbano essere preceduti dalla contestazione al rivenditore, fatta dall’Ispettorato compartimentale degli addebiti, con avvertimento della possibilità di proporre le sue controdeduzioni nel termine di trenta giorni. Il terzo comma aggiunge, tuttavia, che rimane salva la facoltà di disporre, nei casi più gravi, l’immediata sospensione della somministrazione dei generi. Orbene, nel caso ora in esame, al pari del precedente oggetto della decisione di questa Sezione sopra indicata, il rilievo e la specificità degli addebiti rivolti all’interessato sono indicativi della gravità della vicenda e tali da giustificare la pretermissione della fase preliminare del procedimento prevista dalla disposizione. Come meglio si vedrà più oltre, nessun rilievo può attribuirsi agli eventuali successivi sviluppi della vicenda in sede penale, trattandosi di aspetti che emergono ex post, laddove, invece, la valutazione della P.A. è stata effettuata ex ante, in base alla gravità del reato ed alla pericolosità delle condotte, essendo insorta la necessità di stroncare un commercio di marche da bollo fuori dal circuito monopolistico, che si era verificato nell’area di Sansepolcro. Del resto, l’art. 16 del capitolato d’oneri per l’appalto, allegato al contratto stipulato tra il ricorrente e l’Amministrazione resistente, stabilisce la sospensione dalla gestione per il rivenditore anche in caso di semplice denuncia per uno dei reati di cui all’art. 6, n. 6, lett. a), b), c) e d) della l. n. 1293/1957, ed il reato per cui è stata denunciato il ricorrente ( art. 459 c.p.) è ricompreso nella sfera applicativa dell’art. 6, n. 6, lett. c), cit., trattandosi di delitto contro la fede pubblica. Dal ché si desume l’infondatezza, non solo del primo, ma anche del terzo motivo del ricorso in epigrafe, nella parte in cui è volto ad escludere la riconducibilità della condotta ascritta al sig. C. all’ambito applicativo dell’art. 6, n. 6. cit..

3.3. Peraltro, vi sono anche ragioni che inducono a dubitare dell’applicabilità alla fattispecie de qua dell’art. 94 cit., a fronte della disciplina sopravvenuta ex art. 7 della l. n. 241/1990: vero è che l’art. 6 della l. n. 85/1990 dichiara espressamente applicabili a tutte le concessioni del gioco del lotto le disposizioni dettate dalla l. n. 1293/1957 e dal relativo regolamento di esecuzione di cui al d.P.R. n. 1074/1958 e, pertanto, anche lo specifico procedimento di contestazione degli addebiti previsto dal citato art. 94 (con l’apposito termine per le controdeduzioni e la possibilità di prescinderne nei casi di maggiore gravità). Sulla base di tale riserva, la giurisprudenza ha escluso l’applicabilità a tutte le concessioni del gioco del lotto delle norme di cui alla l. n. 689/1981 (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 11 settembre 2003, n. 3323). La riserva deve essere, tuttavia, coordinata con la posteriore disciplina introdotta dalla l. n. 241/1990, sicché, da un lato (a favore dell’incolpato) non si potrebbe limitare il termine per le controdeduzioni a soli trenta giorni, dall’altro lato (a favore dell’Amministrazione) la sospensione potrebbe essere disposta a prescindere dalla partecipazione dell’interessato anche al di fuori dei casi di maggiore gravità, in virtù della sua natura cautelare, ai sensi del comma 2 dell’art. 7 della l. n. 241 cit., come meglio si dirà in sede di analisi del secondo motivo di ricorso. Né potrebbe muoversi alcuna obiezione in base al principio per cui lex posterior generalis (la l. n. 241/1990) non derogat priori speciali, attesa la natura speciale e derogatoria della disciplina stabilita dal comma 2 dell’art. 7 della l. n. 241.

3.4. Del pari infondata risulta la doglianza incentrata sulla violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990 e sulla conseguente carenza di contraddittorio procedimentale, dedotta con il secondo motivo. Nella decisione di questa Sezione poc’anzi richiamata si è, infatti, sottolineato che, considerata la natura cautelare del provvedimento di sospensione, la P.A. aveva la possibilità, per esigenze di celerità ed urgenza, di omettere la fase di partecipazione al procedimento. Sul punto la giurisprudenza è ferma nel riconoscere l’esonero della P.A. dall’obbligo di avviso ex art. 7 della l. n. 241/1990 nelle ipotesi in cui si tratti di un provvedimento intrinsecamente caratterizzato da profili di urgenza, o connotato da profili cautelari (cfr. C.d.S., Sez. V, 2 marzo 2009, n. 1148; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 15 maggio 2009, n. 3741; T.A.R. Liguria, Sez. II, 26 novembre 2008, n. 2046; T.A.R. Toscana, Sez. I, 3 aprile 2008, n. 494).

