T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 04-02-2011, n. 231 Deliberazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 12 febbraio 2007 e depositato il successivo 14 marzo, la P. spa chiedeva l’annullamento della deliberazione consiliare comunale indicata in epigrafe con la quale era approvato il Piano di Classificazione Acustica ai sensi della l. 447/95.

La ricorrente, ricordando che operava sul territorio sin dal 1982 e che, nel tempo, successivamente al rilascio dell’autorizzazione all’esercizio della sua attività di manutenzione ordinaria e straordinaria di pavimentazioni stradali e produzione e commercializzazione di conglomerato bituminoso e suoi derivati, in zona adiacente al suo impianto era stata autorizzata solo la ristrutturazione di rustici originariamente a destinazione agricola, specificava di aver già avviato un contenzioso con il Comune in relazione alla disposta chiusura dell’attività nella fascia notturna per ragioni legate alla tollerabilità acustica nelle adiacenze.

Inoltre, in seguito all’approvazione del Piano in questione, con il presente gravame, la ricorrente lamentava quanto segue.

"1. Eccesso di potere per contraddittorietà provvedimentale, sviamento di potere, ingiustizia manifesta. Violazione e/o falsa applicazione di legge in ordine ai principi di imparzialità e buon andamento ex art. 97 Cost. e del principio di proporzionalità e ragionevolezza ex art. 1 della legge n. 241 del 1990. Violazione dell’art. 3 della Direttiva CE 6 febbraio 2003, n. 2003/10/CE’.

La deliberazione impugnata si palesava contraddittoria laddove, nelle premesse, affermava di voler salvaguardare valori ambientali e della persona contemperandoli però con le esigenze di lavoro, di mobilità e delle attività umane in genere e, nel deliberato, non teneva in conto la specifica situazione di fatto della società ricorrente – esercitante attività di rilievo pubblico perché rivolta anche alla manutenzione di strade e autostrade – che aveva già presentato un progetto di bonifica acustica di cui, però, l’Amministrazione comunale non aveva tenuto il minimo conto, inasprendo i limiti acustici nella zona di attività industriale e senza valutare alcuna alternativa idonea a salvaguardare la prosecuzione dell’attività a suo tempo regolarmente assentita.

"2. Violazione degli artt. 42 Cost. e 39 ss. D.P.R. n. 327 del 2001".

Nessuna indennità per l’apposizione del vincolo, sostanzialmente espropriativo, apposto era stata prevista, quantificata o corrisposta, pur riflettendo l’esercizio di potere ablatorio su una proprietà privata.

Si costituiva in giudizio il Comune di Barberino di Mugello, con memoria di mera forma, chiedendo la reiezione del ricorso, come illustrato in successiva memoria depositata in data 20 aprile 2007. In tale atto il Comune, oltre a illustrare la ritenuta infondatezza del ricorso, eccepiva la tardività dello stesso in quanto notificato il 12 febbraio 2007, il sessantunesimo giorno seguente la data di pubblicazione sul BURT del provvedimento impugnato, avvenuta il 13 dicembre 2006.

In prossimità della pubblica udienza del 18 giugno 2009 – poi rinviata ad istanza di parte – entrambe le parti costituite depositavano memorie a sostegno delle proprie tesi difensive.

In prossimità della successiva udienza di merito del 4 febbraio 2010, la ricorrente depositava un’ulteriore memoria e altra documentazione.

Con l’ordinanza indicata in epigrafe, questa Sezione adottava l’ordinanza istruttoria indicata in epigrafe con la quale riteneva necessario acquisire ulteriore documentazione "…consistente in una dettagliata relazione, integrata da documentazione di chiarimento, idonea a evidenziare il percorso istruttorio che ha portato alla specifica classificazione acustica dell’area su cui insiste lo stabilimento della ricorrente e delle aree finitime su cui insistono civili abitazioni, con particolare riferimento agli eventuali approfondimenti istruttori riferiti all’analisi del relativo contesto urbanistico e territoriale".

Il Comune ottemperava depositando documentazione in data 30 aprile 2010.

Successivamente, sia la ricorrente che il Comune depositavano ulteriori memorie a sostegno delle rispettive tesi.

In prossimità dell’udienza del 10 dicembre 2010, rinviata d’ufficio dal 6 luglio 2010, le parti depositavano ancora una memoria per ribadire le proprie posizioni.

