Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-10-2010) 09-02-2011, n. 4610 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Ancona, con sentenza del 27 ottobre 2009, in parziale riforma della sentenza in data 16 gennaio 2008 del Tribunale di Urbino, che aveva dichiarato M.D. responsabile del reato di cui all’art. 316 bis c.p., (per avere la stessa ottenuto un contributo di L. 144 milioni dalla Regione Marche per la ristrutturazione di un fabbricato insistente su un fondo rustico, da adibire ad agriturismo, che non era stato in realtà mai avviato; reato commesso in (OMISSIS)), in accoglimento dell’appello del pubblico ministero, ordinava la confisca dell’immobile, a norma dell’art. 322 ter c.p., confermando nel resto la sentenza impugnata.

2. Osservava la Corte di appello che l’immobile in questione, già sottoposto a sequestro preventivo, costituendo il profitto del reato per il quale era intervenuta condanna, doveva essere sottoposto a confisca, a norma dell’art. 322 – ter c.p..

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata unitamente al difensore avv. Paoli Adolfo, denunciando:

3.1. Erronea applicazione degli artt. 316 – bis e 322 – ter c.p., dato che l’immobile sottoposto a confisca non poteva essere considerato il profitto del reato poichè acquistato dall’imputata precedentemente ai fatti di cui al presente processo e non essendovi prova della corrispondenza di valori tra il denaro ricevuto a titolo di contributo e la ristrutturazione dell’immobile.

In ogni caso, trattandosi di profitto del reato, non poteva essere disposta la confisca per equivalente, ma semmai quella diretta, considerato anche che la Corte dei conti aveva ordinato alla M. di restituire le somme alla stessa erogate.

3.2. Violazione degli artt. 316 – bis, 43 e 45 c.p., per mancanza di prova dell’elemento psicologico del reato, considerato che l’imputata non aveva potuto materialmente avviare l’esercizio dell’agriturismo dato che la strada di accesso alla sua proprietà era stata interdetta alla percorribilità dal Comune di Peglio, situazione che si era risolta definitivamente solo nel novembre del 2005; sicchè la M. non era stata materialmente in grado di avviare l’attività di agriturismo.

3.3. Intervenuta prescrizione del reato, dovendosi fare riferimento quale data di consumazione al 25 maggio 2002, data in cui era stata rilasciata dal Comune di Peglio autorizzazione all’esercizio di attività di agriturismo o al più tardi al dicembre 2002, quando alla M. erano state erogate le somme oggetto del contributo.
Motivi della decisione

1. Premesso che il secondo e terzo motivo di ricorso sono intrinsecamente inammissibili, non avendo l’imputata proposto appello avverso la sentenza di primo grado, deve essere rilevato che il ricorso è tardivo, come del resto risulta dalla annotazione di Cancelleria in calce alla sentenza impugnata. infatti, la sentenza di appello, pronunciata in data 27 ottobre 2009, e stata depositata nei termini di legge in data 9 novembre 2009, sicchè nessun avviso del deposito doveva essere dato al difensore; e la notifica dell’estratto contumaciale alla imputata è stata effettuata, a mani del difensore domiciliatario, in data 2 gennaio 2010.

Ne consegue che il termine di trenta giorni per proporre ricorso, decorrente dal 2 gennaio 2010, veniva a scadenza il giorno 1 febbraio 2010, mentre il ricorso è stato depositato solo in data 16 febbraio 2010. 2. Consegue ex art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, In relazione alla causa di inammissibilità, si stima equo determinare in Euro cinquecento.

La M. va inoltre condanna a rifondere alla parte civile Regione Marche le spese sostenute in questo grado, che si determinano, in ragione dell’impegno difensivo, in complessivi Euro 3.000, oltre spese generali e accessori di legge.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro cinquecento in favore della cassa delle ammende nonchè al rimborso delle spese processuali sostenute dalla parte civile Regione Marche, liquidate in Euro 3.000, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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