3.5. Nella vicenda per cui è causa risulta applicabile, ad avviso del Collegio, l’art. 7, comma 2, della l. n. 241/1990 – richiamato, del resto, nella sospensione gravata – a tenor del quale i provvedimenti di tipo cautelare (quale la sospensione stessa) possono essere adottati prima dell’effettuazione della comunicazione di avvio del procedimento e senza necessità di esplicitare i motivi di urgenza tali da giustificare l’omissione in questione: ciò – evidentemente – in quanto il Legislatore ha considerato i provvedimenti di tipo cautelare ex se assistiti da ragioni di urgenza. Si ricorda che la giurisprudenza ha giudicato, nell’ipotesi della sospensione della licenza per la conduzione di un esercizio pubblico (configurata quale misura cautelare disposta per prevenire possibili fonti di pericolo per beni aventi valore primario, come l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini), legittimo il mancato avviso di avvio del procedimento, perché si tratta di atto ex se assistito da ragioni di urgenza che giustificano siffatta omissione (C.d.S., Sez. VI, 7 febbraio 2007, n. 505; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 3 dicembre 2008, n. 5689). Ed il ragionamento è estensibile anche alla fattispecie in esame, in cui si è trattato di evitare il rischio della commercializzazione di prodotti di monopolio contraffatti. Né può essere condivisa la replica del ricorrente, secondo cui la sospensione impugnata non sarebbe un atto cautelare, ma un atto tipico ex artt. 12 e 18 della l. n. 1293/1957, costituente il provvedimento finale del procedimento amministrativo posto in essere dall’A.A.M.S. a seguito della comunicazione della Guardia di Finanza in esso menzionata. Il richiamo all’art. 7, comma 2, della l. n. 241/1990 – come si è ricordato – è infatti esplicitato nelle medesime premesse del provvedimento impugnato, il quale si premura, per di più, di precisare, nel dispositivo, il carattere cautelare della sospensione: pertanto, non possono residuare dubbi sulla natura di quest’ultima. Donde l’infondatezza, anche per tal verso, della doglianza di cui si discute.

4. Venendo, infine, all’esame del terzo ed ultimo motivo di ricorso, ci si richiama a quanto esposto più sopra al parag. 3.2. a confutazione delle doglianze, in esso contenute, relative all’impossibilità, per l’A.A.M.S., di disporre la sospensione sulla base di una mera denunzia, ed all’irriconducibilità dei fatti contestati al ricorrente tra le condotte previste dall’art. 6, n. 6, lett. c), della l. n. 1293/1957. In proposito va, peraltro, aggiunto che l’idoneità della semplice denuncia ad integrare il presupposto della disposta sospensione si desume, oltre che dall’art. 16 del capitolato d’oneri indicato al parag. 3.2., anche (ed ancor prima) dall’art. 12 della l. n. 1293/1957, cui rinvia l’art. 18 della stessa legge (disposizione, quest’ultima, menzionata nel provvedimento impugnato). Se, infatti, è vero che l’art. 6, n. 6, della l. n. 1293 cit., nello stabilire le cause ostative alla gestione di una rivendita di generi di monopolio, fa esclusivo riferimento alle "condanne", è altrettanto vero che il successivo art. 12, in materia di sospensione della gestione, attribuisce alla P.A. la facoltà di sospendere dal servizio "il magazziniere denunziato per uno dei reati di cui all’art. 6, lettere a), b), c) e d)", tra cui è compreso – si è detto – il delitto ex art. 459 c.p.: ed il rinvio contenuto all’art. 18 della l. n. 1293/1957 estende alle rivendite la disciplina prevista per il magazziniere dal citato art. 12.

4.1. Infondate sono inoltre le censure (avanzate anch’esse con il terzo motivo) basate sulla possibile concessione di circostanze attenuanti nel processo penale, che conducano il ricorrente a beneficiare della sospensione condizionale della pena: con il ché, per espressa previsione dell’art. 6, n. 6, lett. c) cit., si fuoriuscirebbe dall’ambito applicativo della disposizione stessa, venendo perciò a mancare il presupposto per l’adozione dell’impugnata sospensione. In contrario, si rinvia ai chiarimenti forniti in argomento dalla Sezione con la citata sentenza n. 912/2010, lì dove si è evidenziato, da un lato, il carattere meramente ipotetico dell’affermazione basata su possibili futuri apprezzamenti riservati al giudice penale, dall’altro, il fatto che detta possibilità, comunque, non confligge con la potestà della P.A. di adottare la sospensione cautelare della licenza in presenza di una mera denuncia.

4.2. Va, invece, condivisa la censura di abnormità e sproporzione del provvedimento gravato, sotto il profilo della mancata previsione di termine di durata della disposta sospensione.