Alla pubblica udienza del 10 dicembre 2010, quindi, la causa era trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Il Collegio, preliminarmente, evidenzia l’infondatezza dell’eccezione di tardività del ricorso proposta dal Comune resistente, in quanto – come osservato dalla stessa ricorrente nelle sue difese – il sessantesimo giorno seguente la data di pubblicazione sul BURT della deliberazione impugnata cadeva l’11 febbraio 2007, giornata festiva in quanto domenica, per cui tempestivamente la P. spa ha notificato il primo giorno seguente non festivo in data 12 febbraio 2007.

Passando all’esame del merito, il Collegio, sempre preliminarmente, rileva che i motivi di ricorso da esaminare – in assenza di motivi aggiunti ritualmente notificati – devono essere unicamente quelli proposti con il ricorso introduttivo.

In tal senso appare quindi condivisibile l’eccezione di inammissibilità relativa alla ritenuta violazione delle linee guida dell’Arpat, contestata in semplice memoria non notificata (memoria depositata il 25 giugno 2010, pagg. 8 e ss.), secondo quanto rilevato già, in fattispecie analoga, da questo Tribunale (Sez. III, 29.7.08, n. 1832).

Con il primo motivo di ricorso, la P. spa lamenta, in sostanza, che il Comune non abbia considerato la situazione storica dei luoghi e non abbia tutelato a sufficienza le esigenze del lavoro e produttive pure richiamate nelle premesse del provvedimento impugnato.

In merito, il Collegio ha disposto istruttoria per acquisire ulteriore documentazione al fine di valutare gli elementi posti a fondamento della scelta discrezionale del Comune sul punto.

E’ stata quindi depositata dal Comune una relazione del responsabile del Settore Gestione Territorio, integrata da successiva documentazione.

In proposito, il Collegio non rileva alcuna tardività nel deposito della stessa, contrariamente a quanto osservato da parte ricorrente, poiché l’udienza di riferimento per la decisione è quella del 10 dicembre 2010, anche se proveniente da precedente rinvio d’ufficio, per cui risulta rispettato il termine di venti giorni liberi antecedente alla stessa previsto dalla l.n. 1034/71 applicabile alla fattispecie perché l’udienza di merito risulta fissata prima dell’entrata in vigore, in data 16 settembre 2010, del d.lgs. n. 104/2010.

Dalla lettura della relazione in questione – che il Collegio ritiene sufficientemente idonea a verificare quanto richiesto – emerge che è stata correttamente seguita la classificazione di cui al d.p.c.m. 14 novembre 1997, che prevede la classificazione in sei classi. In merito ad essa, risulta anche osservata, in base ai criteri di cui alla l.r. Toscana n. 89/98, la modalità di identificazione di cui alla tabella II allegata alla deliberazione regionale n. 77 del 22 febbraio 2000 – non impugnata dalla ricorrente – secondo la quale, per le c.d classi "intermedie", II, III e IV, devono verificarsi le seguenti corrispondenze: classe II: traffico veicolare locale, limitata presenza di attività commerciali, assenza di attività industriali e artigianali, assenza di strade di grande comunicazione, linee ferroviarie, aree portuali, bassa densità di popolazione, con 5 di tali corrispondenze o compatibilità con media densità di popolazione; classe III: traffico locale, presenza di attività commerciali e uffici, limitata presenza di attività artigianali ed assenza di attività industriali, assenza di strade di grande comunicazione, linee ferroviarie, aree portuali, media densità di popolazione, con valore residuale nell’ipotesi di non collocazione in classe II o IV; classe IV: intenso traffico veicolare, elevata presenza di attività commerciali ed uffici, presenza di attività artigianali, limitata presenza di piccole industrie, presenza di strade di grande comunicazione, linee ferroviarie, aree portuali, alta densità di popolazione, con almeno 3 corrispondenze o presenza di strade di grande comunicazione, linee ferroviarie, aree portuali.

Le linee guida regionali, poi, raccomandavano di evitare "microsuddivisioni del territorio, per non ottenere una classificazione troppo frammentata (a c.d. "macchia di leopardo"), cercando di non creare zone estese per meno di 100 metri e privilegiando il raggruppamento delle zone con assegnazione di classe inferiore quando tecnicamente possibile.

