Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-02-2011) 10-02-2011, n. 4880

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Procuratore della Repubblica di Como ricorre avverso la sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p. in data 16 settembre 2010 del G.U.P. del Tribunale di Como, nei confronti di B. G., accusata di calunnia per aver incolpato ingiustamente C.V. del furto di una copia del contratto preliminare di vendita relativo alla cessione di un bene immobile.

In (OMISSIS).

La decisione di proscioglimento risulta assunta sul presupposto che il reato attribuito al C. costituisse un reato di furto semplice, per il quale la derubata non aveva presentato querela.

Il G.U.P. ha motivato circa l’insussistenza dell’ipotesi di cui all’art. 624 bis cod. pen., essendo pacifico che nella descrizione della condotta ascritta al calunniato non sussisteva alcun nesso finalistico fra l’ingresso nell’abitazione e l’impossessamento del contratto preliminare.

Con un primo motivo di impugnazione il Procuratore della Repubblica (che si limita ad un pedissequo rinvio adesivo alla richiesta della persona offesa ex artt. 572 e 428 cod. proc. pen.).

In applicazione di inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della qualificazione giuridica del fatto, erroneamente valutato come furto semplice.

Il motivo è infondato.

Come anche di recente affermato da questa Corte, ai fini della configurabilità del reato di furto in abitazione (art. 624 bis cod. pen.) è necessario che sussista il nesso finalistico – e non un mero collegamento occasionale – fra l’ingresso nell’abitazione e l’impossessamento della cosa mobile.

Invero, il nuovo testo dell’art. 624 bis cod. pen., novellato dalla L. n. 128 del 2001, art. 2, comma 2, pur ampliando l’area della punibilità in riferimento ai luoghi di commissione del reato, non ha, invece, innovato in ordine alla strumentalità dell’introduzione nell’edificio, quale mezzo al fine di commettere il reato, nesso già preteso dalla previgente normativa ( art. 625 cod. pen., comma 1, n. 1).

In applicazione di questo principio va ribadita la correttezza dell’argomentare del primo giudice con conseguente infondatezza del ricorso sul punto.

Con un secondo motivo si lamenta violazione di legge posto che il G.U.P. ha erroneamente ritenuto scriminante l’omessa presentazione della querela, essendo invece sufficiente l’astratta possibilità dell’inizio di un’azione penale.

Anche questa doglianza è priva di fondamento.

E’ ben vero che il delitto di calunnia si configura come reato di pericolo ed è, quindi, sufficiente, per la sua integrazione, la possibilità che l’autorità giudiziaria dia inizio al procedimento per accertare il reato incolpato con danno per il normale funzionamento della giustizia, ma laddove – come nella specie – il reato incolpato sia perseguibile a querela di parte e questa non sia stata presentata, il delitto de quo va escluso (cass. pen. sez. 6, 35800/2007 Rv. 237421).

Il ricorso pertanto risulta infondato, valutata la conformità del provvedimento alle norme stabilite, nonchè apprezzata la tenuta logica e coerenza strutturale della giustificazione che è stata formulata.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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