Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-03-2011, n. 6399 Nesso di causalità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

V.F., titolare dell’impresa Grafica Commerciale, conveniva in giudizio la s.a.s. S.O.M. di Favio Campagnaro & C., Gi.Lu., titolare dell’omonima dell’impresa nonchè C.V., rispettivamente, committente, esecutore e direttore dei lavori per sentirli condannare al risarcimento dei danni provocati nell’immobile di sua proprietà dalle opere eseguite in quello della predetta società convenuta, e consistiti nell’emungimento della falda freatica con impiego di pompe di aspirazione.

I convenuti si costituivano in giudizio, chiedendo il rigetto della domanda; procedevano alla chiamata in causa, il Gi., di G.O. e della Lloyd Adriatico s.p.a..

Il G. procedeva a sua volta a chiamare in causa la F.A.T.A., Fondo di Assicurazione tra Agricoltori s.p.a..

I chiamati in causa, costituendosi in giudizio, chiedevano il rigetto della domanda proposta dall’attore e di quella di garanzia.

Con sentenza n. 310/2001 il Tribunale di Padova rigettava la domanda proposta dall’attore.

Con sentenza dep. il 6 dicembre 2004 la Corte di appello di Venezia rigettava l’impugnazione proposta dall’attore che condannava al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio anche a favore dei terzi chiamati in causa a titolo di garanzia.

I Giudici di appello, nel confermare la decisione di primo grado laddove aveva ritenuto che non era stata raggiunta la prova certa in ordine al nesso causale fra i lavori eseguiti dalla convenuta e i dissesti verificatisi nell’immobile dell’attore, osservavano che – contrariamente a quanto denunciato dall’appellante – il consulente non si era limitato a porre in dubbio la riferibilità del dissesto lamentato dall’attore all’intervento edificatorio eseguito sul fondo finitimo, avendo evidenziato l’esistenza di una serie di elementi che indicavano con certezza come antecedente ai lavori eseguiti dalla convenuta l’insorgenza di alcuni fenomeni di dissesto riscontrati nell’immobile dell’attore e che erano riferibili a cause diverse e autonome; al riguardo, era rilevata in corrispondenza del pilastro n. 6 del fabbricato di parte attrice la presenza di tracce di colore all’interno della linea di frattura per circa 3/4 mm, trattandosi di colorazione eseguita prima dell’inizio dei lavori e riconducendo tale fenomeno a cumulo di deformazioni imputabili alla interazione delle strutture in cemento armato principali con i parametri murari;

parimenti, secondo quanto accertato dal consulente, la causa dei cedimenti differenziali delle strutture e delle rotazioni dei pilastri era individuata nell’irregolarità dei casseri usati per la formazione di questi ultimi e, perciò, in un difetto strutturale originario; le microfratture della pavimentazione erano attribuite a ritiro o a normale degrado de sottofondo di calcestruzzo;era disattesa la doglianza con cui era stata denunciata l’incompetenza tecnica del consulente mentre sarebbe stata necessaria la nomina di un geologo, sul rilievo che i fenomeni di dissesto erano insorti in epoca anteriore all’esecuzione dei lavori, e per le stesse considerazioni erano ritenuti infondati i motivi con cui era stata lamentata la violazione dei principi in materia di causalità e di onere della prova : entrambi i motivi si basavano sul presupposto – risultato infondato – dell’erroneità del giudizio formulato dal consulente tecnico d’ufficio.

Infine, si osservava che. nel caso in cui la decisione della controversia dipende dalla soluzione di problemi tecnici, la consulenza tecnica d’ufficio è mezzo per l’acquisizione dei fatti rilevanti, mentre non erano decisive le prove offerte, in quanto erano dirette ad appurare l’epoca della scoperta dei segni sintomatici del dissesto, cioè un elemento puramente indiziario, e perciò, erano inidonee a superare le risultanze dei rilievi operati dal consulente d’ufficio.