Coerentemente, nell’ambito del potere discrezionale esercitato, il Piano Strutturale ha inteso potenziare le zone industriali/artigianali esistenti fra il torrente Visano, fiume Sieve e zona del "casello autostradale", con tendenza a delocalizzare in detta area tutti gli insediamenti produttivi sparsi sul territorio, concentrandoli all’interno di dette zone, tutelando, di conseguenza, le risorse naturali e paesaggistiche presenti in altre zone, con la creazione di parchi territoriali classificabili in classi I e II.

Nello specifico, risulta che lo stabilimento della ricorrente è situato in zona a circa 500 metri dall’autostrada, caratterizzata da scarso traffico locale e bassa densità di popolazione, senza altre attività produttive.

Ciò avrebbe consentito l’inserimento in classe II ma risulta che la stessa sia stata comunque inserita in classe III, ampliando l’estensione della stessa a tale proposito.

La ricorrente, nelle sue difese, precisa di ritenere idonea la sua collocazione in classe IV ma, correttamente, in riferimento alle linee guida richiamate e non impugnate, risulta l’impossibilità di tale iniziativa, in quanto si riscontrava solo una corrispondenza con i parametri ivi previsti per la classe in questione (limitata presenza di piccole industrie) laddove le linee guida ne chiedevano almeno tre e, inoltre, si riscontrava anche il confine con una zona in classe II (località Bovecchio), realizzando la circostanza di un salto tra classi adiacenti, non previsto dalle linee guida.

Alla luce di quanto dedotto, quindi, non assume rilevanza decisiva la consulenza tecnica di parte depositata in giudizio dalla ricorrente che non affronta tale tematica relativa alle necessarie tre corrispondenze per l’inserimento in classe IV, non risultando impugnati i provvedimenti sopra richiamati né essendo ammissibili censure in merito alla ritenuta violazione delle linee guida ARPAT, in assenza di formale notifica di motivi aggiunti.

Ne consegue – per restare ai profili evidenziati con il ricorso introduttivo – che non risultano ignorate le situazioni di fatto a sostegno anche delle esigenze produttive, in quanto l’are della ricorrente poteva anche essere inserita in classe II e l’introduzione, per estensione, in classe III risulta effettuata proprio al fine di salvaguardia delle esigenze produttive.

Né è possibile convenire con la ricorrente laddove sostiene la natura pubblica dell’interesse tutelabile, in quanto la sua attività non è rivolta direttamente al pubblico degli utenti ma si svolge nell’ambito di una normale rapporto imprenditoriale, in concorrenza con molte altre imprese del settore. e non ad uso esclusivo di pubbliche collettività (TAR Toscana, Sez. II, 16 giugno 2010, n. 1930).

In merito al precedente contenzioso in relazione ad una specifica ordinanza inibitoria comunale, poi, il Collegio osserva che esso non rileva sulla legittimità del provvedimento impugnato in quanto tale contenzioso era relativo alle modalità di rilevazione dei limiti differenziali contestati in una determinata occasione e il relativo piano di bonifica acustica dovrà essere oggetto di confronto istruttorio con il Comune in sede amministrativa.

Così pure irrilevante è il richiamo alla direttiva 2003/10/CE, recepita con d.lgs. n. 195/06, che riguarda la protezione della salute dei lavoratori contro i rischi dell’esposizione al rumore, che costituisce fattispecie diversa da quella relativa alla potestà classificatoria dei comuni di cui alla l.n. 447/95 e al d.p.c.m. 14 novembre 1997.

Infondato è anche il secondo motivo di ricorso, dato che – pur dubitando il Collegio della conformazione del potere esercitato come potere sostanzialmente espropriativo con conseguente necessità di tutela indennitaria – la giurisprudenza ha da tempo precisato che la mancata previsione di indennizzo non rileva sulla legittimità dell’atto, ferma restando la facoltà per il ritenuto avente diritto di adire l’a.g.o. per la relativa valutazione e liquidazione (TAR Veneto, Sez. I, 30.10.10, n. 3993).

I profili attinenti alla spettanza o meno dell’indennizzo e al suo pagamento non attengono, infatti, alla legittimità del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale, che risultano devolute alla cognizione della giurisdizione ordinaria (Cons. Stato, Ad. Plen., 24.5.07, n. 7; TAR Lombardia, Mi, Sez. IV, 17.6.10, n. 1918).

Alla luce di quanto dedotto, quindi, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la società ricorrente a corrispondere al Comune di Barberino di Mugello le spese di lite, che liquida in euro 3.000,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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