Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-10-2010) 09-02-2011, n. 4606

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 13 maggio 2008, confermava la sentenza in data 24 ottobre 2006 del Tribunale di Cosenza, appellata dall’imputato R.A., condannato, con le attenuanti generiche, alla pena di mesi otto di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile Regione Calabria, in quanto responsabile del reato di cui all’art. 316 – ter c.p., così qualificata l’originaria imputazione ex artt. 640 e 640 bis c.p., per avere ottenuto dalla Regione Calabria l’erogazione di un finanziamento di Euro 53.000 per la costruzione di una casa rurale falsamente attestando che si trattava di fabbricato avente detta destinazione e che nel fondo interessato erano coltivati ortaggi e che egli era impegnato nelle relative attività agricole (in (OMISSIS)).

2. Osservava la Corte di appello che le prove acquisite dimostravano che l’imputato, al fine di ottenere dalla Regione Calabria la concessione di aiuti economici connessi alla gestione di fondi rurali, aveva presentato al Comune di Roggiano una domanda di concessione edilizia allegando alla stessa un contratto di affitto, risultato falso, avente ad oggetto l’asservimento di aree agricole alla realizzazione di un fabbricato rurale adibito a deposito, in realtà risultato essere destinato a civile abitazione.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore avv. Esbardo Lucio, il quale denuncia:

3.1. Vizio di motivazione in punto di affermazione della responsabilità penale, in quanto il fabbricato era effettivamente adibito a deposito di prodotti agricoli.

3.2. Violazione dell’art. 192 c.p.p., non essendosi considerato il tenore sostanziale dell’atto pubblico e della relativa concessione.

3.3. Carenza di motivazione in punto di elemento soggettivo del reato.

3.4. Violazione dell’art. 45 c.p., dato che la remissione di querela intervenuta nel giudizio di primo grado per il concorrente reato di falso relativo all’affitto del terreno ha impedito l’indagine relativa alla paternità del falso, attribuita ingiustamente all’imputato.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

I motivi addotti appaiono generici e non si rapportano al contenuto argomentativo della sentenza impugnata.

La Corte di appello ha messo in luce che l’imputato, al fine di ottenere dalla Regione un contributo per investimenti relativi a un piano aziendale di miglioramento agricolo, aveva presentato domanda di concessione al Comune di Roggiano cui era allegato un contratto di affitto risultato falso, come da dichiarazioni di vari testi, da ciò implicitamente derivando la prova sia della paternità sia del dolo della falsa rappresentazione; e che la costruzione che avrebbe dovuto essere destinata a deposito di prodotti agricoli era stata in realtà realizzata secondo caratteristiche tipologiche proprie dell’uso abitativo, come risultava da documentazione fotografica.

A fronte di tali puntuali rilievi, il ricorrente si limita, inammissibilmente, a contestarli assumendo che essi erano il frutto di fraintendimenti o di sottovalutazioni, senza però evidenziare alcuna precisa contraddizione logica o carenza argomentativa nel ragionamento della Corte di merito.

2. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in relazione alle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro mille.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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