Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 20-01-2011) 10-02-2011, n. 5036 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

S.R. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando quella di primo grado, lo ha riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c).

Prospetta la nullità della decisione sul rilievo che, in primo grado, essendo stato riconosciuto il legittimo impedimento dell’imputato della nuova udienza non era stato fatto avviso al medesimo imputato.

La Corte di merito si sostiene che non avrebbe corrisposto alla doglianza essendosi limitata a rispondere ad un preteso motivo, che si assume mai formulato, relativo a legittimo impedimento del difensore.

Lamenta l’intervenuta declaratoria di delinquenza abituale, censurando la carenza di motivazione del giudice di appello sul motivo di appello.

Prospetta il vizio di motivazione sia sul diniego delle attenuanti generiche che su quello della sospensione condizionale della pena.

Il motivo procedurale è inammissibile per genericità, sotto il profilo della carenza della necessaria documentazione a supporto, con riferimento alla effettiva proposizione della doglianza in appello e, prima, in ordine alla pretesa inosservanza della disciplina di settore in occasione dell’adozione dell’ordinanza con cui veniva rinviato il procedimento per impedimento dell’imputato.

Va ricordato che, in tema di ricorso per Cassazione, quando la doglianza abbia riguardo a specifici atti processuali, la cui compiuta valutazione si assume essere stata omessa o travisata, deve applicarsi, anche in sede penale, il principio della cosiddetta "autosufficienza del ricorso", elaborato dalla giurisprudenza civile di legittimità sulla base della formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, onde è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti specificamente indicati (ovviamente nei limiti di quanto era stato già dedotto in appello), posto che anche in sede penale – proprio in virtù del richiamato principio- deve ritenersi precluso alla Corte di legittimità l’esame diretto degli atti del processo, a meno che il fumus del vizio dedotto non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (Sezione feriale, 13 settembre 2007, Torino).

Tale carenza impedisce di apprezzare la fondatezza del preteso vizio.

Inaccoglibile il motivo sulla declaratoria di delinquenza abituale.

Il giudicante, infatti, sia pure in modo sintetico, ha richiamato per relationem sul punto la decisione di primo grado, i cui argomenti in punto di pericolosità ai fini della declaratoria non risultano attinti da motivi specifici.

Di merito è poi la doglianza sul trattamento sanzionatorio, a fronte di una decisione che, pur sintetica, risulta avere richiamato (in linea con il disposto dell’art. 133 c.p.), la personalità del prevenuto (gravato da pregiudizi e nelle condizioni essere dichiarato contravventore abituale).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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