Infine, era ritenuta corretta, in virtù del principio della soccombenza, la condanna dell’attore al pagamento delle spese sostenute da coloro che erano stati chiamati in causa a scopo di garanzia dai convenuti a seguito della domanda nei loro confronti proposta dall’attore, mentre le stesse erano state liquidate in conformità delle rispettive note.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Francesco V. sulla base di dodici motivi illustrati da memoria.

Resistono con controricorso la Sunivest, già s.a.s. S.O.M. di Favio Campagnaro & C. il C. e la F.A.T.A., Fondo di Assicurazione tra Agricoltori s.p.a..
Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., n. 5), censura la decisione gravata che, nell’escludere il nesso di causalità fra i lavori di escavazione ed emungimento eseguiti dai convenuti e i danni subiti dall’attore, aveva fondato la decisione sulla consulenza tecnica d’ufficio, peraltro meramente dubitativa e probabilistica, senza prendere in esame e motivare in ordine ai rilievi mossi dall’appellante che aveva denunciato i numerosi errori commessi dal consulente ed evidenziati dalla affermazioni e dagli accertamenti compiuti dai consulenti di parte attrice, che erano stati del tutto ignorati sia dal consulente d’ufficio sia di Giudici di merito.

Con il secondo motivo il ricorrente, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., n. 5), censura la decisione gravata per non avere esaminato le doglianze con cui era stata denunciata l’erroneità della decisione di primo grado laddove aveva ritenuto che: a) il consulente di parte attrice, prof. S., non avrebbe espresso un parere di certezza in ordine al nesso di causalità; b) l’attore non avrebbe addotto alcuna critica alla C.T.U.. Con il terzo motivo il ricorrente, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., n. 5), censura la decisione gravata laddove aveva accolto le erronee conclusioni del consulente d’ufficio circa l’anteriorità dei dissesti lamentati dall’attore rispetto ai lavori eseguiti dai convenuti: in primo luogo l’ausiliare aveva fatto riferimento alla circostanza che soltanto alcuni dei danni, e quindi non tutti, erano preesistenti; inoltre, si erano rivelati erronei gli accertamenti in base ai quali era stato formulato tale giudizio, posto che era stata evidenziata dal C.T. di parte S. l’inesistenza di tracce di colore all’interno della linea di frattura, la cui presenza era stata poi smentita dallo stesso consulente d’ufficio, mentre dubitative e ipotetiche erano state le conclusioni del consulente in merito alla causa dei cedimenti differenziali delle strutture e delle rotazioni dei pilastri, essendo stati comunque ignorati i rilievi al riguardo formulati dal prof. A., così come mere ipotesi si erano rivelate quelle relative al giudizio sulle microfratture della pavimentazione.

Con il quarto motivo il ricorrente, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., n. 5), censura la decisione gravata laddove, in considerazione della natura dell’indagine da compiere, la Corte non aveva proceduto – in violazione dell’art. 61 cod. proc. civ. – alla nomina di un geologo, non avendo il consulente nominato (uno strutturista) la competenza richiesta per l’espletamento dell’incarico affidatogli: la sentenza aveva respinto il relativo motivo di gravame, fondando la decisione sull’erroneo presupposto della accertata anteriorità dei danni, convincimento al quale il consulente era pervenuto senza compiere alcuna indagine sul terreno ma formulando soltanto mere ipotesi; dall’erroneità della decisione in ordine al primo motivo di appello conseguiva anche quella circa il rigetto del quarto.

Con il quinto motivo il ricorrente censura la decisione impugnata che aveva respinto il quinto motivo di appello con cui era stata censurata la decisione del Tribunale laddove aveva ritenuto che la contestualità tra i lavori e il verificarsi delle lesioni non avrebbe costituito prova del nesso di causalità in quanto la contestualità medesima non avrebbe escluso la sussistenza di eventuali concause. La sentenza di appello, nel confermare la decisione di primo grado, era caduta nel medesimo errore, denunciato con il quinto motivo di gravame, cioè quello relativo alla violazione del principio della equivalenza delle cause, per cui tutti gli antecedenti dell’evento costituiscono causa dello stesso, sicchè – una volta dimostrata la causa dell’evento (i lavori) – la responsabilità dei convenuti non poteva essere esclusa anche in presenza di eventuali concause, peraltro neppure allegate e provate.

