Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 18-03-2011, n. 6295 Carriera, inquadramento e promozioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Firenze,confermando la sentenza di primo grado, respingeva le domande dei lavoratori indicati in epigrafe, dipendenti del Comune di Firenze inquadrati nella categoria D3 con il profilo funzionale di ispettore di vigilanza urbana, con le quali, sulla premessa dell’insussistenza di posizioni gerarchiche e sovraordinate nell’ambito della categoria D, si chiedeva la condanna del predetto Comune ad attuare il principio di unicità della categoria D con annullamento degli atti comunali illegittimi in contrasto con lo stesso ed eliminando, pertanto, ogni distinzione giuridica esistente tra il personale appartenente a tale categoria.

La Corte territoriale poneva a base del decisum il rilievo fondante che la distinzione, operata dal CCNL del 31 marzo 1999, nell’ambito della categoria D di diversi livelli stipendiali non era riassorbibile una volta che il nuovo sistema di classificazione fosse entrato a regime in quanto siffatta distinzione era funzionale a conservare il mantenimento del livello professionale di provenienza sulla base dell’esercizio di mansioni qualitativamente diverse e come tale non si esauriva nell’assegnazione di compensi ad personam per la salvezza dei diritti quesiti. Nè, osservava la Corte territoriale, detta differenziazione era venuta meno per effetto della stipula del CCNL 5 ottobre 2001 non rinvenendosi una esplicita modifica in tal senso.

Avverso questa sentenza i dipendenti citati ricorrono in cassazione sulla base di un’unica censura.

Resiste con controricorso il Comune intimato.
Motivi della decisione

Con l’unica censura i ricorrenti, deducendo violazione degli artt. 3, 4, 5, 7, 12 e 13 e all. A del titolo 4^ del CCNL comparto Regioni – Enti locali e dei principi generali in tema d’inquadramento e classificazione del personale nelle pubbliche amministrazioni, nonchè vizio di motivazione riguardo alla natura economica e/o giuridica delle distinzioni esistenti all’interno della categoria D in base al sistema di classificazione del personale del CCNL comparto Regioni – enti locali, pongono ex art. 366 bis c.p.c. il seguente quesito di diritto:

"se in base al sistema inquadramentale delineato dal CCNL 31.3.1999 e dal CCNL 2002-2004 comparto Regioni – Enti locali (anche alla luce del D.Lgs. n. 165 del 2001) sia configurabile, soprattutto dopo la scadenza del regime transitorio avvenuta in data 31.12.2001, una rigida divisione all’interno della categoria D con creazione di due sottocategorie (D1 e D3) tra loro giuridicamente diverse e gerarchicamente ordinate, non comunicanti tra loro e con profili professionali e – soprattutto – mansioni tra loro infungibili".

Preliminarmente rileva il Collegio che in tema di ricorso per cassazione per violazione dei contratti e accordi collettivi nazionali del pubblico impiego contrattualizzato (ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 5) – come pure, successivamente, quelli del settore privato ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nel testo novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, questa Corte ha ritenuto inammissibili le censure relative al vizio di motivazione nell’interpretazione della clausola controversa, stante l’irrilevanza della motivazione della sentenza impugnata a fronte del potere del giudice di legittimità di leggere direttamente il testo contrattuale e di enunciarne il significato (Cass. 7 aprile 2010 n. 8254).

Tanto premesso sostengono i ricorrenti che il contratto collettivo del 31 marzo 1999 del comparto Regioni – Enti locali sanciva si nell’ambito della categoria D una differenziazione per posizioni non solo economiche ma anche per differenze professionali, ma ciò solo in via transitoria e cioè fino a quando il nuovo sistema di classificazione del personale non fosse entrato a regime.

Tale tesi non è condivisibile.

Invero non vi è alcuna norma contrattuale che autorizza una simile lettura del nuovo sistema di classificazione previsto dal richiamato contratto collettivo.

Di contro vi è la previsione, ex art. 4 del ccnl del 31 marzo 1999, secondo la quale "Gli enti disciplinano, con gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti, nel rispetto dei principi di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 36 come modificato dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, artt. 22 e 23 e tenendo conto dei requisiti professionali indicati nelle declaratorie delle categorie di cui all’allegato A, le procedure selettive per la progressione verticale finalizzate al passaggio dei dipendenti alla categoria immediatamente superiore del nuovo sistema di classificazione, nel limite dei posti vacanti della dotazione organica di tale categoria che non siano stati destinati all’accesso dall’esterno. Analoga procedura può essere attivata dagli enti per la copertura dei posti vacanti dei profili delle categorie B e D di cui all’art. 3, comma 7, riservando la partecipazione alle relative selezioni al personale degli altri profili professionali delle medesime categorie".

Il che sta a significare che se per il passaggio all’interno della stessa categoria D ad uno dei profili professionali superiori – rectius alla posizione economica superiore – è prevista la stessa procedura selettiva per il passaggio da una categoria all’altra, evidentemente si tratta di posizioni economiche distinte cui corrisponde anche un differente contenuto professionale e tanto in ragione della diversa professionalità di provenienza (ex 7^ e 8^ qualifica funzionale).

Nè la citata previsione è stata modificata dalla successiva contrattazione collettiva la quale anzi è stata esplicitamente confermata dall’art. 9 del ccnl del 5 ottobre 2001 il quale espressamente dispone che "in materia di progressione verticale del personale nel sistema di classificazione, è integralmente ed esclusivamente confermata la disciplina dell’art. 4 del CCNL del 31.3.1999, relativo alla revisione del sistema di classificazione del personale del comparto Regioni – Autonomie Locali, anche nella vigenza del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 91, comma 3".

Tanto definitivamente smentisce la tesi dei ricorrenti secondo la quale la previsione nell’ambito della categoria D di una differenziazione per posizioni non solo economiche ma anche per differenze professionali, sarebbe stata sancita solo in via transitoria cioè sino a quando il nuovo sistema di classificazione non sarebbe entrato a regime.

In conclusione deve affermarsi che il sistema di classificazione delineato dal CCNL 31.3.1999 comparto Regioni-Enti locali (anche alla luce del D.Lgs. n. 165 del 2001) configura nell’ambito della categoria D posizioni differenziate non solo sotto il profilo economico, ma anche professionale in relazione alla diversa professionalità di provenienza (ex 7^ e 8^ qualifica funzionale) atteso che l’art. 4 di detto contratto – come ribadito dall’art. 9 del ccnl del 5 ottobre 2001 – prevede per il passaggio all’interno della stessa categoria D ad uno dei profili professionali superiori – rectius alla posizione economica superiore – la stessa procedura selettiva per il passaggio da una categoria all’altra.

Sulla base delle esposte considerazioni il ricorso pertanto va respinto.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 45,00 per esborsi, oltre Euro 2.500,00 per onorari ed oltre spese, IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 febbraio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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