4.3. Ed invero, è stato già posto in evidenza dalla Sezione (con la sentenza n. 912/2010 cit.) come il principio di proporzionalità esiga che ogni provvedimento adottato sia al tempo stesso necessario ed adeguato rispetto alle finalità perseguite sicché, nella scelta dei provvedimenti da adottare, la P.A. è tenuta ad eseguire un bilanciamento degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento, al fine di evitare che il conseguimento dei primi avvenga attraverso una compressione ultronea della sfera giuridica dell’interessato (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 8 maggio 2009, n. 4924). Nel caso in esame – al pari del precedente ora rammentato – anche a prescindere dalle circostanze non univoche segnalate dalla Guardia di Finanza e poste a base del provvedimento impugnato, appare evidente la sproporzione tra la finalità perseguita e la misura adottata. Sebbene, infatti, la norma invocata dalla P.A. non preveda espressamente l’obbligo di indicare un termine finale di durata della sospensione, costituisce un principio generale quello per il quale il provvedimento cautelare di sospensione deve prevedere un termine certo di durata, risolvendosi, altrimenti, in un atto avente carattere definitivo (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 5 marzo 2009, n. 1293). Si è, in tal senso, ritenuto illegittimo, per evidente contrasto con il principio della tipicità degli atti amministrativi, l’atto con cui una P.A. dispone una sospensione cautelare sine die, giacché, in difetto di un termine finale di vigenza, l’atto stesso assume surrettiziamente la natura di statuizione definitiva (C.d.S., Sez. V, 2 novembre 1998, n. 1569). Del resto, la giurisprudenza ha chiarito che il provvedimento di sospensione sprovvisto del termine di durata viola l’art. 21quater, comma 2, della l. n. 241/1990 e la violazione non è soltanto formale (e, pertanto, assoggettata alla disciplina ex art. 21octies, comma 2, della l. n. 241/1990), in quanto si tratta di un presupposto sostanziale del provvedimento cautelare, concernente la stessa sua eccezionalità ed il raccordo con le ragioni di urgenza che lo sostengono (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 7 dicembre 2005, n. 5291).

4.4. Nel caso ora in esame, al contrario, il provvedimento impugnato non ha fissato alcun termine di durata della sospensione, facendo mero riferimento, per il ricorrente, alla conclusione con sentenza irrevocabile del procedimento penale pendente a suo carico, ovvero, per la gestione della rivendita, alla "diversa disposizione dell’Ufficio regionale". Come affermato dalla sentenza n. 912/2010 cit. in fattispecie analoga, pare indubitabile che, così operando, la P.A., pur nel rilievo da attribuire al fine perseguito, finisce con l’imporre all’interessato un sacrificio irragionevole, poiché una sospensione sine die dell’attività da questo svolta si traduce in una sostanziale cessazione della stessa. Donde la fondatezza della censura, che assorbe l’ulteriore doglianza di difetto di motivazione, a nulla valendo le contrarie argomentazioni addotte sul punto dalla difesa dell’A.A.M.S. nella memoria finale.

4.5. In particolare, non può condividersi la tesi difensiva dell’Amministrazione, per la quale – anche in mancanza dell’indicazione di un termine specifico – la struttura del provvedimento mostrerebbe chiaramente come la sospensione della rivendita fosse soltanto interinale e come non ci fosse alcun bisogno di attendere la fine del procedimento penale. La circostanza per cui sarebbe stata illogica la sospensione protratta oltre un certo termine, trattandosi di provvedimento adottato nei confronti di quasi tutte le rivendite della zona, che, in caso di eccessivo protrarsi della misura, si sarebbe trovata sfornita del servizio, lungi dal giovare all’Amministrazione, rafforza la conclusione dell’abnormità del provvedimento impugnato; anche il fatto che quest’ultimo sia stato sospeso in sede cautelare dal Tribunale non può valere a discarico, trattandosi di circostanza che non può aver rilievo ai fini della disamina dell’illegittimità del provvedimento per omessa indicazione del termine finale di efficacia della disposta sospensione. La difesa erariale incorre, poi, in un ulteriore equivoco, lì dove nega che la sospensione del titolare dalla gestione della rivendita appaia sproporzionata alla gravità dei fatti: ciò perché la violazione del principio di proporzionalità deriva non già dall’avere la P.A. disposto la gravata sospensione, ma dal non avere apposto alla stessa un termine finale, non potendosi ritenere in alcun modo adeguata la clausola del provvedimento che consentiva la riattivazione dell’esercizio per effetto di una "diversa disposizione" dell’Ufficio Regionale.

5. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve in definitiva essere accolto, nei termini che si sono evidenziati, con il conseguente annullamento dell’atto impugnato.

6. Le spese di giudizio, considerata la soccombenza del ricorrente in relazione a taluni dei motivi di ricorso, possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), così definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento di sospensione.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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