La sentenza aveva omesso di motivare, facendo riferimento al primo motivo, quando invece esso appellante aveva impugnato la pronuncia distinta e autonoma con cui il Tribunale aveva ritenuto che la contestualità tra i lavori e le lesioni non avrebbe comunque costituito prova del nesso di causalità.

Con il sesto motivo il ricorrente censura la decisione impugnata laddove aveva posto a carico dell’attore l’onere di provare che non fossero intervenuti fatti idonei a interrompere il nesso di causalità tra i lavori e le lesioni lamentate quando invece tale onere, avente ad oggetto una prova negativa, sarebbe spettato ai convenuti, premesso che solo le cause sopravvenute e non quelle preesistenti e simultanee possono assurgere a fatto da solo sufficiente a causare l’evento: l’attore aveva provato l’esistenza di una valida e sufficiente causa dei danni lamentati, consistita nei lavori di scavo. Erroneamente era stato respinto il sesto motivo, indicato erroneamente come settimo, perchè fondato sulle medesime ragioni che avevano erroneamente portato a respingere il primo motivo. Con il settimo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione delle norme sull’onere della prova ( art. 2697 cod. civ.) cod. proc. civ. e art. 115 cod. proc. civ. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., n. 5), censura la decisione impugnata che aveva respinto con motivazione insufficiente e contraddittoria il motivo di appello con cui si era censurata la decisione di primo grado che aveva fondato la decisione sulla consulenza tecnica d’ufficio che non è un mezzo di prova senza ammettere la prova testimoniale che avrebbe consentito di dimostrare che le lesioni lamentate si erano verificate in concomitanza con l’esecuzione del lavori de quibus che nei precedenti venti anni non si erano mai manifestati, mentre la CTU avrebbe dovuto avere un diverso quesito, ovvero avere ad oggetto la possibilità dell’attività di emungimento di arrecare danni.

L’ottavo e il nono motivo denunciano la mancata ammissione delle prove articolate dall’attore per dimostrare il nesso di causalità fra i lavori e il dissesto verificatosi nell’immobile del ricorrente.

Il decimo motivo censura la sentenza che non aveva esaminato l’istanza di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio.

L’undicesimo motivo censura la statuizione di condanna alle spese processuali anche nei confronti dei terzi chiamati.

Il dodicesimo denuncia che la sentenza non si era pronunciata sull’abnormità ed eccessività della liquidazione delle stesse.

I primi tre motivi, che vanno esaminati congiuntamente stante la stretta connessione, vanno accolti.

La sentenza, nell’escludere il nesso di causalità fra i danni verificatisi nell’immobile dell’attore e le opere eseguite dalla società convenuta in quello confinante, ha aderito in modo acritico alle conclusioni del consulente tecnico, senza esaminare e dare conto di tutta una serie di rilievi mossi in modo specifico e dettagliato dal consulente di parte e dai tecnici incaricati dall’attore al fine di evidenziare le circostanze idonee a provare che le opere eseguite dalla società convenuta avrebbero provocato i dissesti lamentati e a smentire quanto in senso contrario ritenuto dal consulente che aveva ritenuto il fenomeno preesistente all’esecuzione dei lavori de quibus.

