Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-01-2011) 10-02-2011, n. 4983 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.A. proponeva ricorso per cassazione avverso l’ordinanza, in data 5 maggio 2010, del Tribunale di Salerno – Sezione Riesame con la quale veniva rigettata la richiesta di riesame presentata avverso l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Sala Consilina applicativa della misura della custodia cautelare in carcere nei suoi confronti per plurime violazioni del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Con un primo motivo di ricorso denunciava la violazione dell’art. 274 c.p.p., lett. c) con riferimento all’art. 606 c.p.p., lett. e) ritenendo che il Tribunale non avesse motivato in ordine alla concretezza ed attualità del pericolo di reiterazione dei reati.

Con il secondo motivo di ricorso lamentava la nullità dell’ordinanza ai sensi dell’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. e) con riferimento all’art. 606 c.p.p., lett. c) ed e) e violazione degli artt. 274 e 275 c.p.p. rilevando la mancanza di motivazione tanto nel provvedimento impugnato, quanto nell’ordinanza confermativa in ordine alla specificazione delle esigenze cautelari che giustificano la misura imposta anche in relazione al tempo trascorso dalla commissione del reato.

Con il terzo motivo di ricorso rilevava la erronea applicazione dell’art. 274 c.p.p., art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c-bis e art. 275 c.p.p. con riferimento all’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) in quanto il provvedimento impugnato non avrebbe dato conto delle ragioni per le quali le esigenze di cautela non avrebbero potuto essere adeguatamente soddisfatte mediante l’applicazione di misure meno gravi.

Insisteva, pertanto, per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perchè basato su motivi manifestamente infondati.

Con riferimento al primo motivo di ricorso si osserva che correttamente il Tribunale, richiamando legittimamente l’ordinanza applicativa della misura, ha ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione del reato sulla base delle numerose attività di spaccio di stupefacenti poste in essere dal ricorrente e sul presupposto che la particolarità delle conversazioni telefoniche, effettuate con linguaggio criptico al fine di impedire l’accertamento dei reati in corso di consumazione, denotano una spiccata capacità criminale.

Tale attestazione appare del tutto sufficiente e perfettamente in linea con la giurisprudenza di questa Corte che ha affermato come l’effettuazione della prognosi di pericolosità possa riguardare anche le modalità dell’azione (Sez. 5, n. 21441,22 maggio 2009).

Assume rilevanza, a tale proposito, anche la quantità dei fatti oggetto dell’imputazione in relazione alla condotta concretamente posta in essere, in quanto indice sintomatico di una tendenza a delinquere (Sez. 5, n. 45950, 19 dicembre 2005).

Quanto requisito della "concretezza" richiesto dall’art. 274 c.p.p., lett. c) si è invece osservato che esso non va identificato con quello di "attualità" intesa come sussistenza di occasioni imminenti propizie per la commissione di nuovi reati, bensì quale condizione oggettiva della sussistenza di elementi non meramente congetturali e, pertanto "concreti", che consentano di ritenere che l’indagato, avendone l’occasione, possa commettere reati contemplati dalla menzionata disposizione (Sez. 1 n. 25214, 17 giugno 2009; Sez. 3 n. 26833, 15 giugno 2004; Sez. 1 n. 10347, 4 marzo 2004) L’ordinanza impugnata è inoltre immune di censure anche per quanto riguarda la valutazione delle esigenze cautelari in relazione al tempo trascorso dalla commissione del fatto e lo stato di detenzione attuale, nonchè in ordine alla inadeguatezza di misure cautelari alternative.

Anche tali elementi risultano adeguatamente valutati dai giudici del riesame, nel rispetto delle disposizioni applicate, con argomentazioni coerenti e prive di vizi logici.

Il provvedimento impugnato, richiamando i contenuti dell’ordinanza del G.I.P., pone in luce una reiterata attività di spaccio effettuata manifestando una notevole professionalità accompagnata da radicamento sul territorio con possibilità di utilizzare altri soggetti per l’approvvigionamento dello stupefacente, un atteggiamento non collaborativo ed una pregressa evasione.

Il grave quadro indiziario descritto, la personalità dell’indagato e la condotta tenuta non consentivano ai giudici scelte interpretative differenti, indipendentemente dalla detenzione per altra causa e dal lasso di tempo trascorso, peraltro minimo, dalla commissione dei fatti.

Il ricorso, conseguentemente, va dichiarato inammissibile e, a norma dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7 – 13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonchè quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti, di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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