T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, Sent., 04-02-2011, n. 214 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 31/3/1995 la ditta Betor ha presentato al Comune di Empoli domanda di condono, ai sensi della legge n.724/1994, avente ad oggetto l’avvenuta costruzione di un capannone industriale (istanza di condono n.1358).

L’immobile, ricadente in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, è stato poi ceduto alla ricorrente.

La commissione edilizia integrata, in data 11/5/2006, ha espresso parere favorevole.

Il Comune di Empoli ha quindi rilasciato, in data 26/6/2006, l’autorizzazione paesaggistica, e ne ha dato comunicazione alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio per le provincie di Firenze, Pistoia e Prato, la quale ha acquisito i documenti relativi alla pratica di condono, compresa l’autorizzazione paesaggistica, in data 3/10/2006 (documento n.7 depositato in giudizio).

In data 24/10/2006 la predetta amministrazione statale ha comunicato al Comune la sospensione dei termini di controllo, ex art. 159 del d.lgs. n. 42/2004, adducendo la necessità di ulteriori accertamenti.

La Soprintendenza, con decreto n.890 del 7/2/2007, ha annullato l’istanza di condono e, conseguentemente, l’autorizzazione paesaggistica.

E’ seguita l’ordinanza datata 24/4/2009, con cui il Comune di Empoli, sulla base della pronuncia dell’Autorità statale, ha respinto la domanda di condono edilizio.

Avverso il decreto di annullamento e l’atto comunale di diniego la ricorrente è insorta deducendo:

1) violazione e/o falsa applicazione dell’art.159 del d.lgs. n. 42/2004, sotto il profilo della violazione del termine perentorio;

2) violazione e/o falsa applicazione dell’art.159 del d.lgs. n. 42/2004 per eccesso di potere;

3) eccesso di potere; carenza di motivazione; contraddittorietà ed illogicità della motivazione; sproporzionalità dei gravati provvedimenti.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Soprintendenza.

Con ordinanza n.697 del 4/9/2009 è stata accolta l’istanza cautelare.

All’udienza del 17 dicembre 2010 la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione

Con la prima censura la ricorrente deduce che, al momento dell’adozione dell’impugnato decreto, era ampiamente decorso il termine perentorio di 60 giorni previsto dall’art.159 del d.lgs. n. 42/2004 e osserva che la Soprintendenza ha dilazionato i tempi inutilmente, senza alcun supplemento istruttorio.

Il rilievo è fondato.

L’art. 159, comma 3, del d.lgs. n. 42/2004 prevede che l’esercizio della potestà statale di annullamento avvenga entro 60 giorni dalla ricezione dell’assenso paesaggistico e della relativa documentazione. E’ fatta salva la facoltà, sancita dall’art.6, comma 6 bis, del D.M. 13/6/1994, n.495, di chiedere chiarimenti o elementi integrativi di giudizio, oppure di compiere accertamenti di tipo tecnico, nel qual caso il termine di conclusione del procedimento è interrotto per una sola volta e per non oltre 30 giorni.

Nel caso di specie la Soprintendenza ha ricevuto dal Comune di Empoli tutti gli atti relativi alla pratica di condono edilizio in questione, comprensiva dell’autorizzazione paesaggistica e del parere della commissione edilizia integrata, il giorno 3 ottobre 2006 (documento n.7 depositato in giudizio).

In data 24/10/2006 la Soprintendenza ha comunicato la sospensione dei termini del procedimento, prospettando la necessità di disporre altri accertamenti onde verificare compiutamente la legittimità dell’istruttoria compiuta.

Successivamente, in data 7/2/2007, richiamando genericamente gli atti acclusi alla pratica edilizia, la stessa Soprintendenza ha decretato l’annullamento della domanda di condono (e quindi dell’autorizzazione paesaggistica).

Orbene, da un lato l’Autorità statale ha ricevuto, già in data 3/10/2006, tutti gli atti e i documenti riguardanti l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune (si veda la nota di trasmissione costituente il documento n.7 depositato in giudizio), dall’altro la stessa Autorità si è limitata ad evidenziare genericamente la necessità di ulteriori accertamenti, non chiarendo le ragioni per le quali non era reputato sufficiente, ai fini del decidere, quanto trasmesso dal Comune. La determinazione finale di annullamento, inoltre, non indica ulteriori elementi forniti dall’amministrazione comunale o accertati durante la sospensione del procedimento.

Pertanto l’addotta necessità di integrazione istruttoria non risulta idonea a sospendere o interrompere il termine di conclusione del procedimento, in quanto non ogni richiesta istruttoria produce gli effetti dilatori sanciti dall’art.6, comma 6 bis, del D.M. n.495/1994, ma solo quella giustificata da una reale e dimostrata lacuna nella documentazione sottoposta all’esame dell’organo di controllo, lacuna che come visto nella fattispecie in esame non risulta sussistente (Cons.Stato, VI, 26/11/2007, n.6032).

Peraltro, anche ritenendo applicabile l’art.6, comma 6 bis, del citato D.M., l’impugnato atto di annullamento risulta comunque tardivo, essendo stato adottato oltre 90 giorni dalla data di comunicazione della sospensione dei termini del procedimento; infatti il D.M. n.495/1994 prevede l’interruzione del termine per un periodo non superiore a 30 giorni, che, aggiunto al termine di 60 giorni dalla ricezione dei documenti stabilito dall’art.159, comma 3, del d.lgs. n. 42/2004, determina una scadenza massima complessiva di 90 giorni, scadenza che nel caso di specie non è stata rispettata.

In conclusione, il ricorso va accolto, restando assorbite le censure non esaminate.

Le spese di giudizio, inclusi gli onorari difensivi, sono determinate in euro 2.500 (duemilacinquecento) oltre IVA e CPA, da porre a carico delle amministrazioni statali resistenti, in solido tra loro.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Condanna la Soprintendenza e il Ministero resistenti, in solido tra loro, a corrispondere alla ricorrente la somma complessiva di euro 2.500 (duemilacinquecento) oltre IVA e CPA, a titolo di spese di giudizio comprendenti gli onorari difensivi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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