Ed invero, nella sentenza non vi è alcun cenno ai rilievi compiuti dal consulente di parte nè i Giudici hanno in qualche modo dato conto se e come il consulente avesse risposto ai rilievi e alle osservazioni formulati dai tecnici di controparte. Al riguardo, il consulente di parte, prof. S., aveva evidenziato: la contestualità fra il verificarsi dei danni lamentati dall’attore e l’esecuzione dei lavori, la vicinanza degli immobili in questione, le modalità tecniche con cui nelle zone dalle caratteristiche di quella in oggetto deve avvenire l’attività di emungimento e che nella specie non sarebbero state osservate, la natura e la causale delle fessurazioni della pavimentazione; aveva, altresì, denunciato l’errore fondamentale compiuto dal consulente d’ufficio – che aveva poi condizionato l’intera indagine-formulando una serie di rilievi volti a contestare gli accertamenti in base ai quali l’ausiliare aveva ritenuto l’anteriorità del dissesto riscontrato nell’immobile dell’attore rispetto all’esecuzione dei lavori da parte della convenuta: la presenza di tracce di colore rosso rinvenute dal consulente d’ufficio, all’interno della linea di frattura fra pilastri e muri di contenimento e senz’altro risalenti a un epoca antecedente ai lavori in questione; addirittura, di fronte ai rilievi, mossi al consulente dal prof. S. per dimostrare l’assenza di tracce di colore rosso, e alla richiesta di procedere a un sopralluogo per verificare quanto denunciato, il consulente d’ufficio aveva osservato "quanto alle sbavature di colore rilevate all’interno di alcune fratture il sottoscritto sottolinea la loro sostanzialmente scarsa importanza nell’analisi di quanto avvenuto", così sembrando di non attenere importanza alla circostanza che poi aveva assunto rilevante se non decisivo peso nell’indagine svolta circa le cause del dissesto. Ed ancora nessun accenno è stato formulato in sentenza a proposito: di quanto era stato evidenziato dalla perizia geologica redatta dal prof. A. il quale, in considerazione della particolare natura della zona in questione, aveva evidenziato gli effetti dei lavori di drenaggio nel sottosuolo (costipamento del terreno con conseguente disomogeneo abbassamento verticale dello stesso) e il riflesso dei medesimi sulla statica delle opere sovrastanti; a quanto constatato proprio nel periodo di effettuazione dei lavori dal prof. F., il quale avrebbe rilevato la rottura della spia – vetro dal medesimo posizionata durante gli emungimenti fra pilastri e tamponamenti, o a quanto ancora evidenziato dal prof. Cr. che aveva rilevato l’assenza di fenomeni fessurativi nell’immobile dell’attore in venti anni prima dell’effettuazione delle opere realizzate dalla convenuta. Orbene, è affetta da vizio di motivazione la sentenza con la quale il giudice di merito, a fronte di precise e circostanziate critiche mosse dal consulente tecnico di parte alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, non le abbia in alcun modo prese in considerazione e si sia invece limitato a far proprie le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio, giacchè il potere di detto giudice di apprezzare il fatto non equivale ad affermare che egli possa farlo immotivatamente e non lo esime, in presenza delle riferite contestazioni, dalla spiegazione delle ragioni – tra le quali evidentemente non si annovera il maggior credito che egli eventualmente tenda a conferire al consulente d’ufficio quale proprio ausiliare – per le quali sia addivenuto ad una conclusione anzichè ad un’altra, incorrendo, altrimenti, proprio nel vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia(Cass. 10688/2008, 4797/2007).

Pertanto il giudice di rinvio, nel procedere all’accertamento dei fatti, dovrà esaminare e dare conto anche delle osservazioni e dei rilievi formulati dai tecnici di controparte, dovendo quindi – nell’ambito dell’indagine volta a stabilire la sussistenza o meno del nesso di causalità fra le opere eseguite e i danni subiti dall’immobile dell’attore – verificare la rilevanza o meno anche delle prove articolate dalle parti. Il quarto motivo va respinto.

La scelta del consulente tecnico d’ufficio e la valutazione della competenza professionale necessaria per l’espletamento dell’incarico conferito sono rimesse all’apprezzamento del giudice di merito e, come tali, sono sottratte al sindacato di legittimità : peraltro, le cognizioni tecniche necessarie dell’ausiliare influiscono sulla completezza e sull’approfondimento dell’indagine e, in definitiva, sulla adeguatezza degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice e, dunque, sulla congruità della motivazione della sentenza, che è quindi censurabile quando, come nella specie, tali accertamenti si rivelino del tutto insufficienti. Gli altri motivi sono assorbiti per effetto delle considerazioni sopra svolte. La sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.
P.Q.M.

Accoglie i primi tre motivi del ricorso rigetta il quarto assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione a ai motivo accolti e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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