Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-10-2010) 09-02-2011, n. 4609

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 20 gennaio 2010, confermava la sentenza in data 12 luglio 2007 del Tribunale di Sciacca, appellata dall’imputata P.F., condannata, con le attenuanti generiche, alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile C.D., in quanto responsabile del reato di cui all’art. 368 c.p., per avere, con denuncia presentata in data 1 marzo 2002 alla Procura della Repubblica di Sciacca, falsamente accusato il C. del delitto di calunnia, per avere quest’ultimo affermato, nell’atto di querela presentato in data 28 agosto 2001, che essa P., unitamente ad altre persone, il giorno 26 agosto 2001, lo aveva percosso procurandogli lesioni personali.

2. Osservava la Corte di appello che la prova della falsità della denuncia della P. derivava non solo dalle dichiarazioni della persona offesa o di persone a lui vicine ma anche da quelle di persone casualmente presenti al fatto, tra cui quelle, particolarmente attendibili, del carabiniere in congedo Ca.

S. e della moglie di questo M.B..

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata a mezzo del difensore avv. Ferro Giuseppe, il quale denuncia:

3.1. Illogica valutazione della prova in punto di responsabilità penale, in quanto le testimonianze giudicate decisive dalla sentenza impugnata riferivano della presenza di una donna non meglio identificata che avrebbe preso parte all’aggressione del C., senza alcun riferimento specifico alla imputata. Aspetto particolarmente rilevante, dato che, insieme alla P., è stata affermata la responsabilità penale della madre di questa R. G., sicchè, mentre per i giudici di primo grado avrebbero partecipato all’aggressione sia la madre sia la figlia, stando alle testimonianze acquisite solo una donna sarebbe stata coinvolta nel fatto, sulla cui identità peraltro non sono state fornite indicazioni.

3.2. Violazione dell’art. 192 c.p.p., e assoluto vizio di motivazione sul medesimo punto, dato che i giudici di appello si sono rifatti alle argomentazioni svolte dal Tribunale senza prendere in considerazione le specifiche deduzioni svolte nell’atto di appello.
Motivi della decisione

1. Il ricorso appare manifestamente infondato.

2. Contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, nella sentenza impugnata è stata data risposta alle censure svolte nell’atto di appello, osservandosi che la persona offesa aveva sicuramente individuato tra gli autori dell’aggressione P.F., che gli aveva sferrato un colpo con la borsetta, mentre altri due soggetti, di sesso maschile, che si trovavano nel bar in sua compagnia, lo avevano colpito con calci e pugni.

La deposizione è stata ragionevolmente ritenuta attendibile, sia perchè il C. aveva correttamente riferito di non potere dare indicazione circa la identità di tutti gli autori del fatto, poichè che a un certo punto era caduto a terra in stato di shock, sia perchè essa è stata confermata dalle dichiarazioni rese dal carabiniere Ca. e dalla moglie di questo, secondo cui all’aggressione aveva preso parte anche una donna, nonchè da quelle di M.A.M. e m.f.m., che si accompagnavano al C., e che avevano indicato quali partecipi all’aggressione proprio la P., oltre alla madre di questa R.G..

Si tratta di valutazioni coerenti e puntuali, aderenti alle regole poste dall’art. 192 c.p.p., che, attenendo all’apprezzamento del significato e della portata delle prove acquisite, non possono essere sindacate in sede di legittimità. 3. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in relazione alle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro mille.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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